Così sono stati uccisi i due agenti negli uffici della questura di Trieste

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Due colpi di pistola per l’agente Pierluigi Rotta, colpito al lato sinistro del petto e all’addome; tre per l’agente scelto Matteo Demenego, sotto la clavicola sinistra, al fianco sinistro e alla schiena. È la drammatica contabilità della sparatoria che, all’interno della questura di Trieste, ha portato alla morte dei due poliziotti, malgrado i tentativi di rianimazione dei soccorritori. A ricostruire tutta la vicenda di ieri è la stessa questura. Tutto nasce ieri mattina, da una circostanza “banale”: una donna in scooter, a via Carducci, viene scaraventata a terra da un giovane di colore, che le ruba il mezzo. Nel pomeriggio, alla questura triestina giunge la telefonata di Carlysle Stephan Meran, che riferisce di aver appreso dal fratello Alejandro Augusto che è lui l’autore della rapina. Il dominicano si rende disponibile ad accompagnare gli operatori a casa del fratello per recuperare il mezzo, specificando che Alejandro Augusto soffre di disturbi psichici, pur non essendo allo stato seguito dai servizi di igiene mentale del capoluogo. Due equipaggi in servizio di volante e una pattuglia della Squadra mobile si recano a casa del giovane, insieme a personale del 118. Alejandro è a casa, appare “collaborativo e pacato”. Viene accompagnato in questura insieme al fratello, a bordo di una vettura della Polizia. Giunti all’interno dell’ufficio Prevenzione generale, l’autore della rapina chiede di andare in bagno, e riesce a sottrarre (con modalità non specificate nella lunga nota della Questura) la pistola d’ordinanza in dotazione all’agente Rotta, colpendolo con due spari. Sentito il frastuono, Demenego accorre per verificare cosa sta accadendo, venendo a sua volta colpito tre volte. (Agi.it)

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