Confcommercio: “Elba: un sistema fragile che richiede pragmatismo e risposte concrete”

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Portoferraio – Dalla Confcommercio dell’Isola d’Elba riceviamo e pubblichiamo.

“Passata la campagna elettorale, al solito foriera di promesse e spot ad effetto, è forse arrivata l’ora di riflettere seriamente sui punti di forza e di debolezza del nostro particolarissimo territorio, sulle irrisolte problematiche che lo affliggono e sulla improcrastinabile necessità di un’inversione di rotta.
La fortuna di vivere in un posto splendido dal punto di vista paesaggistico ed ambientale non basta a compensare le difficoltà dovute ad un assetto economico estremamente fragile e preoccupante ed alla mancanza di adeguate risposte in termini di servizi sociali, di infrastrutture e di gestione del territorio che, più che altrove, fanno pesare da noi la gravità dell’attuale congiuntura.
Come associazione di categoria, sentiamo impellente il bisogno di sollecitare nuovi approcci verso le politiche che ci riguardano da vicino, con un’attenta analisi delle carenze – cosa peraltro piuttosto semplice da fare – ma soprattutto con l’adozione di nuovi metodi gestionali improntati ad un maggiore pragmatismo e concretezza.
Le nostre imprese stentano ormai a sostenere gli eccessivi costi dello smaltimento dei rifiuti, dovuti al mancato raggiungimento dei parametri di raccolta differenziata imposti dalla regione.
La questione trasporti poi è sotto gli occhi di tutti, così come la sanità, la gestione idrica e le carenze nei servizi pubblici in genere.
I carburanti costano più che altrove per le spese del trasporto marittimo, ma il metanodotto rimane per ora solo una chimera.
Altri problemi più subdoli e non evidenti all’opinione pubblica attanagliano inoltre le nostre piccole e medie imprese, rappresentando una sostanziale difficoltà a poter stare sul mercato in un medio territorio insulare, caratterizzato dalla mono-economia turistica a carattere stagionale.
Una sopravvivenza che spesso diventa quasi impossibile, dovendo fare i conti con un livello di indebitamento particolarmente elevato, che rimane bloccato per molti mesi.
E’ la limitatezza territoriale che impedisce di fatto alle imprese di crescere, che preclude loro nuovi sbocchi di mercato; le nostre imprese elbane non possono competere con quelle del continente, perché pagano lo scotto dell’insularità, con tempi e costi che difficilmente consentono di cercare nuove opportunità lavorative al di là del canale, salvo trasferirsi fuori.
Tutto ciò forse non è sufficientemente chiaro agli enti pubblici ed alle istituzioni che ci governano, non sempre sensibili nel cercare di favorire l’affidamento dei lavori sul territorio alle ditte locali ed alle aziende che qui reinvestono i propri utili.
Intendiamo lanciare un appello all’ASL di Livorno, i cui appalti sono gestiti a livello di area vasta tramite l’Estav Nord Ovest, ed ancora all’ASA, alla Port Authority in previsione dei grossi lavori di ampliamento e riqualificazione delle aree portuali, alla Provincia ed ai nostri Comuni tutti.
Pur nella consapevolezza dei limiti imposti dalla Comunità Europea, sarebbe opportuno che gli appalti di lavori e servizi sul territorio isolano venissero il più possibile assegnati alle imprese locali, studiando gare d’appalto più piccole e frazionate o affidando gli incarichi preferibilmente ad Associazioni Temporanee d’Impresa, in modo tale da consentire l’accesso anche alle nostre ditte.
Tutto ciò in un’ottica di sostegno ad un territorio evidentemente disagiato che, da quando è stato privato delle agevolazioni e degli sgravi fiscali riconosciuti dalla Cassa del Mezzogiorno, ha imboccato una irreversibile fase di declino economico, maggiormente acuita dalle attuali dinamiche a livello globale.
Non è il caso di vergognarsi. E’ l’ora di dire forte e chiaro come stanno le cose. Non è vero che gli elbani sono ricchi, come qualcuno avrebbe detto a Firenze!
E’ invece l’ora di far sentire tutto il disagio vissuto dalla popolazione della terza isola italiana che, non godendo dei vantaggi delle due sorelle maggiori, tutelate dallo Statuto Speciale regionale, e di quelli del nostro meridione – ma forse anche per l’inconsistenza numerica in termini di peso elettorale, che non consente di fatto nemmeno il raggiungimento dei 50.000 abitanti necessari per poter depositare una petizione precettistica o un disegno di legge in Parlamento – è privata di quelle forme basilari di sostegno ai più deboli, previste dall’ordinamento di uno Stato di Diritto.
Sta a noi saper chiedere il giusto aiuto e quelle agevolazioni che ci possono consentire d’andare avanti. Ma è anche l’ora di cambiare metodo nella governance territoriale: servono maggiore coesione, confronto e pragmatismo, anche per poter assicurare un futuro ai nostri ragazzi che, con notevole sacrificio economico delle rispettive famiglie, riescono a laurearsi e specializzarsi senza alcuna prospettiva di rientro sulla propria terra isolana.
E’ assolutamente necessario che la classe politica dirigente, le associazioni di categoria e le rappresentatività territoriali tutte si mettano a tavolino e incomincino a pianificare le strategie future, anche in virtù degli sviluppi che avvengono lungo la nostra prospiciente fascia costiera.
C’è chi vuole il Comune Unico, chi propone la Provincia autonoma o il Porto Franco, chi parla di ANCIM, di continuità territoriale, di casinò, ecc.: ci sono tante idee che devono essere valutate e discusse, analizzando bene i rispettivi supporti normativi, ma poi servono scelte consapevoli e decisioni condivise a livello comprensoriale.
Chiamiamo a raccolta i personaggi politici di maggiore spicco ed esperienza legati al territorio, chi opera a livello governativo o parlamentare, coloro che in fase di campagna elettorale sono venuti a chiedere voti e a fare promesse, e chiediamo loro consiglio e supporto concreto.
Ricordiamoci però che il vero riconoscimento deve partire da noi, dalla ineludibile presa di coscienza che il mondo viaggia in fretta, che servono intuizioni felici e capacità d’azione se non vogliamo soccombere nel panorama turistico-economico globale.
Dobbiamo quindi iniziare a far valere i nostri diritti di residenti in una zona disagiata, nella consapevolezza che solo operando in maniera compatta e vigile possiamo salvaguardare le aspettative della nostra comunità”.

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