Ormai risulta essere chiaro agli occhi di tutti che i contagi in Italia stanno avendo una netta diminuzione e che le imprese dal 4 maggio, ovvero dall’inizio della Fase 2, hanno potuto ricominciare (con le dovute norme di sicurezza) a lavorare e a recuperare una piccola parte dell’enorme fatturato perduto. Il Governo dice di aver preso la decisione di riaprire proprio perchè dal punto di vista economico tutto ciò era necessario per le imprese e per le famiglie.
Adesso si parla di come i lidi devono riorganizzarsi per affrontare la stagione estiva, di come i ristoranti debbano disporre i tavoli per permettere alla gente di tornare a mangiare fuori, motivo per cui nei pub e nei locali al momento di ordinare possiamo avere l’accesso al menù solo tramite il nostro smartphone con il codice QR. Se invece andiamo dal barbiere dobbiamo fare attenzione che quest’ultimo oltre ai nostri capelli non ci tagli anche la mascherina con le sue forbici, mentre addirittura c’è gente che in questo periodo riesce a pensare anche di dover andare in discoteca.
Tralasciando questi ultimi aspetti ricchi di varie sfaccettature in cui risulta facile perdersi, il secondo step fondamentale è stato quello del 3 giugno (appena due giorni fa), dove sono stati riavviati nuovamente gli spostamenti tra regioni, mentre un ulteriore passo importante lo avremo a partire dalla metà di questo mese, quando la maggior parte degli altri paesi aprirà definitivamente i confini internazionali con il nostro.
Dopo aver ripercorso in breve le ultime fasi cruciali postume ai due mesi di lockdown e premesso che sia giusto ripartire per tornare a vivere, lavorare e reagire all’inverno più pazzo degli anni 2000, c’è ancora un settore, probabilmente uno dei più importanti, che ancora non è riuscito a vedere la luce in fondo al tunnel: LA SCUOLA.
Premesso che non vi era altra soluzione se non quella di fare le lezioni a casa durante il periodo del lockdown, la vera difficoltà che il mondo dell’istruzione sta avendo la troviamo proprio adesso che tutto è ripartito. Il sistema scolastico ancora non ha idea di come porsi in prospettiva futura. Ciò che è facile chiedersi è “perchè le imprese sono ripartite (con le dovute precauzioni) e le scuole fanno così fatica a trovare una soluzione tra le mille conferenze effettuate tra il Premier Conte e la ministra Azzolina?”
Durante la pandemia abbiamo parlato di licenziamenti, perdita di denaro, gente dimenticata dallo Stato, Inps in tilt, ragazzi che nell’anno della maturità sono allo sbando, ragazzi più grandi che aspettano le date degli esami, ragazzi in attesa di test d’ingresso per triennali, magistrali o master.
Abbiamo visto che molti docenti hanno effettuato delle proteste per poter tornare ad insegnare di presenza il prima possibile, proprio perchè i ragazzi vanno seguiti da vicino e sappiamo che i professori sono una categoria indispensabile per la formazione di ognuno di noi. Sappiamo anche che per molti (non per tutti) esiste una morale che va oltre il denaro, ovvero quella dell’insegnamento dei valori, della cultura e del sapere che ogni docente, anche attraverso la scoperta di nuovi metodi di insegnamento online dati dalla pandemia, ha il compito di offrire ai ragazzi e per questo possiamo solamente dire GRAZIE a tutti coloro che hanno dato il loro contributo per non abbandonarli del tutto.
Ma intanto cosa succede ai piani alti? C’è qualcuno che si sta davvero chiedendo quanto stiano impazzendo i giovani a vedere passare a vuoto le loro giornate? Oggi si è svolta l’ennesima conferenza, dove in due ore si è parlato di come la scuola debba ripartire a settembre. Sono stati tirati in ballo plexiglass, mascherine per gli studenti e per i docenti, ma senza una soluzione finale queste rimangono SOLO PAROLE, proprio perchè fino a quando non arrivano i soldi, che per ora non ci sono, non si può fare nulla.
Comuni, regioni e sindacati chiedono denaro al Premier Conte, che a tal proposito ha dichiarato: “con i molti soldi che arriveranno dall’Europa dovremo fare un forte investimento su scuola, università e ricerca”.
Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani, aveva appena spiegato: “Serve il doppio degli stanziamenti fin qui messi nel Decreto rilancio”. Nel Dl ci sono 1,4 miliardi di euro per la scuola. Sono necessari, dicono ora gli enti locali, almeno tre miliardi aggiuntivi.
Il tutto si riduce sempre ad una questione economica, mentre ci sono ragazzi maturandi, laureandi e laureati che aspettano una risposta e che ancora dipendono dal mondo dell’istruzione, una risposta che ancora stenta ad uscire tramite le conferenze della ministra Azzolina, smaltata e acconciata anche ai tempi del lockdown (quando in teoria non si poteva nemmeno correre il rischio di farsi tagliare la mascherina dal parrucchiere). C’è un danno psicologico alle menti di tutti i ragazzi abbandonati al proprio destino in questa pandemia e si tratta di un aspetto che non merita meno importanza rispetto a quello economico. Qualcuno deve fare qualcosa, perchè la mancanza di una scuola o di una voce del mondo dell’istruzione può incidere pesantemente sui ragazzi, che oggi più che mai rappresentano il futuro del nostro paese.