Un bel gruppo di persone – soprattutto donne e ragazze – pattuglia da giorni all’alba le spiagge dell’Isola d’Elba alla ricerca di tracce di una nuova nidificazione di tartaruga marina, sperando che, dopo la deposizione record del 2017 a Marina di Campo, il miracolo si ripeta alla Biodola, a Procchio, Cavoli, Fetovaia, Lido, Naregno o Lacona.
Ma cosa è che spinge queste persone ad alzarsi alle 4 di mattina per arrivare sulla spiaggia prima che le ruspe spianino e livellino tutto? Cosa è che le butta giù dal letto, magari prima di andare al lavoro, per cercare le possibili tracce dei rettili marini che nuotano nei mari e arrancano sulle spiagge da centinaia di milioni di anni, ben prima che l’uomo facesse la sua comparsa su questa arancia blu lanciata nello spazio nel suo interminabile girovagare intorno al sole?
La risposta è una sola, o meglio due: la bellezza e il mistero. Ed è una risposta che spiega anche il perché le cacciatrici di tracce di tartarughe siano soprattutto donne e ragazze e il perché tra le decine di custodi del nido di Marina di Campo nel 2017 ci fossero soprattutto donne e ragazze.
Le cacciatrici di tracce sono cercatrici di bellezza, sono persone che alle ricercate immagini televisive sulle tartarughe di Marina di Campo trasmesse su Linea Blu preferiscono un’alba arancione che sorge tra i monti e il mare di un’isola ancora nera di notte, disegnata da Dio o dall’Universo. Donne e ragazze che guardano affascinate le stelle che scompaiono divorate dal mattino, o delle nuvole tempestose che accarezzano un sole nascente, la pioggia che bucherella il mare indifferente.. madri e femmine che ascoltano la risacca silenziosa di un’alba immobile, prima che il mondo degli umani si svegli e ritrasformi la sabbia calpestata dai gabbiani in un nastro industriale del turismo, nel lucido biliardo senza “alghe” sul quale far rotolare sdraio, ombrelloni e palloni, nel barbecue di massa dove rosolarsi al sole con creme solari alle micro-perle di plastica.
Le cacciatrici di tartarughe hanno appena sognato, la notte, di trovare una tartaruga che scava una spiaggia e poi, mentre camminano a piedi nudi sulla battigia fresca, mentre ascoltano i primi rumori netti e solitari dell’alba e guardano il sole rinascere, si godono il mistero dell’interregno, di quel sottile, effimero passaggio tra il naturale che spunta ancora dalla notte e le ruspe che ritrasformano le spiagge in un manufatto umano, nell’artificiale e artificioso. E’ l’attimo tremante tra il prima e il nato, tra il possibile e l’impossibile, l’uovo primigenio del mondo e del vivente che noi maschi fatichiamo a riconoscere.
Sanno, le cacciatrici di tartarughe, che quella che si sposta sui cingoli dopo l’alba è l’economia che muove e sostiene l’Elba, ma sognano, per una magica mezz’ora a piedi scalzi, e ad occhi e narici ben aperti, che il miracolo e il profumo della bellezza possa durare per un momento eterno e sanno, le cacciatrici di tracce, che quella tartaruga che un anno fa ha depositato le sue 118 uova tra le sdraio e gli ombrelloni di Marina di Campo ci parla proprio di questa possibilità e dell’indomabile, testardo mistero della natura.
Sanno, le donne e le ragazze delle tartarughe, che nel mare che diventa rosa e bianco nel mattino c’è il futuro, ci sono le sopravvissute tra le 113 piccole tartarughe superstiti di Marina di Campo che hanno scavato nella sabbia la loro corsa verso il mare nero, le stelle e la luna piena. Sanno che sono lì, da qualche parte nel mare sempre più caldo, lontanissime o vicinissime. in attesa del domani, per compiere l’eterno ciclo senza tempo e domande della vita, al quale apparteniamo scordandocene spesso.
Forse la tartaruga non tornerà, forse ha già trovato altri nidi di sabbia e altre rotte tra il mare, la luna e le stelle, ma il sogno resta, la bellezza e il mistero rimangono.
E’ per questo che le donne e le ragazze delle tartarughe dell’Elba si alzano all’alba. E’ probabile che in molti non capiscano queste signore e giovani donne che rinunciano al sonno per un sogno, ma la clamorosa bellezza dell’alba rosa e arancione le ripaga e illumina la loro speranza che un essere antico e pacifico rinnovi il miracolo della vita, guidato dagli astri e dalle maree, dalla fragile e bellissima arancia blu che ruota insieme a noi intorno al sole, alla periferia dell’Universo.
Umberto Mazzantini, responsabile mare Legambiente Toscana