Evviva le donne. Sempre, nella storia dell’umanità. Ma questa prima decade del Terzo Millennio ha un sapore e un’importanza del tutto particolare, non sempre dettata dal fatto che, essendo l’ultima che si celebra in favore dell’altra parte del mela, è sempre più bella di quelle passate di cui abbiamo a poco a poco dimenticato i contorni e le motivazioni. Quest’anno c’è una ventata nuova del rosa: ci sono più donne nel mondo del lavoro, più donne nel mondo della cultura e dell’istruzione. Imprenditrici, dirigenti, attrici sempre più consapevoli del loro ruolo. Senza parlare poi del mondo della politica. Stando a un recente studio nella storia della nostra repubblica, nella XVI legislatura la presenza di parlamentari donne ha superato la percentuale del 20 per cento. Un buon risultato, anche se la strada ancora da percorrere rimane ancora tanta. Prova ne sia ancora lo scarso peso che esse hanno nelle rispettive commissioni di Camere e Senato (dove si prendono decisione che lasciano il segno nel Paese). Allora si capisce che non è sufficiente, per esprimere un parere, contare semplicemente le parlamentari donne e verificare che il loro numero rispetto alle precedenti amministrazioni sia aumentato. Le disuguaglianze insistono e continuano a far sentire il proprio peso, come per esempio la quasi “impercettibile” presenza dell’altra metà del cielo nelle commissioni che contano. Dove invece, stando a una pubblicazione della “Voce.info”, la presenza femminile nelle “stanze dei bottoni” si concentra principalmente è nella commissione cultura di Camera e Senato. Un primo, ma importante passo per andare nella direzione di una “redistribuzione dei ruoli”, considerando il loro apporto (o quello che esse potrebbero portare) nell’affrontare determinati problemi e venire incontro a soluzioni “pacifiche e più partecipate”, senza che prevalga la forza, il pugno duro e l’intransigenza che sono tutte prerogative che appartengono al sesso forte.
Ma neppure va dimenticata la cronaca di questi ultimi giorni: gli atti di violenza e stupri che le donne hanno subito in questi ultimi tempi, ancora fatte oggetto della prepotenza maschile. Sono ancora le donne a vivere queste ultime tragedie umane per le quali non è sufficiente provare sentimenti solidali, ma occorre un impegno costante perché certi fenomeni non si abbiano a ripetere. Allora, se appaiono lontani quei giorni di contestazione femminile, di cortei e “occupazioni” di piazze e strade cittadine in cui si innalzavano inni alla libertà e slogan del tipo “l’utero è mio e lo gestisco come voglio io” all’epoca del divorzio, prima che passasse la legge, se sempre più di rado vedo minori rametti di mimose scambiati fra uomo e donna , mimosa oggetto degli anni Ottanta/Novanta, non per questo il concetto egualitario fra i due sessi non ha cessato di evolversi; adesso troviamo le donne impegnate ad affermare il principio della “parità” in sempre più campi del consesso civile, segno di una rivoluzione silenziosa che si muove e che è in atto. Ecco, allora sempre più donne dirigenti di aziende, sempre più imprenditrici, sempre più impegnate nella politica. Sono segnali, anche se piccoli però inequivocabili. I quali, come ha scritto ieri “Famiglia Cristiana” indicano un raggiungimento di un obiettivo che prima non c’era. “Fuor di metafora, una società dove tante donne ce la fanno è una società migliore per tutti”. Noi ne siamo convinti, buon 8 marzo a tutte le donne!