Daniele Cima presenta Teografie, un progetto che rivisita l’arte sacra attraverso il linguaggio della grafica, trasformando le tradizionali pale d’altare in opere geometriche e tipografiche, dove le lettere acquisiscono valore visivo e simbolico. Nella cornice dell’Eremo di Santa Caterina del Sasso, con la sua secolare stratificazione di rappresentazioni religiose, questa serie esplora il dialogo tra spiritualità, tradizione e modernità, attingendo tanto ai codici espressivi della pop art quanto all’approccio rigoroso del Bauhaus e della grafica elvetica.
Il legame tra arte e dimensione sacra non è qualcosa di lontano nel tempo: un ampio dibattito sul ruolo dell’arte nella comunicazione della fede si legge tra le parole di Papa Paolo VI, che nel 1964 invitava gli artisti a reinterpretare il messaggio della Chiesa, rivolgendosi loro nel corso della Messa degli Artisti e in seguito con una comunicazione in chiusura del Concilio Vaticano II. Più recentemente, anche Papa Francesco, nel 2023, li esortava a usare la creatività per portare “speranza, verità e bellezza”, indicando come gli artisti abbiano “la capacità di sognare nuove versioni del mondo”.
In questo senso, la mostra di Daniele Cima all’Eremo si inserisce in un contesto territoriale – quello varesotto – che ha dato pienamente corpo a questo messaggio, facendo nascere, nel solco di Paolo VI e del suo segretario personale mons. Pasquale Macchi, un’importante collezione di arte sacra contemporanea al Sacro Monte di Varese, oggi esposta presso il Museo Baroffio e del Santuario.
In Teografie, ispirato in parte dall’esperienza dell’architettura ecclesiastica di Otto Bartning, Cima trasforma la tradizionale pala d’altare in un’opera architettonica e geometrica, espandendosi agli spazi dell’Eremo, appoggiandosi ad altari, cappelle e sale affrescate, in dialogo con le antiche rappresentazioni. Le sue composizioni, caratterizzate da linee pure e dinamiche, rielaborano la scrittura come elemento artistico, andando oltre il semplice testo e creando nuove esperienze visive ed emotive. Le opere di Cima propongono una riflessione spirituale, un’interpretazione gioiosa e positiva del sacro che trascende la narrazione tradizionale. La sua arte invita a una meditazione profonda, con una fusione tra parola, geometria e spiritualità. La mostra Teografie rappresenta un incontro tra passato e presente, tra sacralità e arte contemporanea.
Cima si ispira all’innovativo approccio di Otto Bartning nell’architettura ecclesiastica, trasformando il formato della pala d’altare in uno spazio architettonico dove si esprime con un linguaggio pop che reinterpreta le avanguardie del Suprematismo, del Costruttivismo e del Neoplasticismo. Le sue composizioni sono caratterizzate da linee pure e geometriche, che creano ritmi visivi dinamici e vibranti. Le lettere, in questo contesto, non sono più soltanto segni testuali, ma elementi compositivi che evocano esperienze artistiche e culturali diversificate, dai calligrammi di Apollinaire alla typoetry, fino alle sperimentazioni di artisti come Alighiero Boetti e Robert Indiana.
Attraverso la sua ricerca, Cima supera la funzione puramente testuale della scrittura, mettendo in atto una potente fusione tra tradizione e innovazione, in grado di rendere l’arte sacra accessibile e attuale, al di fuori dei tradizionali spazi ecclesiastici. Il risultato è un linguaggio visivo forte e incisivo, che invita lo spettatore a una riflessione tanto estetica quanto spirituale.
Come sottolineano Giulio Ceppi e Angela Faravelli (Giulio Ceppi, architetto e designer, fondatore di Total Tool, docente del Politecnico di Milano; Angela Faravelli, curatrice e giornalista), nel loro commentario critico, l’arte di Cima ha anche una forte componente sociale, che guida lo spettatore a una riflessione sulla storia del cristianesimo. Il “pop” di Cima, tuttavia, non è provocatorio, ma ispirato a una visione positiva e gioiosa, una gioia che emerge dalle sue composizioni cromatiche e geometriche.
Gli autori si interrogano su quale tipo di gioia presente nell’iconografia cristiana si esprima in questa serie: quella dell’estasi, della resurrezione o dell’adorazione? Luca, l’evangelista che ha maggiormente usato il linguaggio della gioia, descrive l’incontro con Gesù come fonte di gioia, un tema centrale nel Vangelo. Papa Francesco, nell’Evangelii Gaudium, afferma che il Vangelo porta gioia perché Dio ama l’uomo e lo vuole felice di una felicità che va oltre l’effimero.
Nelle Teografie di Cima, la gioia si manifesta come un’esperienza spirituale profonda e una nuova forma di comunione. Una gioia che non è solo figurativa, ma espressa attraverso la scrittura e la geometria. Le sue opere diventano strumenti di una riflessione profonda, pur senza l’uso della narrazione tradizionale, portando a una nuova forma di rappresentazione del sacro.
Nel suo commentario teologico, Giuliano Zanchi (Direttore scientifico della Fondazione Adriano Bernareggi, Direttore della Rivista del Clero Italiano), attraverso il concetto di reductio ad litteram, esplora la dimensione spirituale dell’opera di Cima. Zanchi sottolinea come la tensione tra parola e immagine sia un tema ricorrente nell’arte sacra, radicato nella storia del cristianesimo e nelle dispute teologiche sui ruoli della Scrittura e dell’Icona. L’interpretazione di Cima, pur nella sua modernità, si connette a questa tradizione storica, proponendo una visione dell’arte sacra che trascende la rappresentazione figurativa per arrivare a una sintesi tra parola e immagine, come nel caso della pala d’altare che rinasce nel design di una parola che esprime la sua essenza.
Zanchi riflette sull’iconografia cristiana e sulla gioia spirituale che emerge dall’incontro con Cristo, un tema che permea l’opera di Cima. La sua ricerca cromatica e geometrica, infatti, si apre a una nuova dimensione di spiritualità, sublimando la realtà visibile in un’esperienza sensoriale profonda, che invita alla contemplazione e alla meditazione.
Questa mostra è un incontro tra passato e presente, tra spiritualità e arte contemporanea, che invita lo spettatore a riflettere sulla relazione tra l’arte sacra, la scrittura e la geometria, in un linguaggio visivo capace di travalicare i confini del tempo.