Ma cosa sta succedendo, in questo periodo, in Italia? Cos’è questo continuo conflitto tra le “placche continentali” su cui si poggia la nostra traballante Democrazia? Dove andrà a parare questo permanente conflitto tra poteri esecutivo e giudiziario dello Stato? Quello che è certo è che il cittadino assiste a questa lotta titanica dove non si risparmiano colpi bassi, senza capire dove sia diretta la nave della Democrazia nel nostro Paese, dove è ammesso (per un rappresentante del governo non dovrebbe essere consentito) il turpiloquio e il linguaggio da scaricatore di porto. Ce n’è (e ne avanza) per far crescere nella gente comune l’apprensione, per non dire ansia. Ma, se si riconosce al nostro premier è indegno a stare alla guida del governo, il nostro sistema governativo prevede atti che consentono alla rimozione della persona inquisita, indegna, da processare eccetera eccetera. Perché non si fa? Perché non si mette in moto questo tipo soluzione e si lascia navigare la barca della politica italiana nel mare della menzogna, della falsità, nelle acque basse della calunnia, solo perché si ha sentore che una persona dai trascorsi come lui, per forza di cose, è dovuta scendere a patti con il diavolo, per costruire un impero di tali proporzioni? Domande lecite del semplice cittadino che assiste quotidianamente ai telegiornali e alle messe in onda dei servizi televisivi in cui ci si accorge della “manipolazione” informatica come lo è stato l’arresto di due latitanti mafiosi (uno a Milano, l’altro in Sicilia, a Palermo) avvenuto –guarda caso- proprio nei momenti culmine dell’attacco della magistratura al premier ritenuto appartenente a cosche mafiose. Se non dopo nemmeno ventiquattro ore, assistiamo alla seconda rivelazione che ci costringe a rivedere i punti sui quali si erano orientate le nostre convinzioni e riaccettare, riammettere l’immagine del capo di governo nella schiera delle persone “oneste”, giacché non aveva mai fatto parte di nessuna “famiglia onorata” palermitana o no. Insomma è difficile barcamenarsi su queste acque della politica in questi tempi che non fanno ben sperare. Difficile, certo ma non impossibile. Anche perché appare molto sfumato l’obiettivo che presiede a una simile lotta tra Titani. Cosa c’è in gioco? La leadership del proprio gruppo di appartenenza? Il potere tout court? Il denaro? Di tutto un po’ e (forse) ancora di più. Non vorrei scendere su casi singoli, ma l’esternazione del senatore Dell’Utri quando afferma che da quindici anni è cambiata la sua vita che non ne può più di essere pescato dalle istruttorie dei magistrati, di assurgere agli onori della cronaca per un certo tempo e poi lasciato in sonno, questa continua altalena tra entrate e uscite delle aule tribunizie l’ha stancato, la trovo giusta e naturale. E’ normale che la faccia: è un uomo stanco. Una volta per tutte gli si dica qual è la verità: se colpevole, arrestato e condannato; se innocente lasciato alla sua vita normale. Una bella parola, giustizia: in fondo non trovo niente di male nel fatto che il premier incalzi il Parlamento perché i tempi dei processi non siano più così lunghi ma, all’opposto, si conosca presto la verità dei fatti conclamati. Prova ne è il processo che si è celebrato per Piazza Fontana. Ieri la Piazza, a Milano in occasione dell’anniversario della strage neofascista, ha accolto con fischi coloro che si accingevano a parlare dal palco fra cui il sindaco di Milano Moratti e altre personalità fra cui Manlio Milani, presidente delle vittime del grave episodio. Non ha potuto parlare perché la sua voce è stata sepolta da ondate di fischi e da improperi che davvero non facevano onore alle persone che pronunciavano quelle parole, pur avendo la sacrosanta ragione di manifestare stanche di aspettare il verdetto dei giudici, dopo le assoluzioni di Freda e Ventura. Insomma chi sono i colpevoli della strage della banca dell’agricoltura? All’epoca dei fatti ero studente all’università di Firenze e sostenevo l’esame con il professor Pio Baldelli, in Storia del Cinema: alla domanda se ritenevo che il processo per le bombe fosse mai celebrato, risposi che sì: ritenevo che un episodio così grave nella storia del Nostro Paese in epoca di pace non poteva passare impunito facendo forza sulla parte “nobile” della nostra società. Ci son voluti quaranta anni prima che si terminasse il dibattimento. 40 anni non sono bastati a individuare chi materialmente abbia messo le bombe a Milano e all’altare della Patria; quaranta anni che non danno onore alle istituzioni italiane e che giustificano (almeno in parte) la reazione della piazza a Milano di ieri. Ma è anche chiaro che bisogna fare qualcosa perché così la macchina dello Stato non può andare avanti: riforma della Giustizia è ormai un punto che va sostenuto; come istituire tra la massa dei nostri politici l’etica dei valori fondamentali che presiedono il nostro essere cittadini di uno Stato europeo. Etica e valori che sono stati crudelmente calpestati e che devono ritornare a guidare e a ispirare la politica: che è confronto delle idee (anche antitetiche) che è palestra di condivisione di pareri opposti al fine di arrivare a una forma pacifica (e non armata) di vita sociale con gli altri. Dove sta di casa l’amore?