Ci risiamo. Alcune associazioni animaliste si scagliano a testa bassa contro il progetto di eradicazione della lepre europea (Lepus europaeus) dall’Isola di Pianosa – dove è stata introdotta ormai molti anni fa insieme ad un ibrido di “pernice rossa” con il dichiarato scopo di rimpinguare alla bisogna gli stock venatori di questi due animali, poi fallito con l’istituzione del Parco Nazionale – per reimmettere in un isola protetta la più piccola e autoctona lepre italica (Lepus corsicanus), oggetto di una reintroduzione simile all’Isola d’Elba, e scomparsa da gran parte dell’Italia e dall’Elba anche a causa della introduzione dei leproni da “sparo” europei.
Insomma, l’ennesimo – insieme a cinghiale e muflone per i quali Legambiente continua a chiedere l’eradicazione dall’Elba – caso di immissione venatoria, di mala-gestione faunistica,. che alla fine trova i suoi difensori in chi avrebbe dovuto tentare di evitarla, anche per evitare che si continuino a perpetrare inutili sofferenze per animali introdotti in natura solo con lo scopo di ucciderli.
Non è il caso di Pianosa, dove però Parco Nazionale ed Ispra, attraverso il progetto Life “Island conservation in Tuscany”, che fa parte di un lungo ed eccezionale lavoro avviato, proprio a Montecristo e a Pianosa, che ha fatto diventare le isole Toscane un esempio di recupero ecologico per tutto il Mediterraneo, applica semplicemente quanto previsto dalle Direttive europee e dal Ministero dell’ambiente per l’eradicazione delle specie “aliene” ed il ripristino ecologico degli habitat, tanto più doveroso in un’isola in passato pesantemente alterata dalle attività antropiche/carcerarie e che, oltre che un Parco Nazionale, è una Zona speciale di conservazione e una Zona di protezione speciale, a terra e a mare, dell’Unione europea.
I toni della polemica sono purtroppo gli stessi utilizzati contro l’eradicazione dei ratti a Montecristo, che vide allora una strana alleanza tra alcune associazioni animaliste, gli anti-parco, la destra ed alcuni amministratori comunali e parlamentari confusionari e/o confusi, che volevano far passare per una strage biblica il progetto Life Montecristo 2010, che invece si è dimostrata una operazione di ripristino ecologico di grande successo, che ha portato all’’involo di quasi 1.000 berte minori (Puffinus yelkouan) all’anno in un’isola dove il successo riproduttivo di una delle maggiori colonie di questi rari uccelli nel Mediterraneo era stato ridotto a zero dalla predazione dei ratti, che mangiavano letteralmente vivi i pulcini delle berte. Dopo quella eradicazione dei ratti neri, per la quale si paventava un avvelenamento dell’isola e del suo mare, così duramente contrastata dagli animalisti e dai loro improbabili alleati, la biodiversità a Montecristo (e a Pianosa, dove sono state messe in atto alcune delle misure del progetto) è rifiorita, sono ricomparse specie animali che si credevano scomparse e gli scienziati stanno facendo nuove entusiasmanti scoperte.
Basterebbe questo, in qualsiasi altro Paese del Mediterraneo ed europeo a rendere orgogliosi tutti di un ottimo e rigoroso lavoro a favore della biodiversità e di correzione degli errori umani, che hanno causato inenarrabili sofferenze alle specie autoctone, invece in Italia, nonostante il successo mondiale di Montecristo, al ministero della salute qualcuno discute ancora se per l’eradicazione dei ratti dall’isola di Tavolara si debba usare la stessa efficace sostanza che nel resto del mondo utilizzano non solo le istituzioni pubbliche, ma anche associazioni protezionistiche internazionali prestigiose come BirdLife Internatonal, Royal Society for the Protection of Birds, Island Conservation che attuano, come altre grandi associazioni ambientaliste, campagne di eradicazione delle specie invasive introdotte dall’uomo e che, oltre ai ratti ai topi comprendono anche conigli, lepri, gatti, cani, volpi e addirittura cavalli e mucche.
Questo non per una qualche crudeltà scientifica verso gli animali, ma per correggere la scellerata scelta di introdurre nelle isole, i luoghi della Terra dove la perdita di biodiversità è più numerosa per specie e più accelerata, animali che hanno sconvolto le comunità viventi autoctone, producendo spesso irreparabili danni ecologici, prima che economici (anche questi enormi, si pensi solo ai cinghiali e ai mufloni introdotti all’Elba) e privandoci di specie preziose, belle, uniche. Come belle e uniche erano la lepre e la pernice che vivevano nell’Arcipelago Toscano e che sono stata spazzate via da una concezione della natura che vede gli animali solo come bersagli da rimpinguare.
Gli amici animalisti hanno certamente ragione su una cosa: la colpa non è degli animali, è dell’uomo. Ma noi crediamo che di fronte a scelte sbagliate sia lo stesso uomo a dover intervenire e correggere a ristabilire un equilibrio che non sono stati gli animali a mutare, uno squilibrio che non fa parte della naturale evoluzione della natura o dell’adeguarsi delle specie all’Antropocene, all’era del riscaldamento climatico che spinge le specie a spostarsi e a cambiare abitudini.
D’altronde, basta leggere con attenzione quanto approvato – anche con il voto del nostro rappresentante – dal Consiglio direttivo del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano per capire quanto sia impropria la definizione “sterminio della lepre europea”, riguardo ad una campagna di eradicazione di un centinaio di esemplari di lepri che prevede quasi esclusivamente catture e ri-immissioni in natura in altri luoghi e che fa l’ipotesi di abbattimenti solo come ultima ratio in caso dell’impossibilità di arrivare alla cattura totale delle lepri. Anche per questo il rappresentante delle associazioni ambientaliste nel Direttivo del Parco ha chiesto che le lepri europee catturate a Pianosa non vengano introdotte all’Elba, dove rappresenterebbero un pericolo per il tentativo in atto di ri-introduzione della lepre italica e diventerebbero immediatamente bersaglio dei cacciatori.
Inoltre, più che scagliarsi contro un progetto che punta a ristabilire un equilibrio devastato dall’uomo, forse sarebbe meglio chiedere maggiori garanzie (oltre a quelle che già ci sono) sul fatto che questo avvenga provocando il minimo stress e la minima sofferenza possibile agli animali e chiedendo di poter partecipare, anche per controllare, alle operazioni di cattura e rilascio della popolazione immessa di lepri europee di Pianosa.
Quando la discussione diventa etica e sui principi è difficile incontrarsi (soprattutto se qualcuno avanza una qualche similitudine con le “razze” umane, che come è noto sono una invenzione dei razzisti), noi rispettiamo le convinzioni e le sensibilità degli amici animalisti, che sono in gran parte anche nostre, ma crediamo che il lavoro fatto fino ad ora da ricercatori, staff del Parco Nazionale, Corpo forestale dello Stato, Unione europea per la biodiversità delle Isole Toscane sia di immenso valore e che debba continuare, nell’interesse della vita preziosa e unica delle nostre isole. Nessuno specismo, ma rispetto delle specie che l’irresponsabilità dell’uomo, non una improbabile “lotta per la sopravvivenza”, ha rischiato di far scomparire e di quelle che l’uomo ha impropriamente esportato come “merce”, prodotti da sparo o di scarto, in luoghi dove non sarebbero mai arrivate, alterando e mettendo così a rischio anche la vita preziosa e unica delle nostre isole.
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