1861 l’Unità d’Italia. Ma la questione meridionale è ancora irrisolta. Capire il Risorgimento per risolverla oggi

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IL PUNTO di Riccardo Cacelli

– Nel 2011 l’Unità d’Italia festeggia i suoi primi 150 anni.
La storia del risorgimento italiano, i suoi protagonisti, gli ideali di unità, di patria, che hanno riscaldato i cuori di tanti italiani è un momento che deve essere sempre ricordato, non solo nelle grandi ricorrenze, ma anche nelle ricorreze minori.
E’ uscito nelle librerie un libro che spiega il Risorgimento e non solo quello. Si tratta di “1861. La storia del Risorgimento che non c’è sui libri di storia” scritto da Giovanni Fasanella ed Antonella Grippo che illustra nei minimi dettaglio il risorgimento non conosciuto e forse quello vero e reale. Gli intrallazzi tra potenze europee e politici italiani. Ma spiega anche un’altra cosa: la questione meridionale.
I libri di storia che ci fanno studiare a scuola descrivono il periodo post 1861 come il periodo dei briganti senza approfondire l’argomento che porterebbe ad indignarsi su come il Regno di Sardegna ovvero il Regno d’Italia risolvette il problema meridionale.
Tanto che oggi non è ancora stato risolto.
Ecco i fatti.

Nel marzo 1861 il ministro dell’Interno, Marco Minghetti presentò un progetto di legge che prevedeva un notevole decentramento amministrativo.
Di fatto però il progetto Minghetti non superò l’esame delle commissioni parlamentari e venne ritirato “temporaneamente” dal Consiglio dei ministri il 9 maggio successivo. In realtà, le istanze dei Federalisti – che volevano un maggiore rispetto per le specificità locali – vennero completamente abbandonate e l’applicazione delle leggi del Regno di Sardegna venne estesa al resto d’Italia provocando il collasso del sistema economico meridionale e una crisi senza precedenti nel secolo che sfocerà nel corso forzoso della lira (1866). Il 6 giugno morì Cavour. A ottobre il nuovo presidente del consiglio Bettino Ricasoli infatti estese a tutta Italia l’ordinamento locale piemontese.

La politica del nuovo Regno d’Italia favorì la nascita di una disparità fra le due parti del paese, assente prima dell’Unità. Si cita ad esempio la tassa sull’emigrazione verso le Americhe, che colpiva gli emigranti meridionali, che sceglievano quella come principale destinazione. Gli introiti di questa tassa venivano poi usati per finanziare l’emigrazione verso l’Europa: quattro quinti delle persone che emigravano in Europa erano del Nord.

Nell’agosto 1861 venne inviato a Napoli il generale Enrico Cialdini, con poteri eccezionali per affrontare l’emergenza del brigantaggio.
Egli seppe rafforzare il partito sabaudo, arruolando militi del disciolto esercito meridionale di Garibaldi e perseguendo il clero e i nobili legittimisti.

In una seconda fase, comandò una dura repressione messa in atto attraverso un sistematico ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni contro interi centri abitati: fucilazioni sommarie e incendi di villaggi in cui si rifugiavano i briganti erano all’ordine del giorno, restano famigerati il cannoneggiamento di Mola di Gaeta del 17 febbraio 1861 (dopo l’unità italiana, dall’aggregazione del borgo con altri Comuni limitrofi nasce Formia), nonché gli eccidi di Casalduni e Pontelandolfo nell’agosto 1861.

Nell’agosto 1863 venne emanata la “famigerata” legge Pica. Tale legge, contraria a molte disposizioni costituzionali, colpiva non solo i presunti briganti, ma affidava ai tribunali militari anche i loro parenti e congiunti o semplici sospetti.

Secondo le stime di alcuni giornali stranieri che si affidavano alle informazioni “ufficiali” del nuovo Regno d’Italia, dal settembre del 1860 all’agosto del 1861 vi furono nell’ex Regno delle Due Sicilie:

8.964 fucilati,
10.604 feriti,
6.112 prigionieri,
64 sacerdoti uccisi,
22 frati uccisi,
60 ragazzi uccisi,
50 donne uccise,
13.529 arrestati,
918 case incendiate,
6 paesi dati a fuoco,
3.000 famiglie perquisite,
12 chiese saccheggiate,
1.428 comuni sollevati;
poiché ufficiali c’è da considerare che come tali queste cifre furono sicuramente sottostimate dal ministero della guerra, nonostante si riferissero ad un solo anno.

Credo che per risolvere oggi la questione meridionale dobbiamo partire da quei giorni.

Uno Stato che ripercorre la sua storia, che riconosce i suoi errori e le sue tragedie, è in gado di vedere e sperare nel futuro.
Ed è quello che auspico. Ma non credo che si farà niente per risolvere una volta per tutte la secolare questione meridionale.

Riccardo Cacelli

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