A sentire le accuse che le sono state rivolte, c’è davvero da preoccuparsi. Ma soprattutto stando agli ultimi aggiornamenti che vedrebbero lei a un passo dalla forca, la nostra preoccupazione (nostra, cioè di persone che vivono nel Terzo Millennio e nel nord del Pianeta) aumenta considerevolmente. Mi riferisco alla giornalista irano-americana Roxana Saberi, che attualmente si trova in carcere dal 31 gennaio scorso a Teheran. L’accusa è di spionaggio e tale è stata processata. La Corte rivoluzionaria, riconoscendo l’impianto dell’accusa, ha emesso la sentenza che consiste nella condanna a otto anni di reclusione, secondo quanto reso noto oggi dal suo avvocato. E’ vero che la Saberi potrà presentare appello contro la sentenza, ma l’inasprimento della condanna è davvero dietro l’angolo; inasprimento che potrebbe tradursi in qualcosa di assai più grave, se, nel frattempo, intervengono altri fatti nuovi. Come tutto lascerebbe presupporre nelle ultime 24h, con il pronunciamento di una condanna a morte. E’ logico che una sentenza di questa portata avrebbe ripercussioni in tutto il mondo unanimi, almeno tra quelle persone, come noi in Italia, che si battono e si batteranno per la cancellazione dal codice penale della condanna a morte. Al di là del fatto che noi occidentali non abbiamo gli strumenti per giudicare esattamente come stanno le cose,ma spinti dal sentimento della solidarietà umana che scatta al momento in cui sappiamo che un essere vivente è fatto oggetto della violenza altrui, resta la circostanza in sé e per sé assai grave, come pronunciamento di una Corte di Giustizia. Spia, dunque Roxana Saberi. Ciò significa che la giornalista avrebbe “tradito” il proprio Paese, per mettere a conoscenza un’altra potenza (gli Usa) di segreti militari e strategici. Roxana ( 31 anni), è vero, è nata negli Usa da padre iraniano e madre giapponese, ma da sei anni risiede in Iran con un passaporto iraniano. Teheran la considera quindi cittadina iraniana, non le riconosce la cittadinanza americana e ha finora ignorato un appello per il suo rilascio giunto dalla segretaria di Stato americana Hillary Clinton. Nella Repubblica islamica la Saberi ha lavorato come free-lance per la National Public Radio, la Bbc e Fox News. Ma le autorità iraniane hanno detto che da due anni le era stato revocato l’accredito di giornalista, e quindi non era più autorizzata a svolgere questa attività. Detto in questi termini, la questione pare che si posti più sul piano dei rapporti internazionali fra due Stati che invece sul caso singolo. Sembra che i giudici abbiano preso a pretesto il caso “Roxana”, per ricordare al mondo come considerano gli Usa e quali relazioni si aspettano di avere con questi. Naturalmente siamo tutti ansiosi nel vedere come la situazione si evolve nelle prossime ore.
Anche se abbiamo ragione di ritenere che la distensione non sia dietro l’angolo, per un altro episodio che è successo ancora nel mondo islamico. Questa volta lo scenario è New Delhi . Ed è ancora la comunicazione o l’informazione a farla da regina. C’è un video diffuso da talebani pachistani in cui sono state girate alcune scene relative a una condanna a morte di un uomo e di una donna. La loro colpo è stata quella di aver avuto una relazione fuori del matrimonio. Il video è stato fato pervenire alla televisione pachistana Dawn, che ha provveduto a farlo conoscere al mondo; è il video dell’esecuzione dei talebani. In pratica si vede (così leggo dalle agenzie, ma il sottoscritto non prova nessun genere di curiosità di esaminarlo) l’uomo e la donna, che, in presenza dei loro parenti, cadono sotto la raffica di proiettili. E si sentono pure le urla d’incitamento dei presenti. E’ l’orrore che è successo nel distretto di Handu.
E chiudo questo commento settimanale guardando, come aurora benaugurante, all’incontro che c’è stato fra Hugo Chávez e Barack Obama, il disgelo che finalmente si sta verificando fra la Casa Bianca e l‘America Latina. «Voglio esserle amico», è stata la frase che il leader venezuelano avrebbe detto a Obama, non smentita dalla Casa Bianca. «È stato un buon momento, ci siamo stretti la mano come due gentiluomini. Penso che il presidente Obama sia un uomo intelligente, diverso dal predecessore», ha poi commentato Chávez. E questo farebbe pensare che si schiuderebbe per la prima volta un nuovo ciclo nei rapporti fra Usa e Cuba.