
Londra – Mentre l’Occidente continua a parlare di libero mercato, supply chain e globalizzazione, la realtà che si impone sotto gli occhi di chi osserva con attenzione è ben diversa: stiamo entrando a pieno titolo in un’epoca di frammentazione strategica, di dazi come arma geopolitica e di una nuova architettura del potere mondiale, sempre più orientata verso il multipolarismo.
Gli Stati Uniti, che per decenni hanno promosso il libero scambio come pilastro dell’ordine mondiale post-1989, sono oggi tra i principali fautori di barriere tariffarie e restrizioni commerciali.
L’Europa, per non restare travolta, li segue a ruota.
Nel frattempo, altre potenze — la Cina in primis, ma anche l’India, la Russia e il blocco BRICS allargato — si stanno muovendo in direzione opposta: costruiscono nuove alleanze economiche, sistemi di pagamento alternativi, e soprattutto, una narrativa diversa, in cui il “Sud globale” non è più periferia, ma attore consapevole e strategico.
🔹 Il mondo non è più piatto
Negli anni d’oro della globalizzazione, ci avevano detto che il mondo era “piatto”.
Che le merci, le persone e le idee sarebbero fluite liberamente, oltre i confini e le ideologie.
Era l’epoca dei container, delle multinazionali e del “think global, act local”.
Oggi, quello stesso mondo si sta spaccando in blocchi.
Non solo commerciali, ma geopolitici, valoriali, tecnologici.
I dazi sono tornati di moda. Non come misura protezionista “vecchio stile”, ma come leva strategica, come messaggio politico.
👉 Non sei allineato con i nostri valori? Ti colpiamo con tariffe.
👉 Vuoi sviluppare un settore sensibile? Ti blocchiamo l’accesso ai semiconduttori, o ai metalli rari.
I dazi non sono più un problema di economia. Sono un linguaggio del potere.
🔹 BRICS+: il mondo che non vuole più restare ai margini
Mentre l’Occidente si interroga su come difendere il suo primato, i paesi emergenti agiscono.
I BRICS — Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica — sono diventati qualcosa di più di un acronimo.
Sono una visione alternativa del mondo.
Nel 2024, il gruppo si è allargato includendo Iran, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Etiopia.
Un messaggio chiarissimo: il mondo non è più disposto a subire l’egemonia del dollaro, né a giocare secondo regole decise a Washington o Bruxelles.
I BRICS parlano di:
– sovranità economica
– riforma delle istituzioni globali
– uso di valute locali per gli scambi
– modelli di sviluppo alternativi
E in tutto questo, la Cina si muove con una lucidità millenaria.
Non è un caso che il libro più influente sulla strategia politico-militare ed economica sia proprio cinese:
“L’Arte della Guerra” di Sun Tzu, scritto oltre 3.000 anni fa, resta ancora oggi un manuale per capire come Pechino affronta ogni sfida: con pazienza, visione e calcolo.
Non è più solo una sfida commerciale. È una sfida al sistema.
E l’Europa?
Rischia di restare schiacciata tra due colossi: gli Stati Uniti da una parte, e un nuovo asse economico-politico dall’altra.
🔹 Dazi 2.0: dalla protezione all’arma geopolitica
I dazi non servono più solo a proteggere le imprese locali.
Oggi sono usati per colpire settori strategici del nemico, bloccare filiere globali, rallentare lo sviluppo tecnologico di potenze concorrenti.
Gli Stati Uniti lo hanno fatto con la Cina:
– Dazi su acciaio e alluminio
– Restrizioni sulle auto elettriche e sulle batterie
– Tagli alle forniture di chip avanzati e accesso alle tecnologie AI
L’Europa segue, spesso per riflesso atlantico, più che per strategia autonoma.
E nel frattempo, la Cina risponde con accordi bilaterali, investimenti in Africa e America Latina, e partnership nei BRICS.
Questa non è più economia.
È geopolitica con altri mezzi.
E la globalizzazione che conoscevamo?
Sta diventando un campo minato dove ogni scelta commerciale ha un significato politico.
🔹 Il futuro è multipolare (e frammentato)
Per decenni ci siamo abituati a pensare a un mondo unificato, con un’unica direzione: quella dettata da Washington, Wall Street e Bruxelles.
Ma oggi quella narrazione non regge più.
Il mondo sta diventando multipolare:
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Un blocco occidentale, guidato da USA e NATO
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Un blocco emergente, sempre più coeso attorno ai BRICS+
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E una fascia “non allineata” che fluttua tra interessi, forniture energetiche e promesse di sviluppo
La frammentazione si riflette ovunque:
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Nei sistemi di pagamento (SWIFT vs alternative cinesi e russe)
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Nelle piattaforme tecnologiche (Google/Apple vs Huawei/Baidu)
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Nelle rotte commerciali (Suez? No, meglio la Via della Seta)
E mentre il mondo si polarizza, le istituzioni nate nel dopoguerra — FMI, Banca Mondiale, WTO — appaiono logore, lente, fuori dal tempo.
Il multipolarismo non è una teoria.
È già la realtà — e i dazi sono solo il sintomo più visibile di questa transizione.
🔹 E l’Europa? Italia compresa, rischia di restare alla finestra
In questo scenario in rapido movimento, l’Europa appare incerta, divisa tra l’alleanza atlantica e il bisogno di autonomia strategica.
Si parla di “sovranità europea”, ma intanto le decisioni fondamentali — dalla difesa alla tecnologia — vengono prese altrove.
La Germania guarda a Est con interesse, la Francia coltiva ambizioni da potenza autonoma, mentre l’Italia?
Oscilla.
Tra vincoli esterni, politiche industriali deboli e un sistema diplomatico poco incisivo.
Eppure l’Italia potrebbe giocare un ruolo.
Ha competenze, una posizione geografica centrale, legami storici con il Mediterraneo e un sistema manifatturiero che — se orientato bene — potrebbe inserirsi sia nei corridoi occidentali che in quelli emergenti.
Ma serve visione.
Serve capire che restare spettatori di una guerra di dazi e blocchi non ci salverà.
Serve smettere di inseguire e iniziare a costruire ponti, anche fuori dai tradizionali binari euroatlantici.
🔹 17 aprile: occasione o sottomissione?
Il prossimo 17 aprile, il Primo Ministro italiano volerà negli Stati Uniti per incontrare Donald Trump.
Un incontro che arriva in un momento simbolico: proprio mentre il mondo si ridefinisce, blocco dopo blocco, alleanza dopo alleanza.
Sarà un gesto di protocollo, o un’occasione per ridefinire il posizionamento internazionale dell’Italia?
Perché oggi, più che mai, le scelte di politica estera non sono solo simboliche: sono economia, tecnologia, lavoro e futuro.
L’Italia non può più limitarsi a firmare patti e sorridere nelle foto ufficiali.
Deve decidere se restare appendice strategica di potenze più grandi, o diventare ponte geopolitico tra i mondi che emergono.
Il tempo della neutralità comoda è finito.
Nel mondo dei dazi, dei BRICS e delle nuove egemonie, non decidere è già una forma di schieramento.
Riccardo Cacelli
r.cacelli@uam-vertiports.com