Analizziamo oggi alcuni aspetti della crisi con statistiche realizzate da vari centri studi.
Partiamo dall’ultima indagine condotta dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre che ha elaborato i dati relativi ai prestiti erogati dagli istituti di credito, mese per mese, alle aziende e alle famiglie tra il 2007 e il 2008. Ed è il dato che risale a novembre dello scorso anno (ultimo disponibile) è quello più significativo per raccontare la stretta sul credito alle imprese. A cominciare dalle realtà produttive maggiori. A novembre 2008 la crescita di prestiti erogati dalle banche è stata del + 7 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, contro il +11,1 per cento di settembre rispetto allo stesso mese del 2007 e del +13 per cento rilevato in febbraio rispetto a 12 mesi prima.
E più le realtà produttive sono piccole più le percentuali di crescita dei prestiti dal 2007 al 2008 diminuiscono.
Così accade che per le aziende che contano dai 5 ai 20 addetti la variazione di prestiti del mese di febbraio 2008 rispetto a febbraio 2007 è stata del 7 per cento mentre a settembre è scesa a quota 6 e a novembre addirittura al 2, 5 per cento.
Ma la situazione di “crisi” diventa ancor più visibile con le microimprese (ovvero con quelle che contano meno di 5 addetti). A novembre 2008 infatti gli esperti della CGIA di Mestre hanno rilevato una contrazione dei prestiti erogati alle aziende di minore entità pari a – 1, 3 per cento. Questo il decremento registrato rispetto allo stesso mese del 2007. Una situazione piuttosto sconfortante per i piccoli capitani d’azienda che si prospettava già a metà del 2008 quando le percentuali di crescita si aggiravano intorno al 2, 6 per cento nel mese di giugno e che in agosto erano già scese all’1, 9 per cento. Ancor peggio sono andate le cose per le microimprese del Sud.
“Una stretta creditizia – dichiara Giuseppe Bortolussi della CGIA – che speriamo termini con l’avvento dei Tremonti bond. Tuttavia, va ricordato che non tutte le banche si sono comportate allo stesso modo. Quelle più radicate sul territorio non hanno mancato di dare un prezioso aiuto alle piccole imprese. Tuttavia, nel 2008 le banche hanno praticato mediamente lo 0,6% di interessi sui depositi e il 12% sui prestiti a fronte di un aumento della raccolta dei risparmi degli italiani pari all’8%. Un comportamento obbiettivamente inaccettabile.”
Anche settori chiave dell’economia segnano rosso. Secondo il Centro studi Unioncamere, nell’ultimo trimestre 2008 alberghi e ristoranti, mense e bar hanno visto calare il fatturato rispettivamente del 5,7% e del 6,3%. Il trimestre si chiude in rosso anche per trasporto merci e logistica (-4,9%), intermediazione finanziaria, assicurazioni e immobiliare (-2,7%), servizi avanzati (-2,3%).
Ed i protesti?
Sempre secondo il centro studi di unioncamere sono aumentati di poco assegni e cambiali “cabriolet” in circolazione nel 2008 (meno dell’1% rispetto all’anno precedente) ma, poiché il loro valore medio è fortemente aumentato (quasi l’11% nei passati dodici mesi tra assegni, cambiali e tratte), il monte dei “pagherò” non onorati ha superato complessivamente il tetto dei 4,1 miliardi di euro, pari ad un incremento dell’11,7% rispetto al 2007.
Nonostante la forte riduzione nel numero (-7,2%), gli assegni scoperti hanno fatto registrare una crescita del 9% in valore complessivo e del 17,4% nei valori medi. Indicatori tutti in aumento, invece, per le cambiali a vuoto cresciute sia nel numero (+5,7%), sia nel valore medio (+10,1%), con il risultato che il monte dei “pagherò” non onorati è aumentato del 16,3%.
Infine, in forte aumento anche le tratte non incassate, strumento residuale ma ancora in uso nel mondo degli affari, cresciuto del 16,6%. Un aumento che, considerando l’incremento del 13% nel loro valore medio, si è tradotto in una crescita a fine anno del 31,8% dell’importo totale dello scoperto per questa tipologia.
Ecco lo scenario fotografato da importanti centri studi.
Che la politica si muovi, che si muovi, sopratutto, chi ha le leve del denaro in mano: le banche.
Che si inizia a finanziare le imprese in funzione dei business plan e non dal numero di fabbricati posseduti o per un bilancio (gonfiato) presentato.
Che si ritorni a fare, ognuno il suo ruolo, al meglio. E poi la crisi finirà.