Il Made in Italy non passa mai di moda, nemmeno in tempo di crisi. Il volume dei fatturati è crollato, dal 2008 al 2010 del 40% ma la nautica, in tutti i suoi settori, è pronta a ripartire lasciando qualche inevitabile “caduto” sul campo di battaglia e per fortuna molte conferme. La nautica italiana mantiene, e questo è il dato più importante, la sua leadership mondiale anche e soprattutto grazie al riflesso, al fascino, al valore aggiunto che il Made in Italy garantisce ancora.
A Viareggio, patria di alcuni dei più importanti costruttori, ne sanno qualcosa visto che, quella leadership, l’hanno ampiamente alimentata insieme alla capacità di realizzare produzioni uniche e riconoscibili.
Un valore aggiunto che “detengono – ha spiegato Andrea Giannecchini, Responsabile Nazionale Cna Produzione Nautica – le piccole e le micro imprese della subfornitura (arredi ed interni, impianti, progettazione e design, motoristica, informatica e radiotrasmissione) che vale, nella catena del valore nella produzione, il 64% del fatturato totale. E’ questo universo popolato da eccellenze e specificità a conferire al prodotto finale quell’unicità, quello stile che chiamiamo Made in Italy”.
Un fattore che è stato determinante nella sostanziale tenuta della cantieristica ma che non fa – è bene precisare – presagire ripartenze nel breve periodo: “Prevediamo un ritorno alla normalità nel 2015 – ha anticipato Giannecchini – per quella data gli equilibri saranno probabilmente diversi e dobbiamo essere pronti”. Come li costruiscono gli italiani gli yacht ancora non li costruisce nessuno ma occhio – il monito – ai paesi emergenti. “Dobbiamo guardarci – ha spiegato ancora – dai paesi emergenti alla luce del processo di delocalizzazione che se pur ancora limitato è in crescita”.
Sono alcune delle indicazioni offerte al dibattito dai risultati della Ricerca economica “Dinamiche Economiche, Valori e Competenze della Produzione Nautica in Italia” promossa da Cna e realizzata in collaborazione con il Centro Studi e l’Istituto di ricerche economiche e sociali EURES di Roma, presentata in occasione di Seatec. La ricerca ha campionato oltre 200 aziende della galassia Cna; una ricerca quindi attendibile che ha illustrato in maniera approfondita le dinamiche innescate dalla crisi internazionale e messo in evidenza il ruolo strategico della subfornitura ed in particolare del service (o refit), l’unico settore della cantieristica con un trend positivo (oltre 400 milioni di euro di fatturato nel 2009).
Ed è proprio il service, l’attività di manutenzione, a caratterizzare il nuovo scenario nazionale incidendo sui fatturati complessivi nella misura del 35% (valore medio). In pratica le imprese della diportistica si sono “adeguate e hanno risposto alla crisi – ha spiegato ancora Giannecchini – investendo e convertendosi, in taluni casi, al refit”.
Si vendono meno yacht per effetto della congiuntura internazionale sfavorevole, soprattutto nel mercato interno che rappresenta il 90% circa, ma il parco dei natanti esistente è molto ampio e ha necessità di “tagliandi” periodici. A conferma del trend: 4 imprese su 10 (circa il 37%) hanno incrementato il proprio fatturato grazie all’attività di refit.
Tra i dati in rilievo quello legato al “livello di indebitamento”: “3 imprese su 10 segnalano un aumento dei propri crediti commerciali (ovvero prestazioni effettuate, fatturate ma non pagate). “Per difendere il Made in Italy è ora necessario – ha concluso Giannecchini – plasmare quel patto di filiera, la rete tra cantieri e subfornitura. Un’alleanza strategica per mantenere quella leadership mondiale che solo il connubio perfetto di cantieristica e subfornitura può garantire per il futuro”.