Una guerra tipica di agenti segreti; dove tutto, anche le cose più turpi e abiette possono succedere purché, i mandanti, quelli importanti, quelli che si offrono in doppio petto davanti alle televisioni non devono essere tirati in ballo. Altrimenti? C’è l’eliminazione fisica e, quando essa non è sufficiente, c’è l’abbandono più totale dell’individuo al suo destino: il disinteressamento più completo, dando quasi l’impressione che il soggetto, forse mentecatto?, ha agito per conto suo. Una guerra di spie, ecco cosa sembra l’affaire in cui è piombato ancora il nostro Paese, secondo quanto pubblica il prestigioso Times londinese. Secondo la storica testata anglosassone, il governo italiano avrebbe versato (i fatti risalgono al 2008) una “tangente” ai talebani in Afghanistan per non avere incontri a fuoco sul territorio che avrebbe dovuto controllare, secondo direttive Onu, il contingente italiano. Le armi non sarebbero dovute tuonare in quel settore (cioè sia nella regione di Sarobi, sia a Herat) che era stato affidato agli Italiani. Insomma, l’Italia avrebbe pagato per non avere morti caduti in guerra. Immediate le reazioni del ministro La Russa che ha minacciato prontamente ricorsi alla magistratura, ma il Times non ha sentito storie e ha pubblicato una seconda e una terza volta le rivelazioni di alcuni “informatori” (anonimi funzionari afgani e presunti comandanti talebani) sulle ipotetiche mazzette offerte ai talebani. Aggiungendo però che quando la missione degli italiani si concluse, nessuno si preoccupò d’informare i Francesi (che sostituivano gli Italiani) della storia delle mazzette. Ragion per cui successivamente si addusse a questa “dimenticanza” l’uccisione di alcuni soldati transalpini. La misura che ha fatto traboccare il vaso. Al punto che il governo afghano oggi ha detto che l’inchiesta pubblicata dal quotidiano britannico Times sul presunto pagamento di denaro da parte dell’Italia ai talebani “danneggia il contributo” di Roma nella guerra al terrorismo. Di più. “Le notizie recentemente pubblicate sulle forze italiane che avrebbero pagato i talebani… danneggiano il contributo del governo italiano nella guerra al terrorismo in Afghanistan”, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri di Kabul. “Il ministero (…) ringrazia l’Italia per la sua cooperazione nella ricostruzione e nella lotta al terrorismo nel nostro paese, che continuerà”. Insomma sembrerebbe che sia tutta una montatura da agenti 007; i governi non c’entrano affatto. Ma quello che mi rende curioso è la considerazione che i nostri colleghi britannici che hanno inventato il giornalismo moderno non si siano dati premura di interpellare le parti direttamente in cause (il governo di Kabul e la Farnesina) per verificare la fondatezze delle notizie, prima che esse siano date in pasto alla gente, al lettore (che siamo noi). A nessuno è passato per l’anticamera del cervello (vista la delicatezza dell’argomento e la portata della notizia) la controverifica. Si è buttato così in pasto al tritacarne dell’informazione il nome dell’Italia che ha già pagato in vittime e in danni (materiali e morali) per aver risposto all’Onu e per aver inviato in questa parte del globo delle proprie truppe. Adesso si butta fango; oltre a quello che era stato gettato sopra. Secondo la filosofia che vuole un simile comportamento, quando si vede che il proprio avversario è alle corde e in difficoltà. I sudditi della corona britannica, però, hanno una memoria corta; non si ricordano più di quando fu proprio il loro governo che pagò il nemico per conquistare il distretto di Musa Qala (Helmand). A suon di sterline fu corrotto il leader talebano locale, mullah Abdul Salaam, poi nominato governatore del distretto tra le ire del governo afgano. ma non è finita qui. Come rivela Panorama che aggiunge: “i britannici riuscirono successivamente, in modo fantozziano, a coprire di sterline un certo Naqib, per scoprire poi che si trattava di un miliziano di basso rango e non del comandante talebano che portava lo stesso nome. Il presidente Hamid Karzai espulse l’anno scorso dall’Afghanistan due funzionari britannici che giravano in lungo e in largo la provincia di Helmand con valigette di denaro per comprare la non belligeranza dei capi jihadisti all’insaputa delle autorità di Kabul”. Ecco chi ha familiarità con le mazzette! Insomma una storiaccia di spie di quarto livello. E’ un gioco al quale non intendo partecipare: sono per natura un pacifista, educato da insegnanti che mettevano al primo posto il credo evangelico di un profeta che, umile tra gli umili, predicava l’amore tra i popoli e che il governo imperialistico più grande nel mondo antico non trovò di meglio che legarlo sopra a quattro legni e regalargli un’agonia lunga e terribile. Quindi faccio parte di quella schiera di persone che sono convinte che, se si deve portare la pace nel mondo, non è necessario far scendere dagli aerei i carri armati e guerrieri dotati di congegni all’avanguardia per uccidere gli altri. E ironia della sorte, proprio questi eserciti così superdotati, supertecnologici, non riescono a averla vinta su un nemico così subdolo,qual è il terrorismo, se da anni che siamo in Afghanistan, senza essere riusciti a prevalere. Ma torniamo al nostro ragionamento, per concluderlo. Siamo, allora, nel caso dovesse essere dimostrata fondata la tesi del Time, un Paese “magliaro”, disposto a scendere ai ricatti pur di aver salva la vita? Non ci posso credere. Considero e rispetto (anche se non condivido) l’impegno dei nostri soldati. Mi inchino davanti ai caduti abbracciati dal tricolore, anche se la mia coscienza mi grida dentro “pace, pace!”; ho la massima considerazione delle famiglie in lutto e mi sforzo anche di capire l’Onu, quando invia truppe per “normalizzare” le situazioni a rischio. Ma non posso accettare che si butti fango sulla mia Nazione. Questo proprio no, tanto più che nessuno è perfetto.
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