Nei giorni scorsi presso la sala convegni del Polo umanistico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) a Napoli, è stato presentato il ‘Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2016’, a cura di Eugenia Ferragina dell’Istituto di studi sulle società del mediterraneo (Issm) del Cnr.
Il volume, edito da Il Mulino, fornisce informazioni, dati e interpretazioni sull’area, dedicando ampio spazio allo scenario politico: dal mutato impegno degli Stati Uniti, alla contrapposizione tra sunniti e sciiti conseguente alle rivolte arabe, fino alla lotta per la leadership in atto tra Iran e Arabia Saudita.
Un ampio focus è rivolto ai flussi migratori: “Il peso demografico dell’Unione Europea rispetto al resto del mondo è passato dal 14,5% del 1952 al 7% nel 2010, anno rispetto al quale, secondo le previsioni Eurostat, nel 2050 la popolazione Ue in assenza di migrazioni perderà altri 58 milioni di abitanti, con conseguente invecchiamento della forza lavoro e diminuzione della capacità di innovazione e competitività”, spiega Ferragina. Il Rapporto sottolinea i divari interni alla regione: “Il reddito medio va dai 40.000 dollari della Francia ai nemmeno 8.000 del Marocco. Un indicatore fondamentale, riportato nel capitolo di Di Comite e Girone, docenti di demografia presso l’Università degli studi di Bari, è l’indice di ricambio potenziale dell’offerta di lavoro, quantificato tenendo conto della consistenza numerica dei giovani – cioè degli individui compresi tra i 15 e i 24 anni – e di quella degli anziani, che considera l’ammontare di coloro che hanno un’età compresa tra i 55 e i 64 anni. Il ricambio della disponibilità di lavoratori vede l’Europa al valore Ir = 83,01 contro il 234,34 della riva asiatica e il 249,65 di quella africana: dunque il progressivo numero di persone in cerca di occupazione nei paesi del Maghreb e del Medio Oriente, notevolmente influenzato dalla giovane età della popolazione, agirà come ulteriore spinta a un’emigrazione indirizzata verso i paesi economicamente più avanzati dell’Unione”.
Il totale dei migranti presenti nei paesi dell’Unione è di circa 65 milioni, pari al 13% della popolazione residente. In particolare – come spiega il capitolo di Alessandro Romagnoli, docente di economia politica dell’Università degli studi di Bologna – oltre 35 milioni risiedono nei paesi che si affacciano sul mare nostrum, di cui un terzo proviene dai paesi mediterranei extra Ue, mentre oltre 27 milioni vivono nei paesi Ue centro-settentrionali, di cui meno del 15% giungono dai paesi mediterranei. Il numero dei migranti mediterranei nei paesi meridionali dell’Unione è quindi più che doppio rispetto a quello negli altri stati membri.
Il 2015 è stato sicuramente un anno tragico: secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni nel Mediterraneo sono morte almeno 3.771 persone e 1.080.000 sono stati gli arrivi, oltre 850mila dei quali in Grecia. Sempre per quanto concerne le direttrici migratorie è una vera emorragia – come spiega il saggio di Fabio Amato, docente di geografia presso l’Università degli studi di Napoli ‘l’Orientale’ – quella dalla Siria sconvolta dalla guerra e della pressione dell’Isis, con oltre 5 milioni di cittadini all’estero, dei quali 1,6 milioni in Turchia, una delle teste di ponte delle migrazioni come terra di transito, con 2,9 milioni di stranieri ospitati a fronte di 3,1 milioni di emigranti (metà dei quali in Germania).
La Giordania è un altro polo dei movimenti nell’area Mena (Middle East and North Africa): accoglie 3,1 milioni di stranieri, pari al 40% della popolazione totale, in prevalenza siriani (700.000) ed egiziani (139.000). Il Libano registra oltre 3 milioni di immigrati, 34% della popolazione, soprattutto siriani (1,2 milioni) e iracheni (120.000). Altro gigante demografico dell’area, l’Egitto: ospita 491.000 stranieri ma conta ben 3,2 milioni di cittadini all’estero, mentre il Marocco registra una diaspora di 2,8 milioni di persone, trasferitesi soprattutto in Francia, Spagna e Italia. L’Algeria, infine, ha 1,7 milioni di emigrati, nella stragrande maggioranza in Francia.
Ma la crisi economica del 2008 – spiega Marco Zupi nel suo contributo – ha avuto pesanti effetti sui livelli di disoccupazione dei migranti che, tra quelli residenti nei paesi dell’Europa del Sud, hanno raggiunto nel 2012-2013 il 45,85% in Spagna, il 48,4% in Italia e il 58% in Grecia: un problema che tocca soprattutto quelli meno istruiti.
“Fondamentale è garantire ai paesi delle rive Sud ed Est del Mediterraneo un pieno inserimento nei processi di globalizzazione in una chiave non subalterna e limitata alle produzioni a più basso valore aggiunto. I dati relativi sulle importazioni ed esportazioni manifatturiere indicano come in quasi tutti i paesi Mena le esportazioni siano infatti quasi interamente costituite da beni di consumo e da una quota molto ridotta di beni strumentali”, conclude Ferragina.
Il Rapporto si occupa inoltre della movimentazione delle merci. Nel 2008-2014 quella dei container nei porti del Mediterraneo è cresciuta del 33,7%, con un incremento costante a partire dal 2010. I porti dei paesi del Sud del bacino hanno raggiunto i 26,2 milioni di TEU (Twenty Foot Equivalent Unit) movimentati nel 2014, con una crescita del 52,3%, più che doppia rispetto ai porti del Nord (+23,9%), che contano 40,8 milioni di TEU.
Alla presentazione del Rapporto partecipano tra gli altri il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il direttore del dipartimento di Scienze umane del Cnr Riccardo Pozzo, l’Assessore al bacino euro-mediterraneo della regione Campania Serena Angioli. Modera Marco Ferrazzoli, capo ufficio stampa del Cnr.