Di ritorno da Roma (dove mi sono recato per partecipare al consiglio nazionale ANCI), un viaggio praticamente passato al telefono per tentare di sbrogliare l’intricatissima matassa dei rifiuti – fatta di burocrazia e costosi scarica barili – non ho potuto non leggere quella che apparentemente è una “comunicazione urgente” ma in realtà è una lezione di pubblica e privata amministrazione, elargita da illuminati accademici e innovatori d’impresa.
La comunicazione recita “a seguito dell’incapacità delle autorità competenti (Comuni, Regione e Ato) di individuare una destinazione finale per il trasferimento dei rifiuti da noi trattati” eccetera eccetera.
Quindi praticamente noi sindaci, oltre a dover soffrire nel vedere le nostre città colme di rifiuti e prenderci – come sempre accade – tutti i rimbrotti dei nostri concittadini, dovremmo anche farci pubblicamente insultare da un’azienda del settore. Ho compreso e condiviso la linea della diplomazia istituzionale dell’ATO, ma evidentemente una parte dei nostri interlocutori non la meritano.
Tale azienda, proprietaria di un impianto privato che tratta quasi tutti i rifiuti del cosiddetto “Sistema Calabria Nord” laddove – guarda caso – non esiste e non è stato possibile nel corso dei decenni (sottolineo decenni) costruire un impianto pubblico nemmeno coi poteri speciali (sottolineo poteri speciali), probabilmente – in preda ad un diffusissimo delirio di onnipotenza causato dall’emergenza del settore – forse crede di avere a che fare con raccattatori di voti seriali che nulla avevano di meglio da fare se non i sindaci.
Allora forse giova ricordare a qualche finto smemorato che il meraviglioso settore dei rifiuti calabresi – dove prolifera un gruppo di illuminatissime imprese private, buon per loro – è figlio di circa 15 anni di commissariamento del Governo – non dei sindaci di nessuna stagione – che hanno consegnato ai cittadini un sistema impiantistico pubblico praticamente inesistente. Ed è questa, e solo questa, la ragione per la quale certi settori privati proliferano: per le lacune artatamente prodotte nel sistema pubblico. In Calabria del resto è stato questo lo sport dei commissari in più settori, basti pensare alla sanità.
E che sia stato un sistema artatamente prodotto non lo dice nessun incapacissimo sindaco della provincia di Cosenza, ma la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti in Calabria del 2011, che non a caso parla di “sistema di potere da tutelare e prorogare ad ogni costo, basato sugli APPALTI, le CONSULENZE e tutti i meccanismi di potere tipici degli istituti emergenziali” e aggiunge “anche la cronaca giudiziaria dimostra chiaramente che gli interessi politico-malavitosi non siano stati estranei a scelte che garantivano LA MASSIMIZZAZIONE DEI PROFITTI”.
È da questo documentato letame che è nato quel fior del ciclo dei rifiuti calabrese attuale. E proprio per questo che il comparto privato nel ciclo dei rifiuti calabresi non integra, ma SOSTITUISCE un intero sistema che avrebbe dovuto essere principalmente pubblico, e grazie a questo qualche denaro negli ultimi anni mi pare sia girato.
Per cui nel massimo rispetto dei ruoli e delle funzioni, comprendendo tutti i momenti di evidente stanchezza e poca lucidità causata da stress, giacché per fare impresa coi rifiuti in Calabria evidentemente non c’è bisogno di avere il genio imprenditoriale di Steve Jobs, non ho alcuna intenzione di tollerare la lezioncina e gli insulti agli amministratori, ed in particolare a tutti i sindaci della Provincia di Cosenza, per i quali mi aspetto delle scuse pubbliche in tempi piuttosto brevi.
Non conosco nessun imprenditore disposto ad amministrare un azienda senza fondi; con meno della metà del personale necessario; con centinaia di costosi servizi essenziali da erogare; bloccata in una burocrazia elefantiaca e con una responsabilità sociale, civile e penale titanica e molto altro. Questo fa un sindaco oggi in Calabria, di qualsiasi latitudine, colore politico o età.
Anche se siamo in emergenza e ci hanno consegnato un sistema dipendente dai privati, non passi per l’anticamera del cervello di nessuno l’idea che ciò autorizzi pubblici sproloqui o trasformi chiunque in illuminati cattedratici. Nel frattempo sto scrivendo, per l’ennesima volta, quali sono i passaggi da consumare per uscire dall’emergenza.