“Mi piacerebbe vederlo in galera il Fiesoli, lui e tutti quelli che hanno abusato di bambini affidati alla cooperativa da servizi sociali e tribunale dei minori. E mi piacerebbe anche che interlocutori come Csm e procura, ai quali abbiamo inviato la nostra relazione, approfondissero altri aspetti e aprissero altri filoni d’inchiesta”. Lo ha dichiarato il vicepresidente della commissione Giovanni Donzelli (Fratelli d’Italia) a margine della conferenza stampa indetta nella sala Montanelli di palazzo Panciatichi. “Ho fiducia nella magistratura”, ha detto il vicepresidente augurandosi che “su questo viaggio nell’orrore sia fatta piena luce” e che “arrivino delle “restrizioni nei confronti dei colpevoli, anche per evitare che restino a piede libero fino al terzo grado di giudizio”.
Donzelli ha inoltre confermato la volontà, anche questa espressa all’unanimità dalla commissione, di un “commissariamento della cooperativa”. “La fondazione deve essere chiusa – ha rilevato – cercando di salvare alcuni lavoratori e il buon prodotto che viene fatto, pur liberandolo da quel marchio, da quella storia e da quella infamia”.
“Commissariamento” e “poteri grandi ad una commissione d’inchiesta parlamentare” sono i risultati di un “lavoro buono, durato nove mesi, che si conclude con un resoconto unanime”, che il vicepresidente Andrea Quartini (Movimento 5 stelle) ha evidenziato riconoscendo al presidente Bambagioni un “ruolo anomalo eppure svolto con sobrietà e rigore”. “In quella cooperativa – ha detto Quartini – è successo di tutto. Ed è successo nei confronti di minori indifesi che dovevano essere protetti dallo Stato”. “La Toscana – ha continuato – ha una grande possibilità: espiare un sentimento di colpa diffuso perché a troppi livelli, dal tribunale dei minori, alla politica, alle Asl fino a chi doveva controllare. Il rimorso è doloroso, addirittura ci commuove”.
“Abbiamo lavorato tutti insieme per rispondere ad una legittima e doverosa esigenza di giustizia e verità”, ha detto Paolo Sarti (Sì-Toscana a sinistra) che ha parlato di un percorso dal quale è “emersa, chiara, una forte superficialità”. “Abbiamo riscontrato – ha rilevato – un modo di lavorare per così dire di routine, molto basato sul passaparola che è un po’ tipico della cultura odierna. Credo che questo metodo abbia influito tantissimo e credo sia necessario combatterlo”. Per il consigliere, occorre infatti “trovare strumenti di verifica efficaci”. “Mettere insieme dei meccanismi – ha spiegato – che consentano di lavorare al meglio soprattutto dal punto di vista del controllo che non deve essere inteso come una spada di Damocle, ma come garanzia”.
“Il giochino del Forteto doveva interrompersi nel 1978, con il primo arresto del Fiesoli e invece, grazie ad un blackout istituzionale che ha coinvolto più livelli, politica, tribunale, servizi, siamo arrivati al 2016 e al Forteto è stato permesso di operare in una cosiddetta zona franca” è stato il commento di Jacopo Alberti (Lega Nord). Il consigliere ha ripercorso il lungo lavoro della commissione che “ci ha permesso di ricostruire, tutti insieme e in un’unica direzione per la ricerca della verità, il corto circuito che ha portato a tutto questo”. “Mi auguro non accada più in futuro”, ha concluso Alberti, definendo il Forteto un “caso regionale e una vergogna nazionale”. Sul fronte economico, di nuova gestione e “salvaguardia della realtà produttiva”, anche Alberti si è detto convinto che nel nuovo assetto societario ci siano “ancora forti commistioni con il passato”. (f.cio)