La prima impressione che si trae dalle opere (su supporti vari, quali carte pregiate, cartoni, tele e a tecnica mista, acrilici e collages) di Gianluigi Castelli, artista milanese, elbano d’adozione, è, sul piano dei contenuti, una percezione problematica delle isole. . All’opposto dello stereotipo che le vede oasi di esclusività ed emblema di privilegio, le isole di Gianni appaiono realtà naturali prigioniere tra cielo e mare, esposte al capriccio degli elementi e al rischio dell’emarginazione, talvolta “sottosopra”, per variabili impazzite e incontrollabili, e per questo bisognose di una colomba che le rassicuri quando il mare si fa d’inchiostro e la salvezza problematica. La comunicazione sembra più probabile con il cielo, a cui, in un lavoro, tendono le frecce: qui, uno spicchio di luna inserito in un rettangolo a riquadri –dunque realtà anch’essa non scevra di complessità- rappresenta forse l’altrove a cui si aspira. In tale opera l’isola, o meglio una porzione di essa, piena dei colori dei suoi minerali, è assediata da un vortice ceruleo, sebbene a sinistra lo spicchio bicolore del mare suggerisca tranquillità. L’isola appare dunque circondata da un ulteriore elemento d’esclusione, che è appunto la circolarità che l’avvolge. Forse l’artista vuole indicare che anche quando gli elementi meteomarini sono ottimali un’isola resta comunque aristocraticamente in disparte? E che la sola comunicazione possibile è con il cielo che la sovrasta piuttosto che con il mare che la circonda? La positività sembrerebbe la fascia ocra che sfiora la luna e che, per la sua cromatura calda, potrebbe alludere alla positività della contemplazione celeste, come a dire: Sono un’isola .in mezzo al mare ma non siamo tutti, in fondo, ISOLE, nell’infinità dell’universo? Altrove il mare appare di un turchese irresistibile e un’ imbarcazione a vela lo solca. La navigazione risulta in “salita”, malgrado la trasparenza e la serenità dell’acqua, mentre sopra il sole è una macchia purpurea di incandescente calore. Il natante è seguito da un riquadro colorato, che compare spesso nei lavori di Gianni e che probabilmente allude al corteo di sentimenti, speranze, sogni, progetti che ciascuno, navigante o viandante di terraferma, porta con sé nel quotidiano cammino. L’elemento comune a molte opere è la colomba, più o meno dominante, simbolo, ci scommettiamo, di armonia interiore, di pace personale e collettiva, di condivisione ; ma anche dal cielo lontano giungono messaggi rassicuranti: un notturno può far risplendere non uno ma due spicchi di luna e la freccia, alla cui estremità campeggia la parola stelle, ricorda alle creature umane che basterebbe levare di tanto in tanto gli occhi alla volta celeste per trarre, dalla sua infinita meraviglia, ragioni più che sufficienti per apprezzare la nostra fugace presenza nel mondo.
Gisella Catuogno