ROMA – Il suono dell’acqua emesso da una fontana è una sorta di barriera visiva e sonora che separa il traffico del lungotevere dal museo che ospita l’Ara Pacis, un altare in marmo bianco di Carrara inaugurato nel 9 d.C. per celebrare la pacificazione che seguì le vittorie in Gallia e Spagna ad opera dell’imperatore Augusto.
All’interno dell’altare si svolgevano riti sacrificali. La zona in cui l’Ara Pacis è stata costruita era esposta alle alluvioni del Tevere e nel corso dei secoli finì quasi per sprofondare, fino a quando i resti non rividero la luce nel 1568 e i blocchi recuperati finirono in vari musei tra Firenze, Parigi e Roma.
Fu Mussolini che nel 1937 si occupò del recupero dei resti e dopo aver collocato l’Ara sul lungotevere decise di proteggerla con una teca. Negli anni ’90 il comune di Roma affidò all’architetto statunitense Richard Meier il compito di ricostruire la struttura che proteggeva l’Ara, ormai usurata dal tempo. L’inaugurazione avvenne nel 2006 e la teca con un sistema a doppio vetro protegge l’Ara Pacis dai raggi del solari.
Nella facciata sono presenti due riquadri, quello a destra raffigura Enea e quello a sinistra Romolo e Remo. Nel retro troviamo a destra la personificazione di Roma seduta sulle armi in segno di pace dopo anni di guerra. A sinistra è rappresentata la dea Tellus. Sui lati lunghi troviamo invece la rappresentazione della Gens Iulia nel giorno dell’inaugurazione dell’Ara. L’interno è caratterizzato dal vero altare sacrificale e le pareti sono scolpite in modo da ricordare una superficie in legno.
Un tempo l’Ara Pacis era interamente a colori, scomparsi però con l’usura del tempo, ma i pigmenti rimasti hanno comunque permesso la ricostruzione grafica del monumento originale. Oggi l’Ara Pacis raccoglie più di 200mila visitatori all’anno e ospita mostre temporanee che contribuiscono a mantenere vivo un pezzo di storia di indiscutibile importanza.
Di seguito il servizio dedicato all’Ara Pacis.