Mi pare che ci si possa leggere, nella consegna del Nobel per la Pace al presidente Barack Obama (neppure otto mesi alla conduzione di una superpotenza mondiale come gli Usa), un segno premonitore. Un segno di speranza. Di pace. Una profezia, come si direbbe usando un frasario non piĂą al passo con i tempi ma che pur tuttavia esiste. Profetico, per una serie di considerazioni che andremo a svolgere e a chiarificare.
Contrariamente a quello che era accaduto finora, i giurati di Oslo non hanno premiato un’azione specifica di Obama che è stata pensata e messa in essere per l’ottenimento dell’obiettivo della pace nel Mondo, ma in funzione di quello che potrà essere la carriera di presidente degli Usa nei prossimi anni. E’ fuori dubbio infatti che l’elezione del primo afro-americano è un evento storico in quanto non era mai successo prima. Ma non solo. Cambiati anche i rapporti della superpotenza con il resto del mondo e soprattutto nei confronti di quelle parti in cui la guerra è un accidente quotidiano. L’unanimità dei giurati penso che sia stata raggiunta per questo motivo. Ma non è il solo. Per quei discorsi, per le sue dichiarazioni rilasciate alla stampa il suo impegno va nel senso di essere davvero un propugnatore della pace, a cominciare dalla terra così tanto dilaniata da guerre civili dell’Iran e dall’Afganistan. Tutti gli americani sono convinti che si andrà nella direzione di una “graduale” disimpegno da queste zone calde, anche se il presidente neo Premio Nobel per la Pace ha detto che i soldati americani sono laggiù non per una decisione assunta dal Congresso, né dalla Casa Bianca, bensì dal Palazzo di Vetro a New York. E’ l’Onu che ha richiesto l’utilizzo dell’esercito per porre fine alle guerre e al terrorismo internazionale.
Ma qualcosa davvero di sostanziale sta cambiando nello scenario mondiale dai discorsi di Obama; qualcosa che in un certo senso si era avvertito all’epoca di J.F: Kenndy quando entrò nella casa Bianca. Credo che questo sia entrato nelle valutazioni dei giurati. Come pure una forte connotazione è quella rappresentata dalla nazione che egli rappresenta. Chissà se Obana fosse stato eletto in qualche altra parte del pianeta se la sua elezioni avesse portato le stesse considerazioni e conclusioni. Un  Barack Obama presidente delle Isole Figi nel bel mezzo dell’oceano Pacifico non avrebbe suscitato tutto questo clamore e attenzione. Come invece è stata la sua proclamazione e insediamento a Washington. Una “incoronazione” più per quello che ha fatto, per quello che andrà a fare nei prossimi anni. Una cambiale che è stato bene firmare in bianco, per gli sviluppi che essa avrà in futuro.
Ma vi immaginate che peso “politico” da questo momento Obama avrà ogni volta che si presenta in qualsiasi altro stato al mondo? Un peso, ha scritto Barbara Spinelli sulla Stampa di ieri, che alla fine dei conti conterà . Sarà anche un programma (almeno spero) perché da oggi non si presenterà soltanto come a capo della superpotenza Usa, ma avrà anche il crisma di uomo di pace con cui i giurati gli hanno toccato la fronte. Difficile (per non dire impossibile)  far finta di niente.
In conclusione anche con questa segnalazione, i giurati sono riusciti a “meravigliare” e “stupire” il mondo,come è avvenuto con l’assegnazione del Nobel alla Letteratura a Herta Muller, quando le previsioni andavano in tutt’altre direzione. Stupire il mondo: e così è avvenuto, puntualmente.