Quali decisioni sono state assunte dall’Italia dopo il G8 sull’ambiente che si è tenuto a Siracusa? Quale eco abbiamo sentito o letto sui mass media? Poco o punto. Ma a qualcosa è servito il G8: ci ha ribadito, qualora ne avessimo avuto bisogno, quali sono gli intendimenti del nostro governo su un tema che dovrebbe essere piazzato ai primissimi posti nelle agende degli Stati del Pianeta. Appunto, in quelle del Mondo, non nelle italiane. Abbiamo assistito, invece, a un’impostazione scettica e a una naturale propensione a strumentalizzare o (peggio) a annullare, diminuire la portata dello stesso tema. Ecco l’approccio italiano. E questo succede quando gli altri Stati stanno destinando risorse alla ricerca e s’impegnano nelle cosiddette energie rinnovabili. Il nostro esecutivo chiede, invece, la revisione degli accordi internazionali. “Molti governi – scrive Marzio Galeotti – hanno improntato, almeno in parte, i loro pacchetti di stimolo fiscale all’ecosostenibilità. Un po’ a sorpresa, a guidare la classifica dei paesi “virtuosi” contenuta in uno studio di Hsbc, è la Corea del Sud, con l’81 per cento del valore dell’intero pacchetto, seguita dall’Unione europea con il 59 per cento e, significativamente, dalla Cina con il 38 per cento. È appena il caso di osservare che tra i paesi più sviluppati, quelli del G7, gli ultimi della classe sono il Giappone con il 2,6 per cento e il nostro paese che destina solo l’1,3 per cento del proprio pacchetto di misure. Lo scorso 16 aprile Europarlamento e presidenza dell’Unione Europea hanno deciso che i fondi del Piano per la ripresa economica non utilizzati alla fine del 2010 potranno essere impiegati per finanziarie progetti relativi a infrastrutture per gas ed elettricità, energia eolica off-shore e cattura e sequestro del carbonio (Ccs)”.
E in Italia? Quando tutti al mondo sembrano aver preso coscienza della gravità del problema, ecco il Senato della Repubblica approva a maggioranza una mozione in cui si sostiene che “non può essere data per scontata la responsabilità dell’uomo sul riscaldamento globale”. Non solo. Ma anche che “le forme di incentivazione delle energie rinnovabili decise da paesi come Cina e Stati Uniti, Francia e Giappone, sono eccessive e affrettate”. Ma c’è di più. Sul documento approvato dai senatori si afferma che una parte consistente e crescente di studiosi non crede che la relazione tra un “peraltro modesto riscaldamento dell’atmosfera” sia da attribuire “prioritariamente ed esclusivamente” alla CO2, che non sia “affatto chiarita” la dipendenza della temperatura dalla concentrazione di anidride carbonica, che i “conseguenti danni all’ambiente, all’economia e all’incolumità degli abitanti del pianeta sarebbero inferiori a quelli previsti nel Rapporto Stern e addirittura al contrario maggiori potrebbero essere i benefici”, per concludere come sia inutile avviare “un costosissimo e probabilmente velleitario sforzo di mitigazione” del riscaldamento globale in atto. C’è di che sbalordire.
Se abbiamo questa sensibilità in fatto di clima, potremo indirizzarci, allora, su una proposta assai più concreta, surrogata dall’onda degli ultimi avvenimenti occorsi in Abruzzo. Che la Penisola sia sottoposta a “calamità naturali” (dissesti idrogeologici, eruzioni vulcaniche, terremoti e così via) è un dato assodato e conclamato. Solo quando ci troviamo davanti a eventi di questa portata, apprendiamo che lo stato ha stanziato la cifra tale per risarcire le persone dei danni (materiali) subiti. Perché allora non pensare a un’assicurazione sulla casa che possa compensare chi ci abita dei danneggiamenti subiti?
“Già nel 1995 la Commissione tecnica per la spesa pubblica – dice Donatella Porrini, collaboratrice di Lavoce.info – raccomandava che venisse sviluppato un sistema di copertura assicurativa. Poi la Finanziaria per il 2005, varata dal ministro Domenico Siniscalco, aveva previsto una sorta di “Rc casa” per riparare i danni provocati da calamità naturali: in pratica, all’assicurazione contro l’incendio dell’abitazione avrebbe dovuto essere abbinata anche un’assicurazione contro terremoti, maremoti, frane, alluvioni e fenomeni vulcanici. Entrambe le proposte prevedevano un sistema su base sostanzialmente volontaria”. Ma il privato ha fatto fatica a “capire” la portata del fatto: è, a questo punto,che sarebbe opportuno u intervento legislativo che “invogliasse” le compagnie di assicurazione a stipulare questi contratti e i cittadini a investire in questo campo.
Home RUBRICHE L'EDITORIALE di Luigi Cignoni Se l’Italia non pensa al clima, perché non ha assicurazione contro calamità?