E’ divenuto il caso nazionale, quello che vede per protagonista una donna (ero tentato a chiamarla ragazza, come se il tempo si fosse cristallizzato attorno al fatto riconducibile a 17 anni, quando con la macchina lei era andata a scontrarsi contro un muretto e rimanendo in coma vegetativo da allora a oggi), Eluana Englaro; da ieri trasferita all’ospedale di Udine, dove andrà sicuramente incontro alla morte tra qualche giorno. Un caso perché tutta Italia ne parla e ne ha parlato, a cominciare dalle massime autorità dello Stato e della Chiesa, compreso lo stesso Pontefice. Tutti si sono sentiti in obbligo di dire la loro su questo caso umano davvero incredibile.
C’è la tesi moralista e cristiana (che non vuole abbandonarsi alla morte, ma che chiama alla vita, anche se vegetativa. Come non sentirsi chiamati direttamente in causa dopo aver letto le affermazioni della madre che, sul letto d’agonia della figlia, continuava a portarle lo yogurt e il caffè che piacevano tanto a Eluana e a cambiarle la maglietta in occasione dell’alternarsi delle stagioni?). C’è il punto di vista etico: la vita è un bene che ci viene dato e che non va interrotto per volontà dell’uomo senza, per questo, commettere un reato. Esiste l’aspetto giuridico. Ma il vuoto sta proprio in questa direzione.
Anche se il governo, intuendo la mancanza di una legislazione specifica, sta marciando nelle prossime ore a tappe forzate verso l’approvazione di un decreto che disciplini in qualche maniera la delicata questione. Quando, ci sono così tanti soggetti coinvolti attorno allo stesso fatto, è difficile prendere una decisione che sia condivisa, perché tutti, ragionando dai loro rispettivi punti di vista, hanno ragione. Difficile arrivare a una soluzione patecipata, in modo tale che tutti si debbano sentire soddisfatti del risultato, senza avere dentro di sé la convinzione che, nel cammino che ha portato alla conclusione del caso, si abbia lasciato qualcosa cui ci si teneva tanto.
Mi fa pensare, invece, quanto ha rilasciato alla stampa il padre di Eluana: il quale ha detto, press’a poco, che le persone vengano prima a vedere come stanno realmente le cose, e poi parlare. Eluana ha cessato di essere persona cogente al momento del suo impatto contro il muro; il resto è stato un mantenimento del corpo in vita attraverso le macchine (e chissà se si sarebbero raggiunti gli stessi risultati, solo se l’incidente si fosse verificato qualche cinquantennio prima). Ma al di là delle conclusioni (per altro ovvie che si possono trovare – significativa la circostanza che su “Face – book” l’agomento abbia avuto, nelle ultime ore, più di ottomila interventi) il caso di Eluana ci dovrebbe portare a riflettere sulla morte, questo incredibile mistero che accompagna (e accompagnerà) il genere umano. E indurci a meditare sulle molteplici forme che essa assume (e assumerà) per ogni individuo che ha in sorte di calcare i piedi su questa Terra.