Delirio d’onnipotenza: siamo arrivati al capolinea

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Non fa più notizia, anche se noi lo abbiamo ripetiamo con sempre maggiore forza e sempre ritrovato vigore da queste colonne: la politica italiana (quella di cui maggiormente ci occupiamo in questo periodo) e quella in generale del mondo industrializzato e del moderno Ovest ha bisogno di un bagno di moralismo. Ma non inteso nel senso trito del termine, quando ci si danno dei comportamenti rigidi da tenere, dei codici linguistici da seguire, oppure di valori tradizionali confermati dal consesso civile da adottare scrupolosamente per poi consegnarli alle future generazioni. Se fosse soltanto questo, il discorso sarebbe oltremodo riduttivo e semplicistico: etico – morale nel senso che dobbiamo richiamare i valori delle nostre radici che usi, modi di pensare troppi stravaganti che si sono insinuanti della nostra società hanno messo nell’angolino. Ritrovarsi, facendo un bagno di umiltà, cominciando da noi stessi nel dire che occorre vedere nell’altro non il personaggio che ci dà maggiormente fastidio, il concorrente o l’antagonista nella nostra carriera professionale o, peggio forse, colui che aspira alla mano della nostra colei che ci fa tremare il cuore, ma la persona da conoscere, da rispettare e con cui occorre riportarci per trovare un compromesso di convivenza che sia improntato appunto al rispetto (non dico amore per evitare di essere frainteso) reciproco.

Rispetto dell’avversario. Ecco il punto da cui dover partire e da tenere presente. Oggi invece siamo puntualmente bombardati da scene che non hanno niente in comune con questo: spesso assistiamo a battibecchi infuocati, da parole offensive che vengono gridate in faccia alle telecamere come se più si goda e più che si alza l’ascolto. O peggio ancora quando ci accorgiamo che vanno propagandate alcune trasmissioni in cui quello che conta sono le capacità e le peculiarità del proprio corpo a farla da leone. Più bella che sei, più appariscente che sei e maggiori sono le probabilità d’inc0ntrare successo.

Infine c’è l’arma che viene spessissimo usato dagli arrampicatori sociali. Si cerca l’occasione per farsi pubblicità. Si cerca l’uomo pubblico, quello sul quale sono puntati gli occhi di mezzo mondo per avvicinarsi a lui e per vivere di luce riflessa, nella speranza che il mondo dorato dello spettacolo si apra ai nostri piedi. Così è successo con le sedicenti ballerine, con le escort avvicinate da questo o da quell’’altro uomo politico. Oppure s’inscena miserandi spettacoli come quello recentemente messo in opera a Barcellona con il passaggio del Papa per le strade cittadine mentre una folla di omosessuali si baciava a bella posta davanti al capo della chiesa romana in segno di provocazione.

L’impressione ch se ne ricava è quella che si sia passato l’ordine naturale delle cose; che si sia travalicato il buon gusto. Ma non con questo per dire che bisogna entrare in una fase di puritanesimo intellettuale prima che sociale, quanto per affermare che la strada che abbiamo intrapreso conduce in un senso da dove sarà molto difficile uscire, se prima non applichiamo quella forma di “conversione totale” del nostro modo di ragionare. Che l’Europa sia entrata in una specie di sentiero di non ritorno credo che sia sotto l’occhio di tutti. Che ci si trovi in uno sfrenato edonismo per cui i valori che attraggono maggiormente gli uomini allo stato attuale delle cose sono il successo, la riconoscenza dei propri pari che attutiscono con i loro sistemi i clamori e le critiche che sorgono dalla base, il denaro, il piacere. E’ opportuno ch quanto sta accadendo debba finire quanto prima e che si torni a far politica interessandosi del bene comune e non invece di fare l’interesse del gruppo cui apparteniamo e che ci ha fatto vincere le elezioni. Da tempo diciamo da queste colone che la democrazia, così come si attua in Italia, è morta: è diventata cadavere. Il popolo non partecipa più, è chiamato solo a prendere atto di certe situazioni che invece sono generate in altre stanze. L’uomo della strada non segue più i sofismi dei politici per il semplice fatto che ogni uomo politico ha la sua verità da conclamare e da propagandare. Mai che si prenda atto del fallimento di un’idea; la colpa è sempre altrove, come sentiamo puntualmente ripetere alla televisione di fronte ai gravi dissesti geologici della costa tirrenica,  dei rifiuti lasciati a marcire a Napoli, oppure dal crollo della Casa dei Gladiatori a Pompei. Casa dei Gladiatori, cioè di soldati che per denaro si scontravano duellando nelle arene pubbliche con la possibilità anche di finire uccisi. Una Casa interessante, certo –non lo metto in dubbio- ma che non ha a che fare con la bellezza e l’eccellenza, faccio per dire, della Domus Aurea di neroniana memoria che è stata ripetutamente saccheggiata e dilaniata sia dai barbari sia dagli stessi romani. Certo, piangiamo sulle rovine del reperto archeologico oggi trasformato in un mucchio di macerie, ma piangiamo anche contro l’eccesso di protagonismo, dell’edonismo, dell’imperialismo del proprio ego elevato a potenza, dell’onnipotenza del potere che oscura la ragione e ci fa commettere atti che in altre situazioni ci saremmo vergognati.

Torniamo alla semplicità dei discorsi.., del confronti tra tesi e antitesi e ragioniamo tenendo presente che il nostro punto di riferimento è il popolo che sta alla finestra a guardarci e non la starletta di turno con cui, probabilmente, appena finito il discorso pubblico, ci apparteremmo nei nostri alloggi per darle notorietà e denaro, mentre il Paese piange.

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