Tra satanismo, rock e business: Marilyn Manson

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Marilyn Manson è certamente un “cattivo maestro” per eccellenza per numerose
masse di giovani.  Infatti egli è l’ artista del paradosso e della
trasgressione, e tutti sanno che il cantante americano, che si dichiara
favorevole alla legalizzazione di tutte le droghe, ha fatto della
trasgressione e della provocazione le sue armi fondamentali di successo
discografico. Marilyn Manson (all’anagrafe Brian Warner) è nato nel 1969 a
Canton (Ohio), l’anno in cui la cultura hippy celebrava il suo apogeo con il
festival di Woodstock. All’età di 18 anni si trasferisce a Tampa Bay in
Florida dove inizia la sua carriera come giornalista nel mondo del Music
Business. Ma saranno fondamentali gli incontri con Iggy pop David Bowie, Red
Otchily Peppers e altre rock star, confessa nella sua autobiografia “La mia
lunga strada dall’inferno”,  a convincerlo che sarebbe stato più divertente
(e proficuo economicamente) rilasciare …
… interviste choc, invece di farle come cronista. I critici fin dall’inizio
non hanno esitato a liquidare questo androgino amante del satanismo e del
feticismo sessuale come l’ennesima pessima rivisitazione di Ozzy Osbourne e
Alice Cooper. Ma se dopo quasi vent’anni la sua metamorfosi da fenomeno da
baraccone a fenomeno culturale può dirsi realizzata, vuol dire che purtroppo
dietro la sua carnevalata satanica c’era qualcosa di più di un astuto
marketing. Il suo album di debutto “Portrait of an American Family” del
1994, risente ancora del condizionamento del produttore discografico Trend
Reznor, leader dei Nine Inch Nails, gruppo californiano dalle lugubri
sonorità industrial. In copertina il ritratto in plastilina della tipica
famiglia disfunzionale americana seduta davanti alla tv. Il videoclip di
“Get Your Gunn” è stato proibito dal gestore dei contenuti del Web perché
giudicato reo di incitare i giovani all’uso delle armi.
In “Smells Like Children” del 1995, album caotico registrato sotto l’influsso
evidente di uso di droga, Manson parla dell’infanzia abusata. Tale tema è
ricorrente nella sua produzione, vittima lui stesso durante l’infanzia, di
un episodio di violenza sessuale. Ma è “Antichrist superstar” il suo album
del 1996 che è pieno di riferimenti simbolici al satanismo e alle discipline
occulte. Sempre nel 1996 Manson debutta al cinema nel film “Strade perdute”
sotto la regia di David Lynch, nel ruolo di una pornostar losca e
inquietante. Nel 1998 esce l’album “Mechanical animals” dove gli aspetti
gotico-industriali cedono il posto ad un rock di impronta più estetizzante.
Nel 2000 esce l’album “Holy Wood” estremamente duro e tossico dove come
sempre s’inneggia al culto delle armi negli Stati Uniti.
In una dichiarazione, il cantante ha espresso i suoi ideali satanici:
“Satanismo non significa adorare il diavolo, significa che l’uomo deve
essere il proprio dio sulla terra. Non devi adorare niente e nessuno, tranne
te stesso”.
Sono questi i non-valori che un certo tipo di musica sta portando ai
giovani. Un vero e proprio “lavaggio del cervello”, che può condurre i
ragazzi sulla strada del nichilismo e della sfiducia nella vita.
Manson – a torto o a ragione – è accusato di avere ispirato con i testi
delle sue canzoni suicidi e azioni violente da parte di alcuni suoi giovani
fans, dalla strage alla Colombine High School a Littleton (Colorado) del 20
aprile 1999, all’omicidio a Chiavenna (Sondrio) di suor Maria Laura Mainetti
(1939-2000) nella notte fra il 6 e il 7 giugno 2000 ad opera di tre ragazze
allora minorenni, i cui diari riprendevano ossessivamente “motti” tratti
dalle canzoni del rocker statunitense.
Le narrative circa l’infanzia e la giovinezza di Marilyn Manson parlano di
un bambino turbato in tenerissima età dalla scoperta delle perversioni
sessuali del nonno e concordano sul fatto che il giovane Brian si ritiene
poi frustrato dalla frequentazione di un ambiente scolastico cristiano
fondamentalista e, proprio in quell’ambito estremamente rigoroso dal punto
di vista morale e per reazione allo stesso, si sviluppa il suo desiderio di
andare controcorrente, scrivendo fumetti pornografici e diffondendo
audiocassette di gruppi rock proibiti dalle autorità della scuola. Più
tardi, Brian tenta varie esperienze letterarie senza alcun successo,
tuttavia riesce a diventare collaboratore di una nuova rivista musicale.
Questa professione gli consente di sviluppare conoscenze nel mondo
discografico e di fondare una band specializzata in hard rock, che subito si
caratterizza per gli spettacoli e uno stile di vita trasgressivo, con ampio
uso di sostanze stupefacenti.
Marilyn Manson, anche la scelta del nome d’arte da parte del cantante
statunitense è di per sé volutamente ambigua e trasgressiva e denota il
riferimento a due “miti”: Marilyn Monroe (1926-1962), indiscussa e celebrata
sex symbol, e Charles Manson (1934), ispiratore della strage di Los Angeles
in cui fu uccisa l’attrice Sharon Tate (1943-1969), moglie del regista Roman
Polanski.
Come confermato in varie occasioni da Brian Warner, il riferimento alla
Monroe consente la possibilità di muoversi, nel gioco di continue mutazioni
e travestimenti che ormai lo caratterizza, fra i due estremi:
maschio/femmina, ma anche bene/male, buono/cattivo. Per quanto concerne il
riferimento a Charles Manson, invece, occorre notare che gli omicidi
commessi da aderenti alla comunità raccolta attorno a questi (La Famiglia),
nel 1969, e il successivo clamoroso processo del 1972 procurano inizialmente
un’ampua pubblicità al satanismo, ma determinano anche una forte reazione
sociale. Tuttavia, il riferimento satanico in senso stretto esiste, ed è ben
messo in evidenza nelle biografie di Marilyn Manson: nel 1994 il cantante
incontra, infatti, Anton Szandor LaVey (pseudonimo di Howard Stanton Levey,
[1939-1997]), e aderisce alla Chiesa di Satana da questi fondata nel 1966
con l’amico e regista underground di Hollywood, Kenneth Anger (pseudonimo di
Kenneth William Anglemyer [1927]), la quale Chiesa di Satana fa seguito alla
costituzione (avvenuta nel 1961) di un’organizzazione chiamata Magic Circe.
A detta di alcuni biografi, l’incontro con LaVey, che fa guadagnare al
cantante l’appellativo di “reverendo”, quale riferimento all’affiliazione
alla Chiesa di Satana californiana, ispira profondamente le varie tematiche
e messaggi che emergono dai testi delle canzoni di Warner, le quali da anni
certamente affascinano molti giovani che fanno proprio uno stile di vita
ispirato ad una subcultura con riferimenti a vari tipi di trasgressione e
disperazione, dalla droga, al sesso, al gusto per il macabro e il
“grottesco”, passando per il satanismo. Durante i concerti, che sono un
concentrato di violenza e cattivo gusto, Marylin Manson arriva al punto di
ferirsi fisicamente.
Manson lancia un appello con le sue canzoni e con la sua stessa immagine; in
effetti, sembra plausibile che – come molti sostengono – quella relativa a
Marilyn Manson sia soprattutto una grossa operazione di business da parte
dello stesso cantante e dell’industria discografica, tuttavia la giovane
folla che accorre ai concerti del “reverendo” e acquista i suoi dischi,
sembra sostanzialmente confermare quanto il sociologo delle religioni
Massimo Introvigne scriveva nel 1994 a proposito dei gusti musicali di
alcuni giovani che possono sfociare nella creazione di una certa subcultura
satanica e nel cosiddetto “satanismo giovanile”: “[…] in un mondo dove il
sesso e il turpiloquio non creano più veramente scandalo […], forse soltanto
Satana rimane veramente provocatorio”.
Naturalmente non bisogna cadere nell’errore di generalizzare e condannare
tutta la musica rock, in quanto non tutto il rock propone messaggi negativi.
Fortunatamente non tutti i giovani rimangono catturati da certe atmosfere,
un segnale positivo è la sempre maggiore diffusione, tra i giovani, della
“Christian Music” (musica cristiana).
Al contrario di quanto si potrebbe pensare, non è una musica “da chiesa”, ma
un genere per tutti. È l’espressione viva e pulsante di quegli artisti che
desiderano offrire un messaggio diverso, alternativo, ricco di valori e di
contenuti, utilizzando i linguaggi contemporanei: dal rock alla dance, dalla
ballata melodica al rap.
Uno fra questi è il cantautore italiano Roberto Bignoli, portatore di
handicap, che ha vissuto da bambino l’esperienza della povertà e della
malattia, per passare successivamente a quella della droga e del carcere, ma
al quale poi la fede ha cambiato radicalmente la vita; nel dicembre 2001 ha
ricevuto a Washington il premio “Unity Awards” come migliore artista
cristiano internazionale. Bignoli ha un bellissimo rapporto con i ragazzi ed
è stato tra i protagonisti di alcune edizioni delle Giornate Mondiali della
Gioventù e questo dimostra che il cuore di tanti ragazzi batte per artisti
che hanno scelto di utilizzare il linguaggio universale della musica per
proporre messaggi in favore della vita e del Vangelo.
Don Marcello Stanzione

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