Serenità, il sogno degli over

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«N on si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità», scriveva Epicuro a Meneceo nel III secolo a.c. e sosteneva che «a qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell’anima (…). Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità».
A quei tempi, nell’antica Grecia, l’invecchiamento cominciava a trent’anni e ben pochi arrivavano ad essere come Omero, kalòn gèron, un bel vecchio presumibilmente intorno ai 70. Adesso, più di duemila anni dopo, è tutta un’altra storia. Gli over 65 hanno ancora davanti a sé almeno una ventina d’anni da vivere e vogliono farlo al meglio. La pubblicità ci mostra questa nuova generazione di grey panthers sempre in movimento, in buona salute e in buone condizioni economiche, pronta a intraprendere un viaggio, a rimettersi a studiare, a far capriole con i nipoti, ad andare a ballare. Insomma felice.
Ma è davvero così? O è il potere del marketing a creare l’immagine del baby boomer pimpante e «immortale» a uso e consumo di un mercato che vede questa categoria sempre più numerosa e (fatta la tara di quell’ampia fascia che vive in condizioni di difficoltà se non di povertà) portata al consumo?

Il Paese più vecchio
«E ancora mi domando se sia stato mai felice» si chiedeva Francesco Guccini in quel piccolo capolavoro che s’intitolava Il pensionato. Ecco. Il punto è proprio questo. I pensionati, gli anziani, i vecchi, i senior, gli ultra qualcos/enni, gli over qualcos/enni — o comunque li si voglia definire — sono felici? La risposta è come un puzzle da comporre un tassello alla volta: piazzati i mille pezzetti (cioè fatte le infinite considerazioni) si può dire che sì, il disegno nell’insieme mostra che la felicità in «zona over» esiste. Ma spesso, spessissimo, assomiglia alla serenità. In un certo senso è un po’ come, con l’età e una certa saggezza, si abbassasse l’asticella per riuscire a saltarla.
L’ultimo rapporto dell’istat ci conferma che, fatta eccezione per il Giappone, siamo il Paese più vecchio del mondo (13 milioni 672 mila italiani sopra i 65 anni, cioè il 22,6% della popolazione) e ci dice che oggi abbiamo 170 anziani per ogni 100 giovani. Ma fra dieci anni gli anziani saranno 217 ogni 100 ragazzi ed è chiaro che le politiche per la salute, quelle sociali, economiche, pensionistiche non possono e non potranno ignorarlo.

Quanto contano gli amici
Conta vivere, come è ovvio. Ma conta allo stesso modo — forse di più — la qualità della vita, e le relazioni sociali sono una delle variabili che fanno la differenza sullo stato di felicità. Lo stesso Istat rivela nel suo rapporto un dato che arriva direttamente dalle parole degli over e che, smentendo l’immagine più smart di questa nuova generazione di anziani, non è certo un indicatore di vita felice: il 50% degli anziani dichiara di non avere amici. Zero. Magari ha una qualche forma di assistenza, di rete sociale su cui contare, ma nemmeno un amico. Un dato ancora più negativo rivela poi che uno su tre non ha proprio nessuno che possa in qualche modo stargli accanto: né un parente, né un vicino di casa, né un amico, né un assistente pubblico. Nessuno.
«L’amicizia è senza dubbio molto importante — ragiona la psicologa clinica Silvia Vegetti Finzi — e in tarda età è un argomento con una fortissima distinzione fra uomini e donne. Noi donne siamo più capaci di coltivare relazioni amicali fortissime e questo fa parte della nostra capacità di costruire la felicità».
Prima che agli argomenti della sua professione la dottoressa Vegetti Finzi, 80 anni, guarda a se stessa. «Ho imparato — dice — che tutto cambia in meglio se invece di fermarti troppo sul tramonto della tua vita sai guardare avanti e partecipare alla vita allo stato crescente, cioè quella dei figli e dei nipoti o di persone giovani che ti sono care. Gli ottant’anni possono essere bellissimi». Possono esserlo. Sempre «che non si viva da poverissimi, solissimi o malatissimi» per dirla ancora con le sue parole.

Il ritorno all’amore
Uscendo dalle fredde statistiche per entrare nel calore della vita si ritrova un po’ di ottimismo. E una bella sorpresa: gli over non saranno pieni di amici, ma forse proprio per questo sono spesso pronti ad aprire il cuore a un nuovo amore. Lo ha dimostrato una trasmissione di Rai3, Non ho l’età, che ha raccontato di recente storie di nuove coppie ultrasettantenni. «Si sono proposte centinaia di coppie, i social erano intasati di storie», dice Claudia Carotenuto, una degli autori del format, che con Panama Film sta già preparando la seconda serie per il prossimo autunno. «Abbiamo scoperto che questi amori tardivi sono molto diffusi: dopo i 60 adesso ci si apre di nuovo alla vita

Tutto cambia in meglio se invece di fermarti troppo sul tramonto della tua vita partecipi della vita allo stato crescente di figli e nipoti
Silvia Vegetti Finzi psicologa, 80 anni e quindi anche all’amore».
Può succedere di ritrovarsi. In Rete, soprattutto. Lo conferma lo studio di Astraricerche, Over65 una vita a colori, commissionato da Bnp Paribas Cardif (fra le prime compagnie assicurative italiane). La ricerca accende i riflettori proprio sul tema diventato centrale nella vita dei senior: la tecnologia. Il 66,2% degli intervistati dichiara di usare in modo autonomo device e social network e il 57% rivela che dai social sono arrivati gli anticorpi contro la solitudine. Così si scopre che in questa fase della vita si cercano e si ricostruiscono vecchie amicizie su Facebook, si partecipa ai gruppi Whatsapp, si scambiano fotografie via Instagram e a volte ci s’innamora. Grazie a Internet.

Smartphone e salute
Cosimo Finzi, amministratore delegato di Astraricerche, dice che ormai la raccolta dei dati per i loro studi avviene tutta online. Per essere chiari: «Anche sopra i 90 rispondono alle domande dallo smartphone». La tecnologia è un tassello importante del puzzle della felicità anche per scopi più pratici come ordinare la spesa, chiedere la consegna di una pizza a domicilio, controllare il percorso dei mezzi pubblici…
A tutte le età si è spaventati dall’idea di finire nel vortice di qualche malattia grave, ma uomini e donne fra i 65 e i 75 lo sono di più. Passata quella soglia i dati di Astraricerche ci svelano che entra in scena una sorta di reazione allo scampato pericolo, chiamiamolo così. Come se, superata indenni la fascia critica, si approdasse ai 75 in uno stato di serenità fisica capace di abbattere la paura di ammalarsi. E a proposito di paure: le più frequenti sono quella di cadere (il 50,2% teme di cadere in casa) e di avere continui acciacchi, magari non fondamentali per la salute ma debilitanti e quindi in grado di modificare i piani per la vita quotidiana (il 47%).
Patrizia Mecocci, che a Perugia è professoressa ordinaria di Gerontologia e Geriatria all’università e dirige la Struttura Complessa di Geriatria all’ospedale, ha a che fare con persone anziane da più di vent’anni. Ha visto cambiare in meglio la popolazione over, «più attenta all’importanza di invecchiare bene», ma ne ha visto anche aumentare le fragilità: «Per esempio lo stato di depressione generato dalle difficoltà e dalle separazioni dei figli, dalla preoccupazione per il futuro di figli e nipoti». E la felicità? «Nelle persone che incontro ogni giorno la vedo puntiforme. Non si è felici per tanto tempo. La felicità è questione di momenti e di intensità. Mentre la serenità è uno stato mentale che porta ad apprezzare le cose essenziali. Chi arriva a essere sereno ha una visione di saggezza: ha imparato a potare i rami inutili dell’albero della vita».

Vita da senior
La ricerca di Insight & Market Research per La 27 Ora- Corriere della Sera, ci ha raccontato di signori e signore che oltre i 55 anni associano alla felicità (il 30% gli uomini e il 33% le donne) un argomento che invece i più giovani prendono poco in considerazione: l’assenza di dolore. Lo stesso studio mette a fuoco un atteggiamento quasi rassegnato degli over 55 rispetto alla domanda: cos’è la felicità? La sintesi delle risposte date alle varie opzioni dice che la felicità è in sostanza… accontentarsi.
Luci e ombre si susseguono nel ritratto della generazione senior del terzo millennio. E ricompaiono gli over 65 smart, monitorati da Astraricerche, quelli che ci tengono alla vita sociale e amano prendersi cura di sé (49,1%), fare sport e attività ludiche (45,7%) ma anche culturali (43,4%), e che sono convinti che nella ricerca della felicità contino soprattutto i valori ideali (56,2%), la coscienza di essere una risorsa per la famiglia e per la società (79,4%), la curiosità (47,8%) e l’ottimismo (44,1%), insieme alla consapevolezza di esser capaci di invecchiare serenamente (60,8%). Ebbene questi senior sono quelli che più di tutto amano viaggiare (54,2%).

Social anti solitudine
Una ricerca rivela che il 66% delle persone in età sa usare i social e il 57 ricava da lì gli anticorpi contro la solitudine
In viaggio
La conferma ci viene anche stavolta dal piccolo schermo: dal 24 aprile sul canale Marcopolo va in onda Nordkapp Adventure, 7 puntate di un viaggio estremo a Capo Nord in moto. Protagonisti 4 sessantenni selezionati tra decine di candidati appassionati di viaggi e di due ruote: «Pensionati che vivono a 360 gradi le emozioni della vita», commenta Giacomina Valenti, direttore di Marcopolo Tv, che con Radio Italia e Area Stream, ha realizzato il programma e sta pensando anche a una versione al femminile.
Per i viaggi, se c’è passione e la salute regge, non esistono limiti d’età. Ne sa qualcosa Baba Lena, contadina siberiana che — ha raccontato The Independent — a 83 anni si è proposta di vedere più mondo possibile e dopo Turchia, Germania, Repubblica Ceca, Vietnam e Israele, quest’anno ha festeggiato i 90 anni nella Repubblica Domenicana. A batterla, però, sul filo degli anni c’è la nostra nonna Irma, 93enne di Noventana Vicentina, che a febbraio è partita per il Kenya ad aiutare i bimbi di un orfanotrofio: «Serve un pizzico di incoscienza per vivere», ha detto. E questa non la chiamiamo felicità?

dal “Corriere della Sera”, 10 Jun 2018 Di Laura Ballio e Giusi Fasano

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