Centinaia di agenti di polizia francesi si sono radunati oggi in silenzio davanti al commissariato di Montpellier, dove una collega di 48 anni, madre di due figli, si è suicidata il giorno prima. Visi tesi, occhi gonfi di lacrime, hanno reso omaggio all’ultima poliziotta che ha scelto di togliersi la vita con un’arma d’ordinanza, una pallottola nel cuore.
Si tratta del ventottesimo suicidio tra forze di polizia dall’inizio dell’anno, tre in qualche giorno nella regione. L’anno scorso, stimano i sindacati, nello stesso periodo dell’anno, i casi sono stati la metà, 14.
“Il colleghi possono essere molto legati tra loro, ma quando un agente di polizia esprime un disagio, la direzione deve imparare ad ascoltare e prendere le misure necessarie”, ha commentato all’Afp Bruno Bartocetti del sindacato SGP Police-FO. La richiesta è quella di incrementare la prevenzione e il personale specializzato. Nel frattempo, è stata istituita un’unità psicologica e aperta un’indagine di cui si occupa l’Ispezione generale della polizia nazionale.
Francia, serve un “piano Marshall” per contrastare una situazione “esplosiva”
Nel 2018, secondo i dati del Ministero dell’Interno, in Francia sono stati 35 gli agenti di polizia che hanno rivolto le armi contro se stessi (a cui si aggiungono altri 33 gendarmi suicidatisi). La polizia francese ha confermato a Euronews il suicidio di 51 agenti nel 2017, 39 nel 2016, 44 nel 2015 e 55 nel 2014.
Lo stress psicologico dovuto agli attentati che hanno colpito la Francia dal 2015 è tra cause che parzialmente spiegano il fenomeno secondo Philippe Capon, segretario generale del sindacato UNSA.
“Si tratta di un lavoro in cui bisogna essere sempre forti ma dobbiamo essere in grado di accettare che non possiamo essere sempre al 100 per cento. I ritmi lavorativi non consentono agli agenti di avere una vera vita sociale per mesi. Sono convinto che questo porti ad una serie di situazioni drammatiche a livello familiare”, ha affermato Capon a Europe 1.
“Il piano per combattere i suicidi della polizia deve diventare una causa nazionale ed essere dichiarato una priorità ministeriale”, ha chiesto un sindacato unitario di polizia francese.
Venerdì scorso, il ministro dell’Interno Christophe Castaner ha promesso di accelerare l’attuazione del piano antisuicidi lanciato nel 2018 dal suo predecessore, Gérard Collomb. Nel 2015 l’allora gerente, Cazeneuve, propose un altro piano di prevenzione che includeva il reclutamento di psicologi, figure di accompagnamento e la riduzione del tempo di possesso dell’arma da fuoco fuori servizio. Questa volta, Castaner ha annunciato la creazione di una “unità di allerta” e di un numero telefonico dedicato, 24 ore su 24.
Frederic Lagache, segretario generale dell’alleanza sindacale di polizia, la sigla più partecipata del settore, dice che “le condizioni di lavoro sono difficili, il management troppo duro”. I sindacati lamentano 24 milioni di ore di straordinari non pagati, soprattutto il sabato quando c’è da fronteggiare i gilet gialli, e domandano l’avvio di un vero e proprio piano d’urgenza (Marshall). “In Francia assistiamo ad un’ondata di odio contro i poliziotti, nel sistema attuale è un cockail esplosivo”, dice Lagache a Euronews. Il 29 aprile è previsto un incontro con Castaner. “Dice che una delle sue priorità è migliorare il rapporto con il management perché sia più comprensivo e, con esso, il miglioramento delle condizioni di lavoro: è la prima volta che un ministro riconosce che la direzione ci tratta troppo duramente”.
Il confronto con Italia e Spagna
In Italia, secondo l’Osservatorio Cerchio Blu, sono stati 16 i suicidi tra le forze dell’ordine dal 1 gennaio 2019 al 12 aprile 2019. Cinque tra agenti di polizia penitenziaria. Nell’86% dei casi, la pistola d’ordinanza è stata la modalità scelta per togliersi la vita.
Secondo il presidente di Cerchio Blu, Graziano Lori, il fenomeno è allarmante a livello internazionale e reso ancora più grave dalla facilità di accesso alle armi da fuoco. “Nelle forze di polizia, contrariamente a quanto avviene nel resto della popolazione, c’è una quasi totale assenza di tentati suicidi: l’arma da fuoco, contrariamente ad altri mezzi, non dà scampo”.
Tra gli elementi che caratterizzano il triste fenomeno, secondo Lori:
- Suicidio sul posto di lavoro: rispetto alla popolazione generale, il rappresentante delle forze dell’ordine molto frequentemente si toglie la vita in ufficio o in caserma – anche come gesto simbolico;
- Fascia d’età di riferimento: di norma i suicidi si hanno più frequentemente in età adolescenziale o anziana, ma l’operatore di polizia si uccide in una fascia d’età adulta, nella “parte più attiva della sua vita”;
- Stress psicologico: si tratta di una delle professioni in cui lo stress ha un maggior impatto, sia nell’ambito dell’organizzazione del lavoro (ufficio, dinamiche tra colleghi, superiori, necessità di obbedire ad una gerarchia, riconoscimenti professionali talvolta assenti), sia nell’ambito dell’operatività, ovvero dell’esposizione a situazioni fortemente traumatiche come morti violente, disastri, manifestazioni.
A livello psicologico, riflette Graziano Lori ai microfoni di Euronews, “l’innesco tra eventuali problemi in famiglia (come separazioni o malattie) e gli eventi traumatici di servizio è molto pericoloso”.
Su questo la letteratura scientifica ha scritto molto, esistono delle proposte di legge presentate in parlamento e da quest’anno è stato istituito l’Osservatorio permanente interforze sul fenomeno dei suicidi tra gli appartenenti alle Forze di Polizia. L’Osservatorio permetterà di misurare a livello ufficiale il fenomeno: un monitoraggio che, a livello ministeriale, manca per esempio in Spagna.
L’obiettivo di Cerchio Blu è quello di fare rete a livello internazionale (molto simili, secondo Lori, la struttura organizzativa delle forze di polizia di Spagna, Francia e Italia) e collaborare con le istituzioni europee. Nel frattempo, nel quotidiano, Lori organizza gruppi di sostegno psicologico per “creare momenti di decompressione emotiva dopo gli eventi traumatici”.
“Nella polizia è un argomento taboo, un agente non può mostrarsi debole”
In Spagna, i numeri sono inferiori rispetto alla Francia. Nel 2017, scrive El Pais, si sono uccisi 13 poliziotti. Tra il 2013 e il 2018 il numero è di agenti caduti per propria mano è di 53, 162 dall’anno 2000.
Il sindacato ARP ha pubblicato nell’ottobre 2018 il primo studio per approntare un piano di prevenzione. Tra le conclusioni, si legge che in Spagna tra il 2000 e il 2017 un poliziotto si è ucciso ogni 43 giorni, 9 volte in più rispetto al resto della popolazione. Il 94% di loro sono uomini, soprattutto nella fascia d’età 30-35 anni (21.7% del totale),
Si tratta della principale causa di morte tra poliziotti: si uccidono infatti molti più professionisti di quelli che cadono in servizio. Il tasso di suicidi è doppio rispetto a quello del resto della popolazione civile spagnola (16% rispetto a 8.7% ogni 100mila abitanti nel 2016).
María Jesús Espiño Castellanos, autrice del report, ha detto a Euronews che “nella polizia è un argomento taboo anche se sono morti più agenti per suicidio che per mano dell’Eta. Un poliziotto non può piangere, deve correre innanzi quando magari altri scappano. Molti non si vedono come persone normali, entra loro in testa che sono eroi, al di sopra dei sentimenti umani. E nel momento del bisogno, quando sono depressi per via di eventi traumatici a cui assistono, non chiedono aiuto. Dicono di non averne bisogno”.