Ancora soldati italiani morti nella missione di pace in Afghanistan. Ancora funerali di Stato e famiglie distrutte dalla guerra. Ancora crolli nella già martoriata regione campana, ancora morti nel crollo di una villa ad Afragola, dove regna sovrana la libera iniziativa e dove, per costruire, non si aspettano i regolamentari permessi. Per fortuna (notizia unica positiva) una bambina si è salvata dalle macerie, anche se per liberarla i Vigili del Fuoco hanno dovuto impegnarsi per diverse ore. Ancora notizie che funestano questo inizio del mese di agosto, il mese canonico delle ferie per milioni di italiani che si riversano nella località vacanziere. E’ la settimana che ha visto il grande esodo dalle principali città italiane, un lungo serpentone diretto a sud, verso le spiagge della penisole o delle maggiori isole oppure in montagna.
Eppure, a livello politico, è stata una settimana decisiva per le sorti del governo con lo strappo che si è registrato tra Berlusconi e Fini. I giornali hanno titolati a grandi caratteri che il premier ha buttato fuori dal Pdl i finiani “ribelli”, ma non è che il capo di governo (da solo) abbia queste prerogative: esiste un organismo che decide il daffarsi e che è arrivato alle conclusioni che sono state riprese e trasmesse da tutte le fonti d’informazione.
Dunque il governo ha attraversato una grave crisi da quando è in sella e governa il Paese; ma quanti italiani hanno capito in che termini stava la contesa? Quanti hanno inteso che cosa era effettivamente in gioco e che doveva essere quanto meno rivisto e corretto?
Si sa che in ballo c’è la questione del liberalismo: ma si conoscono i termini del contendere? E soprattutto perché divergenze così pronunciate non sono state disciolte prima, in sedi di partito dove dal confronto poteva nascere qualcosa di più concreto. In tutta questa vicenda si ha la sensazione che il popolo faccia la parte dello spettatore e assiste a questo duello tipico fra colui che sa molto padroneggiare e conosce gli onori della piazza dato che “controlla” le maggiori televisioni e colui il quale ha fatto una progressiva marcia verso una forma più partecipata e condivisa di partito, considerato che veniva dall’ala destra del Parlamento e che era stato in gioventù tra la Fiamma Tricolore. Scrive oggi La Stampa di Torino: “Si tratta di un politico che nel giro di un ventennio ha avuto una sorprendente evoluzione (o, se vogliamo, maturazione) che lo ha portato da nostrane posizioni nazional-fasciste a una prospettiva di destra europea liberale. Adesso coerentemente, in antagonismo al berlusconismo, sostiene il primato delle regole istituzionali. Non la loro strumentalità a favore degli obiettivi più o meno legittimi della maggioranza politica.” In fondo dobbiamo dare ragione ad “Avvenire” che ieri ha tuonato in uno dei suoi editoriali. Questa crisi è “soprattutto etica e la via d’uscita passa per l’educazione”. E così prosegue: “Di quell’etica, ovviamente, che non coincide necessariamente con la morale dei precetti, ma che consiste nell’insieme dei valori che orientano l’azione umana. E si tratta di una crisi che si esplica non tanto in una opposizione valoriale (una sorta di antietica), che avrebbe probabilmente maggiore spessore e sarebbe più facile da combattere, quanto piuttosto in una indifferenza e in uno scetticismo, difficili da contrastare, e che si sposano terribilmente bene con certo clima individualistico della molecolarità post-moderna.” La sensazione che se ne ricava è quella di essere ancora lontani dalla risoluzione della crisi, tutta italiana, di questa repubblica.