In ricordo di Giovanni Muti, il ‘Monello’

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Quando se ne va una persona come Giovanni Muti il rammarico è quello di non averlo conosciuto meglio.
Allora scavi nei cassetti della memoria per ricordare episodi, aneddoti che ne distinguano la personalità e scopri di averlo spesso visto alle mostre di Italo Bolano. La sua figura asciutta, il viso scavato, quello sguardo che sembrava sempre guardare oltre… perché “il Muti” c’era spesso alle mostre di Italo, un po’ in disparte, ma c’era.
Lui accomunava la penna graffiante del giornalista alla sensibilità dell’artista, cosa non da poco in un secolo che corre, che va veloce in tutto, in cui la cronaca spesso fa prevalere l’arida esposizione dei fatti alla riflessione su che cosa si nasconde dietro le apparenze.
Lo ricorderò sempre una sera di un lontano agosto del 2009; Giovanni venne a visitare la mostra di Italo “Gesto e dramma” alla Gran Guardia. C’ero io a fare assistenza, poche persone dentro la piccola e caldissima sala, grande folla in piazza, un gelato in mano per fuggire la calura estiva.
Giovanni si sedette accanto a me e dopo un lungo silenzio mi confidò ciò che anni dopo avrebbe riportato in un bell’articolo in occasione della scomparsa terrena di Italo.
Voglio riportare qui alcune parti significative di questo pezzo, pubblicato su Elba Notizie il 20 settembre 2020, che lui titolò ” I MIEI ERRORI NEI RIGUARDI DALLA PITTURA DI ITALO BOLANO lasciando la parola a Giovanni.

“Io ho conosciuto Bolano nel 70, quando sono rientrato dall’estero… Quando, in quegli anni, il Gruppo Artisti Elbani, tutti postmacchiaioli, organizzava mostre, Bolano, essendo un pittore moderno, non partecipava. E per questo nell’ambiente veniva sfottuto.
Anche io partecipavo. Un giorno alla Linguella fece una mostra antologica. Visitandola con un gruppetto di amici, feci qualche battuta ironica sulla necessità che aveva sentito, lui ancora giovane, di farsi una antologica. …
Della sua pittura, all’epoca, non pensavo gran che bene, al punto che ad un amico che mi chiese dei bozzetti da mettere in un appartamentino gli dissi che non ce ne avevo, ma che, per fare prima, gli avrei fatto 4 o 5 ” bolanini” a tempera.
Presi 5 tele piccole e detti delle pennellate rapide come sciabolate, come faceva Bolano. Appena finito, li appoggiai al muro e mi allontanai per guardarli. Quando mi voltai non volevo credere ai miei occhi: un vero schifo.
Le sintesi delle immagini che avevo voluto rappresentare non apparivano. Non vedevo altro che delle pennellate date a caso. Rimasi a lungo a guardarli con il pennello in mano. Mentre loro appoggiati ad un vecchio muro mi stavano umilmente rivelando una verità: io, nella pittura di Bolano non ci avevo capito nulla, e quindi dovetti riflettere anche sui miei limiti. Limiti che nascevano, anche, dai pregiudizi che i figurativi avevano nei confronti degli astrattisti Qualche tempo dopo avvenne qualcosa che mi fece cambiare idea e capire, credo a fondo , la pittura di Bolano . Avvenne quando a COSMORADIO decidemmo di pubblicare il libro di Giuliano Giuliani sull’affondamento dell’Andrea Sgarallino e bisognava disegnare la copertina, che dovevo fare io.
Scartai l’idea di disegnarla, come l’avrebbe disegnata Beltrame nella Domenica del Corriere, cioè come una illustrazione e decisi di tentare una cosa moderna. Cioè, fare sulla carta dei segni che alludessero ad elementi di una nave che esplode e affonda: un fumaiolo, un albero, un timone ed il lampo dell’esplosione. Poi, pensavo, chi guardava, avrebbe ricomposto la scena ed avrebbe visto, attraverso queste forme incerte, l’esplosione e l’affondamento e il dramma che si stava verificando.
Quando lo guardai mi resi conto, con un certa sorpresa, che assomigliava ad un Bolano. Lo avevo fatto in bianco a nero. Bolano sarebbe stato capace di farlo a colori e certamente meglio di come l’avevo fatto io. Da allora in poi, mi sono avvicinato alla pittura di Bolano con uno spirito diverso, senza pregiudizi e ho visto dei quadri veramente straordinari. E un giorno, in una delle ultime mostre alla Gran Guardia, gli ho raccontato tutto e mi sono scusato per la mia presunzione. … Certo, per capire la pittura di Bolano ci vuole una certa preparazione. Io, nonostante avessi fatto una scuola artistica,avessi vissuto all’estero e visto i più importanti musei europei, avevo avuto difficoltà a capirla. …”

Grazie per la tua sensibilità e coraggio nel riconoscere pubblicamente un tuo errato giudizio, non molti lo avrebbero fatto. Grazie della tua schiettezza e della tua conoscenza. Abbiamo fatto un piccolo e fuggevole percorso assieme. Ora anche tu sei tornato nel tuo blu. A rivederci.

Alessandra Ribaldone Bolano

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