Firenze – La Regione Toscana non ha ancora definito i nuovi contratti con le case di cura accreditate.
Per questo vivono una situazione difficile e lanciano un grido d’allarme.
Maurizio De Scalzi, presidente sezione case di cura di Confindustria Firenze e Francesco Matera, presidente dell’Aiop toscana, l’associazione italiana spedalità privata hanno indetto oggi una conferenza stampa per illustrare la vicenda, stimolare la Regione Toscana, ma sopratutto lanciano un allarme.
“E’ opportuno ricordare – dice Matera – che le prestazioni delle Case di Cura vengono renumerate con il sistema dei DRG (Diagnosis-related group), cioè una cifra forfettaria omnicomprensiva, il cui valore viene stabilito dalla Regione e che il budget o ‘tetto’ delle Case di Cura viene assegnato dalla ASL territorialmente competente. L’ultimo accordo, che risale al settembre 2004, prevedeva gli incrementi fino al 2007, ma per una esigenza di contenimento della spesa sanitaria regionale ulteriori accordi, avuti nel corso degli anni, hanno asciugato gli incrementi concordati nel 2004. Mentre per il 2008 era stata prevista una proroga di tetto e tariffe identiche al 2007”.
“Se non si esce da questa situazione di stallo, saremo costretti a scelte drastiche: licenziamenti e chiusure – continua Matera -. E tutte le case di cura della Toscana sono nella stessa identica situazione di difficoltà”.
“Per scongiurare questo pericolo chiediamo all’assessore regionale alla sanità Enrico Rossi di sedersi quanto prima ad un tavolo e trovare con noi le soluzioni del caso”, spiega Maurizio De Scalzi, presidente sezione case di cura di Confindustria Firenze.
“La Regione si dice disposta a rinnovare il contratto con le case di cura toscane – aggiunge ancora Matera -, ma lo subordina al rinnovo del contratto dei dipendenti delle medesime case. Trattativa questa aperta a livello nazionale, che quindi non dipende solo da noi e che comunque siamo pronti ad applicare contemporaneamente alla firma con la Regione Toscana analogamente a quanto è accaduto in altre Regioni dove sono state date le coperture economiche (Lombardia, Veneto, Trentino, Marche)”.
“Ci troviamo incrementi di prestazioni e costi di gestione sempre maggiori a fronte di un budget non adeguato. La Regione ci metta nella condizione di andare avanti.
Purtroppo stiamo procedendo senza una programmazione a lungo termine – continua De Scalzi -. L’Asl di Firenze ha firmato una proroga di tre mesi, che è la continuazione di un’altra proroga precedente. L’Asl di Arezzo ha comunicato la proroga di un mese. A rischio è per prima la qualità assistenziale e noi non vogliamo incidere su questa. A rimetterne sarebbero purtroppo i cittadini; nelle condizioni in cui ci troviamo adesso, presto non saremo più in grado di garantire la totalità dei servizi”.
“In Toscana – spiega ancora Matera – ci sono circa 2000 posti letto accreditati ma attualmente ne vengono utilizzati, sì e no, 1500 a causa delle carenze di budget. Noi non possiamo programmare andando avanti con proroghe di tre mesi. Serve un piano di tre anni per le case di cura accreditate in sintonia con il piano sanitario regionale. Vogliamo il rispetto di chi usufruisce dei servizi e di chi lavora nelle nostre case di cura. Altrimenti la Regione ci dica se vuole che il settore privato abbia una collocazione nel sistema sanitario di pari dignità oppure debba esaurire la propria funzione tra l’altro sancita dalla Legge che lascia la libertà di scelta al cittadino”.
“Un passo avanti è stato fatto ma non è sufficiente. Dal primo gennaio – spiega ancora De Scalzi – sono state aumentate del 3 per cento le tariffe ma senza un corrispettivo aumento del budget non possiamo reggere il numero di prestazioni, così le prestazioni sanitarie rese dalle Case di Cura saranno inferiori a quelle dell’anno precedente. A Firenze l’Asl ci dice: intanto vi faccio una proroga, poi vedremo. Ma non possiamo lavorare così. E la nostra realtà è tutt’altro che marginale. Basti pensare che l’insieme delle case di cura di Firenze è, in termine di posti letto, più grande dell’intero polo ospedaliero di Careggi: senza il contributo del privato, la sanità pubblica non potrebbe andare avanti”.