L’EDITORIALE di Luigi Cignoni
L’idea più condivisa della settimana l’ha avuta il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli. Il quale, in un clima di crisi così generalizzato e globalizzato, ha lanciato una proposta “populista” quanto si vuole, eppure efficace. Il ministro, né più né meno non avrebbe detto altro che esprimere il seguente concetto: se dobbiamo stringere la cinghia, facciamolo tutti, compresi anche gli “intoccabili”.
E’ chiaro che la massa e il popolino abbia cominciato a osannarlo; è evidente che rapisce il nostro consenso, anche se adesso lo attendiamo al passo fatidico rappresentato dal tradurre in atti concreti questa idea. Ma per ora merita la prima pagina. «Proporrò l’intervento sugli stipendi dei ministri e dei parlamentari, ma anche un ampio pacchetto, per fare in modo che la dieta, finalmente, la si faccia fare anche a tutti gli “alti papaveri” del pubblico, anche quelli del cosiddetto sottobosco, che fino ad oggi non mai stati toccati e sono stati considerati degli intoccabili». Ecco le parole che sono state battute dalle agenzie e che sono state riprese da tutti i media nazionali. Non c’è che dire, un bell’esempio che si darebbe alla nazione tutta, sì perché da quando si parla di crisi si è sempre più fatto strada l’opinione che a dover fare i conti con il borsellino sempre più vuoto e al verde di spiccioli siano gli stipendiati, gli statali e i pensionati.
E Calderoli così continua: «L’intervento di riduzione di almeno il 5% sullo stipendio dei ministri e dei parlamentari, che intendo proporre a breve, rappresenta un atto di giustizia», afferma nel comunicato il ministro leghista. «Ricordo, infatti – prosegue Calderoli -, che a gennaio con un decreto legge abbiamo tagliato pesantemente gli stipendi dei consiglieri regionali; un taglio già entrato in vigore in questa legislatura regionale appena iniziata, e che contestualmente abbiamo predisposto il taglio di 50mila poltrone negli enti locali. Proprio in quell’occasione – sottolinea Calderoli – mi ero impegnato con gli stessi enti locali, promettendo di fare un’analoga operazione di taglio anche a livello dello Stato e dei suoi organi; per questo – conclude il ministro della Semplificazione normativa – proporrò l’intervento sugli stipendi dei ministri e dei parlamentari, ma anche un ampio pacchetto, per fare in modo che la dieta, finalmente, la si faccia fare anche a tutti gli “alti papaveri” del pubblico, anche quelli del cosiddetto sottobosco, che fino ad oggi non mai stati toccati e sono stati considerati degli intoccabili». Parole chiare. Convincenti sulle quali si potrebbe ridire molto, ma nell’attuale contesto dell’economia del nostro Paese sono ben accolte e hanno il loro effetto. Non c’è alcun dubbio. Qualcuno resterà sempre critico di queste misure, soprattutto e persone direttamente coinvolte e interessate. Ma sta di fatto che quell’alone di scetticismo intorno al nostro Paese che respiravamo mesi fa non si registra più. Nessun economista inserisce più l’Italia nell’elenco delle nazioni a rischio economico; e questo è un bel passo in avanti. Ma non basta.
Ha scritto oggi sull’Avvenire Gianfranco Marcelli: “Da quanto finora è stato fatto trapelare si percepisce, comunque, l’intenzione complessiva di concentrare in buona misura la “stretta” nell’ambito del settore pubblico. Si punta a far slittare in avanti nel tempo spese ed erogazioni, a ridurre sprechi e a bloccare dinamiche di uscita automatiche, disboscando la giungla delle consulenze e coinvolgendo nei tagli anche il personale politico e gli alti livelli della burocrazia. Qualcuno certamente avanzerà ben comprensibili dubbi sull’opportunità, in un clima di domanda stagnante e di consumi sempre “al palo”, di colpire i redditi degli statali, col rischio di deprimere ulteriormente una crescita interna tuttora stentata. E si potrebbe eccepire, al di là dell’innegabile valenza simbolica e di equità, sull’efficacia di riduzioni agli “stipendi” di ministri e parlamentari, se non finalmente accompagnate da incisive sforbiciate alla pletora degli eletti in tutti gli ambiti territoriali (per altro previste da una recente legge, ma rinviata nel tempo quanto all’attuazione concreta). Ma il punto vero da chiarire è quale respiro”. Quindi oculatezza nella gestione delle spese, sì; ma essa non ha valore se si pensa a una strategia più ampia fatta di riforme del nostro sistema finanziario. Come per esempio perché ci deve essere sperequazioni fra lavoratori che prendono a stagione anche milioni di euro e chi invece solo mille e 200?