Come le code fuori dai negozi ai tempi dell’Urss, anche il click day è una forma di razionamento. Si suppone che l’obiettivo di quello appena rinviato per i rimborsi forfettari Irap fosse assegnare i fondi in via prioritaria alle imprese che più risentono delle restrizioni creditizie e hanno dunque forti esigenze di liquidità a breve termine. Oltre naturalmente a cercare di ridurre il costo dei rimborsi per il Tesoro. Ma se è così, si è scelto lo strumento sbagliato. Molto meglio i beauty contest o i meccanismi basati sul prezzo.
L’Agenzia delle Entrate ha recentemente annunciato il rinvio del cosiddetto click day per i rimborsi forfettari Irap.
Chi prima arriva…
Questo curioso termine si riferisce a un particolare sistema di razionamento. L’idea è semplice. Supponiamo che lo Stato prometta di distribuire 500 euro; più in particolare, immaginiamo prometta di pagare 5 euro a 100 persone. Scopre però che 500 euro non li ha, o comunque non li vuol pagare. Ne ha, o comunque ne vuol pagare, solo 100. Si trova quindi costretto a trovare un meccanismo che scelga, tra i 100 aventi diritto, chi riceverà i fondi e in che misura. Un possibile meccanismo, abbondantemente usato per simili situazioni nell’Unione Sovietica, è quello di dare le risorse a chi arriva prima. Nell’Urss le risorse da assegnare erano i beni di consumo a prezzo sussidiato. Per ottenerle era necessario mettersi il più presto possibile in coda di fronte al negozio. Siccome ora siamo tecnologicamente più evoluti, anziché costringere la gente a stare per ore o giorni in coda fuori dal negozio, oggi il razionamento avviene per via telematica, appunto con un click del mouse. Non è la prima volta che il governo adotta il click day. Il meccanismo era già stato utilizzato nel maggio scorso per la distribuzione dei bonus alla ricerca per le imprese, per un totale di 1.620 milioni di euro. Secondo quanto riporta ilCorriere della Sera, in quella occasione i fondi vennero esauriti in 35 secondi. In un ambito un po’ diverso è stato usato nel dicembre del 2007 per le richieste di regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari.
Sempre secondo quello che riporta il Corriere, nel caso dei rimborsi Irap si stima che l’ammontare richiesto per soddisfare le richieste sia tra i 4 e i 5 miliardi di euro. Il governo ha stanziato 100 milioni di euro per il 2009 (questi erano i fondi da distribuire con il click day che è stato rinviato), 500 per il 2010 e 400 per il 2011. In totale si tratta di un miliardo di euro da distribuire in tre anni, una cifra che oscilla tra il 20 e il 25 per cento dei fondi necessari. Il resto verrà distribuito dopoil 2012, con tempi non chiari.
Fondi assegnati a caso
Non sto qui a commentare la legittimità del comportamento del governo, che a quanto pare ritiene perfettamente normale rifiutarsi di pagare quanto dovuto ai suoi cittadini. Mi concentro su una questione più tecnica. Una volta deciso di limitare l’esborso di fondi, quali sono le conseguenze dei diversi meccanismi di razionamento?
Il governo non ha, a mia conoscenza, spiegato quali obiettivi stanno dietro alla scelta del click day. Provo ad azzardare però, vista la messe di dichiarazioni in altri ambiti da parte di vari esponenti governativi, che un obiettivo dovrebbe essere quello di assegnare i fondi in via prioritaria a quelle imprese che risentono in modo particolare delle restrizioni creditizie e quindi hanno forti esigenze di liquidità a breve termine. Un altro obiettivo naturale dovrebbe essere quello di cercare di ridurre il costo dei rimborsi per il Tesoro, con un qualche vincolo di decenza.
Il click day non appare particolarmente adatto al raggiungimento di questi obiettivi. Nei sistemi di razionamento di stile sovietico i beni venivano generalmente allocati a coloro cui risultava poco costoso stare in coda. In questo caso i fondi vengono allocati a coloro per che hanno maggiore ‘potenza di fuoco’ informatica, ossia che riescono a presidiare in modo costante i siti per essere i primi a cliccare. Non ho la competenza tecnica per dire in quali modi si può aumentare la probabilità di essere gli assegnatari dei fondi. Se un qualche modo esiste, mi aspetto che sia costoso e che quindi finiscano per essere favoriti i richiedenti con maggiori possibilità economiche. Se invece non esiste, l’allocazione dei fondi è completamente casuale. Il click day appare quindi essere drammaticamente inefficiente. Nel migliore dei casi assegna i fondi a caso. Nel peggiore, assegna i fondi a chi ha già più risorse e quindi ne ha meno bisogno immediato.
Brauty Contest e aste
Quali sono le alternative? Essenzialmente due: meccanismi di beauty contest e meccanismi basati sul prezzo.
I meccanismi di beauty contest sono meccanismi in cui il governo sceglie chi è “più bello” e quindi meritevole di ricevere i fondi prima degli altri. In pratica, nel caso del’Irap, il governo potrebbe individuare categorie che ritiene vadano privilegiate nella ripartizione dei fondi. Per esempio, coloro che vivono in aree colpite da calamità naturali, oppure le imprese più piccole. L’efficienza di un meccanismo di beauty contest dipende ovviamente dai criteri adottati e dalla coerenza con cui vengono applicati. È molto facile immaginare scenari da incubo in cui la ripartizione dei fondi avviene essenzialmente con criteri clientelari e totalmente discrezionali.
Restano i meccanismi di prezzo. Come possono funzionare in questo caso, dal momento che non si sta comprando o vendendo nulla? L’idea è quella di chiedere alle imprese di rinunciare a una quota del rimborso, assegnando fino a esaurimento i fondi a chi offre uno sconto più forte. In pratica, è come chiedere agli aventi diritto di vendere il proprio diritto al rimborso.
Un semplice esempio può aiutare a capire meglio. Supponiamo, tornando all’esempio iniziale, che esistano cento imprese, ciascuna delle quali ha diritto a un rimborso per l’ammontare di 5 euro. Il governo in principio è quindi tenuto a rimborsare 500 euro. Lo Stato però decide che non vuole spendere più di 100 euro in rimborsi Irap, e annuncia che chi non ottiene i fondi ora dovrà aspettare fino almeno al 2012 (quando non è chiaro cosa accadrà). A questo punto, si chiede a ciascuna impresa qual è l’ammontare di euro che desidera ricevere per cancellare il diritto al rimborso, assegnando poi il rimborso a coloro che chiedono meno soldi per la cancellazione.
Per continuare l’esempio, supponiamo che delle 100 aziende ce ne siano 20 che rifiutano di abbuonare un singolo centesimo (ossia chiedono 5 euro per cancellare il diritto al rimborso), 35 che sono disposte a cancellare il debito per 4 euro, 10 che sono disposte a cancellare il debito per 3 euro, e infine 35 disposte a cancellare il debito per 2 euro. A questo punto, vengono dapprima rimborsate le imprese che chiedono due euro, consumando in tal modo 70 euro. Poi, si passa a rimborsare le imprese che chiedono 3 euro; questo richiede 30 euro addizionali di fondi e porta all’esaurimento dei fondi disponibili. Le imprese che hanno chiesto 4 o 5 euro restano a bocca asciutta, o meglio conservano il loro diritto al rimborso e si mettono ad aspettare fino al momento in cui lo Stato, graziosamente, deciderà di restituir loro ciò che è dovuto. Qui la cosa da notare è che, usando un meccanismo di prezzo, lo Stato riesce a eliminare debiti per un valore di 225 euro, dato che 45 imprese rinunciano al loro credito di 5 euro in cambio dei 100 euro di fondi distribuiti.
Quali imprese ottengono i fondi con questo sistema? O, in altri termini, quali sono le imprese che accetteranno le somme più basse per rinunciare al rimborso? La risposta purtroppo è complicata e dipende, tra le altre cose, dall’esatto meccanismo d’asta che viene utilizzato, oltre che dalle aspettative sui tempi e sulle modalità dei futuri rimborsi.
Il calcolo dell’equilibrio di questo gioco non è banale ma, intuitivamente, possiamo attenderci che le imprese con più pressanti bisogni di liquidità saranno più aggressive nel cercare di assicurarsi una quota dei fondi. Il sistema di prezzo ha quindi un doppio vantaggio per lo Stato, almeno se uno degli obiettivi è quello di dare rapidamente i fondi alle imprese che ne hanno più bisogno. Da un lato infatti, il meccanismo d’asta raggiunge esattamente questo obiettivo. Dall’altro, comporta una riduzione dell’onere per lo Stato, che riesce a cancellare debiti per un ammontare superiori ai fondi spesi.
Le considerazioni di cui sopra ignorano completamente gli aspetti legali del problema, sui quali non ho competenza. Non so quindi fino a che punto meccanismi di prezzo o di beauty contest sono compatibili con l’attuale ordinamento giuridico. Faccio però presente che, almeno da quel che si legge sul Corriere della Sera, anche il meccanismo del click day non appare essere completamente al sicuro da sfide legali; la Confindustria di Padova aveva infatti minacciato di far causa. In generale, è ovvio che una volta che si devia dalla strada maestra di pagare quanto dovuto, qualsiasi meccanismo di razionamento manifesterà un trattamento ineguale di soggetti con uguali diritti. Ritengo però che, una volta deciso di andar per questa strada, una riflessione sui meccanismi da usare per il razionamento dei fondi sarebbe assai utile.
Sandro Brusco, collaboratore di “LaVoce.it”, settembre 2009