Cave di marmo: qualcuno teme l’antimafia? Lettera di Legambiente Carrara al Presidente della commissione antimafia

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Londra – Da Legambiente Carrara riceviamo e pubblichiamo

On. Senatore Beppe Pisanu,
Presidente della Commissione parlamentare
d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre
associazioni criminali similari
(pisanu_g@posta.senato.it commantimafia@senato.it)

Il circolo Legambiente di Carrara si unisce alla richiesta di un’inchiesta della commissione antimafia sulle cave di marmo di Carrara avanzata dal vicepresidente Fabio Granata (si veda l’Allegato 1, Corriere della Sera, 14/7/2012). Siamo convinti che Carrara possa solo trarre vantaggio da un’inchiesta mirata a prevenire ogni infiltrazione della criminalità organizzata nel nostro territorio e ad eradicare quelle eventualmente già presenti.

La presenza della criminalità organizzata a Carrara è già documentata

I motivi di preoccupazione non sono certo infondati: una rilevante infiltrazione economica del-la criminalità organizzata nelle cave di Carrara si è già verificata. Nel volume Il vile agguato Enrico Deaglio informa che nel 1992 il pentito Leonardo Messina, interrogato da Borsellino, rivela che la mafia, col paravento della Calcestruzzi Spa (nel cui cda sedevano i boss palermitani Busce-mi e Bonura, fidati alleati di Salvatore Riina), non solo si stava comprando di fatto tutte le cave e le betoniere d’Italia, ma era diventata anche padrona delle secolari cave di marmo delle Alpi Apuane (All. 2). Il riferimento è al 1987, quando la Calcestruzzi acquisì il 50% dell’Imeg, control-lando in tal modo anche il 65% della Sam che deteneva 72 cave (34 attive), tra cui quelle gestite dalle cooperative di Gioia, Lorano, Canalgrande.

La presenza della mafia nelle cave fu segnata, nel 1991, dall’omicidio con un colpo di pi-stola dell’imprenditore Alessio Gozzani, poche settimane dopo un diverbio con Girolamo Cimi-no (cognato di Antonio Buscemi) nella cava Belgia. Per l’omicidio fu condannato all’ergastolo Car-melo Musumeci, padrino della Versilia (All. 3).

Anche il suicidio di Raul Gardini nel 1993 sembra legato alla mafia, con la quale aveva sti-pulato un accordo per acquisire le cave di Carrara (All. 4).

Carrara, inoltre, non ha certo dimenticato il clamoroso attentato con autobomba che ha ucciso l’ing. Alberto Dazzi il 15/5/1991 (All. 5); sebbene i responsabili non siano mai stati individuati, lo stile dell’omicidio è chiaramente mafioso e sembra legato al Marble, un hotel ancor oggi incompiuto che aveva ricevuto ingenti finanziamenti in occasione dei mondiali di calcio.

Più recentemente, la ‘ndrangheta è stata presente nel secondo lotto dei lavori di costru-zione della strada dei marmi (entrata in funzione nell’aprile 2012). Secondo la relazione annuale 2011 della Direzione Nazionale Antimafia, infatti, le ispezioni della Dia di Firenze ai cantieri della Strada dei Marmi hanno segnalato la “costante presenza” dei membri della famiglia Sicilia (ritenuta affiliata ai Comberati-Garofalo, ‘ndrina di Petilia Policastro, Crotone), la “non episodica partecipa-zione ai lavori” della famiglia Marino, proprietaria di due società già sottoposte a provvedimenti in-terdittivi da parte del prefetto di Reggio Calabria e ritenuta vicina alla criminalità organizzata della fascia ionica e reggina, nonché la “partecipazione ai lavori” di una società riconducibile a Giuseppe Ceravolo, arrestato nel 2010 su disposizione del gip di Reggio per associazione mafiosa.
Da segnalare ancora che i cantieri della Strada dei Marmi hanno subito vari furti e atti vandalici, uno dei quali nella sede della stessa Progetto Carrara, la società che ha progettato e gestito la co-struzione della grande opera carrarese (si vedano gli allegati 6A, 6B, 6C e 6D).

Altri segnali allarmanti

Numerosi altri episodi inducono a ritenere tutt’altro che inesistente il pericolo di infiltra-zioni della criminalità organizzata nel settore del marmo e, più in generale, nel nostro terri-torio.
La reazione dei negazionisti

L’idea di un’indagine della commissione antimafia ha suscitato dure reazioni da parte degli industriali e del sindaco. Andrea Balestri, direttore di Assindustria, ritiene che la richiesta dell’on. Granata sia un intervento “in stile mafioso” e infanghi la città: il settore dell’escavazione sarebbe uno dei più regolamentati, non certo il Far West. Giuseppe Baccioli, presidente degli indu-striali, bolla la proposta come “offensiva e ignorante” e si dichiara certo che gli organi di controllo locali siano più che in grado di affrontare i pochi casi di “nero”. Il sindaco ritiene che nel settore del marmo non vi sia bisogno dell’antimafia, tanto più che il controllo esercitato dagli enti preposti –Comune in primis– sarebbe rigoroso ed assiduo (peccato che i Comuni ad oggi non abbiano compe-tenze specifiche in materia di lotta alla criminalità organizzata): anche per lui nessun Far West. Il rilascio delle concessioni alle cave sarebbe un obiettivo primario della stessa amministrazione e il ritardo (le cave lavorano senza concessione da ben 17 anni!) sarebbe dovuto solo alla necessità di approfondimenti di natura giuridica.

In effetti, va riconosciuto che il Comune conosce perfettamente la situazione delle cave e regola-menta strettamente l’escavazione: peccato che lo faccia nell’interesse esclusivo degli industriali. Come è stato denunciato nei nostri esposti alla Procura della Repubblica e alla Corte dei conti del 10/10/2010 (All. 18) e del 12/7/2012 (All. 19), dal 2000 in poi gli amministratori comunali hanno stravolto il Regolamento degli agri marmiferi a vantaggio degli indu-striali del marmo, arrecando un ingente danno erariale al già dissestato bilancio comuna-le.

Sul piano della legalità, il sindaco, gli amministratori comunali, la polizia municipale hanno tollerato o direttamente effettuato violazioni della legalità. Ci limitiamo ad elencare quelle relative al marmo: violazione dell’ordinanza sul fermo camion dopo tre superamenti conse-cutivi del limite di legge per il PM10, inadempienza all’ordinanza del tribunale che imponeva 11 misure di riduzione delle polveri sottili, tolleranza di oltre 500 violazioni giornaliere all’ordinanza camion puliti, tolleranza dello smaltimento abusivo da parte delle cave di oltre 1,5 milioni di ton di terre, trucchi e furbizie per mascherare la gravità dell’inquinamento atmosferico generato dai ca-mion del marmo, ostinato rifiuto ad adottare anche le misure a costo zero per la riduzione del PM10, resistenze reiterate a fornire dati ambientali e della situazione patrimoniale/concessoria delle aree di cava. Per questi aspetti rimandiamo alle centinaia di documenti presenti sul nostro sito web www.legambientecarrara.it e, in particolare, alla nostra relazione Giovani, sentinelle della legalità tenuta all’incontro organizzato dalla fondazione A. Caponnetto (All. 20) e ai video Alla po-lizia non piace l’ordinanza camion puliti (http://goo.gl/GVdql) e Le polveri evitabili – 3 (quelle del sindaco) (http://goo.gl/wOB0N).

Onde evitare fraintendimenti, siamo i primi a riconoscere che i comportamenti dell’amministrazione comunale qui segnalati, pur illegittimi e riprovevoli, non hanno nulla a che vedere con la criminalità organizzata. Riteniamo tuttavia che la scarsa propensione a garantire la legalità rappresenti di per se stessa una condizione favorevole alle infiltrazioni mafiose. Resta inoltre il fatto accertato che le infiltrazioni già verificatesi erano completamente sfuggite alle istituzioni locali.

Chi ha paura dell’antimafia?

Tutto ciò considerato, sosteniamo con convinzione l’apertura di un’indagine approfondita della commissione antimafia sul nostro territorio e nel comparto dell’escavazione del marmo.

A differenza di chi ritiene che la città ne risulterebbe infangata, noi pensiamo che Carrara ne a-vrebbe tutto da guadagnare, non solo nel concreto ma anche nell’immagine. Una città che si impe-gna seriamente a prevenire ogni infiltrazione mafiosa, infatti, avrebbe una reputazione ben migliore di altre zone dove –per un malinteso senso dell’immagine– le autorità minimizzano o negano i ri-schi di infiltrazione, finendo per favorirli.

Legambiente Carrara
La presidente Mariapaola Antonioli

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