Quante volte ho scritto che la settimana che ci si para davanti sarà una settimana decisiva? Tante volte, al punto che mi viene quasi il sospetto che sto approfittando troppo della bontà del lettore. Ma al di là di questo, la settimana prossima sarà davvero importante nella misura in cui si celebra (l’anniversario cade il 4 novembre) il primo anno di reggenza a presidente della superpotenza Usa del primo afroamericano della storia di questo Paese a strisce, che si sia insediato alla Casa Bianca. Ma non solo. E, come ci ha abituato la deontologia del nostro antico mestiere, la ricorrenza non può che segnare un punto fermo e rappresenta anche la prima (vera) importante verifica di come Barack Obama ha condotto l’incarico. Ma ciò che anche mi stupisce (parlo da europeista) è il constatare che passato il periodo ‘innamoramento ci siano molti voce nel paese d’oltre oceano che si levano a protestare nei confronti della leadership del Presidente. Non credo che si posa dire che questi 361 giorni siano stati tutti vissuto registrando il consenso di 303 milioni e passa di abitanti. Oggi, come ci scrive il nostro collaborare da San Luis Obispo, Domenico Maceri, il problema che impegna maggiorante Obama è la sanità e del come viene gestita in questo grande Paese; in subordine ci sono le questioni relative all’Afghanistan e all’Iran e non in ultimo le strategie da adottare per favorire una politica a favore del clima.
Scrive sulla Stampa di oggi di Torino Barbara Spinelli: “C’è allarme, da qualche tempo, su Obama e il suo cambiamento. Aumentano gli scontenti, specie nella sua base. Crescono campagne d’odio, in un partito repubblicano divenuto semi-fascista. Si moltiplicano le accuse di scarsa fermezza, sveltezza. Il cambiamento promesso il giorno dell’elezione, il 4 novembre 2008, ancora non si vede del tutto. Spesso pare smentito: su sicurezza e libertà, il Presidente è sospettato di proseguire, intimidito, alcuni costumi di Bush. Ciascuna di queste accuse ha una sua ragion d’essere. Ma tutte sembrano come cieche, incapaci di vedere la profondità della crisi americana e la tenace volontà con cui il Presidente l’affronta, non schivando pericoli e ostacoli ma andando ogni volta lì dove le loro radici sono più potenti, per studiarle e smontarle”.
Non mancano né le forze né la tenacia al giovane presidente americano per dimostrare che la strada che ha intrapreso per un futuro migliore del suo Paese e di riflesso per il mondo è quella giusta perché va nella direzione di pensare per il bene della gente. Non per nulla, infatti, i giurati di Stoccolma gli hanno attribuito, quest’anno, il Premio Nobel della Pace: segno di speranza, ben augurale per i prossimi anni dato che era anche presto per giudicare il suo mandato.
Venendo, invece, in casa nostra mi viene fato di pensare a Pier Luigi Bersani, nuovo presidente del Partito Democratico. Proprio domenica scorsa tre milioni di cittadini lo hanno votato alle “primarie”, dandogli la delega “popolare” di essere il segretario del Pd. Ha vinto Bersani con una maggioranza superiore al 50 per cento, quando le previsioni erano assai più ridotte: con Dario Franceschini, il vero sconfitto, e Ignazio Marino che non è andato oltre al 14 per cento. Gli auguriamo buon lavoro perché se è vero che deve riuscire a cucire insieme le forze di sinistra e cercare di trasbordarle in posizioni di centro-sinistra anziché sul fronte estremo, è anche vero che dovrà impegnarsi in una sorta di “moralizzazione” della nostra politica interna.
Alludo alla storia di Marrazzo. Scrive Beppe Del Colle su “Famiglia Cristiana” di oggi: “L’utilizzo di prestazioni sessuali professionali di prostitute a caro prezzo, da parte di persone che rappresentano le istituzioni ai livelli più alti, incontrano nei cittadini un netto e giusto rifiuto. Nessuno ha diritto, a quei livelli, a nascondersi dietro la tutela della privacy”. E poco più sotto aggiunge, concludendo: “In quest’ultimo episodio sono coinvolti, con il reato di estorsione, quattro carabinieri, venuti in possesso di un filmato che accusa Marrazzo: un’autentica vergogna. Essi hanno offerto quel filmato a giornali di proprietà berlusconiana, che non l’hanno accettato, ma i cui direttori hanno informato il premier. Questi ha telefonato al presidente del Lazio per avvertirlo e promettergli il disinteresse di quelle testate per il suo caso, perché «quelle violazioni della privacy mi fanno orrore»”. La moralizzazione della politica è diventato, oggi, un problema importante per dare credibilità ai cittadini delle Istituzioni e dell’apparato dello Stato nel suo complesso. Su questo fronte, auguro davvero a Bersani un buon lavoro.
Ma vorrei chiudere queste mie note con una notizia che mi ha fato piacere. Per la prima volta si verifica uno storico sorpasso dello spumante Made in Italy sullo champagne francese negli Stati Uniti d’America dove le bottiglie di bollicine nazionali esportate sono risultate addirittura il 30 per cento in più di quelle dei cugini d’oltralpe. Lo dichiara la Coldiretti e sottolinea che si tratta dell’effetto congiunto dell’aumento negli States delle spedizioni in quantità dello spumante italiano (+9 per cento) e del drastico crollo di quelle francesi che sono diminuite del 27 per cento nei primi otto mesi del 2009 secondo Iwfi. Allora, prosit a tutti.