Di sicuro quello, che ha fatto pesare sulla bilancio del consenso dei lavoratori il piatto dove c’era il “Sì” (ha riscosso il 54 per cento dei consensi degli aventi diritto) è stata la paura di trovarsi dall’oggi al domani senza lavoro, in una società (come la nostra), che non ammette figure come quelle di disoccupato.. con la famiglia da mantenere, i figli da mandare a scuola, il mutuo da pagare e tutto il resto. La paura di non farcela, ma soprattutto la paura della perdita del posto di lavoro sono, quindi, di primaria importanza. Questo, secondo me, il dato più rilevante da sottolineare nel Referendum che si è appena concluso a Mirafiori di Torino, la fabbrica più importante (e anche la più storica del nostro apparato industriale) d’Italia. Di certo, ce ne sono altri. Come il consistente numero dei contrari (il ben 46 per cento) che è una bella fetta di lavoratori, con i quali è bene quanto prima aprire un confronto e ascoltare le loro richieste. Ma diciamo una volta per tutte: ha vinto il “Sì” in questa consultazione e non nascondiamoci dietro la “filosofia italiana” secondo cui a vincere.. sono stati un po’ tutti. La linea dura, di scontro della Fiom non ha raggiunto la maggioranza; se ne prenda atto e se ne tragga le dovute conclusioni. I tempi in cui si organizzavano scontri in fabbrica e si paventavano sigle che si sono lasciate dietro scie di sangue sono finiti: è il momento del confronto, è il momento di rivedere “vecchie” strategie di lotta che non trovano consenso: è opportuno trovare altre modalità secondo le quali sia possibile far valere le giuste ragioni del lavoratore che chiede in fondo un salario adeguato ai bisogni e alle esigenze della vita quotidiana e un lavoro dignitoso “non da sfruttato”, per non rendere ricco il padrone con il sudore della fronte della “povera gente”. Altre formulazioni teoriche. Altre espressioni linguistiche che facciano tesoro del passato ma che non siano riproposte al presente perché gli scenari sono incredibilmente mutati rispetto anche a una cinquantina di anni fa.
Lavoro, dunque: ecco la parola che si affaccia con maggiore insistenza in questi primi dieci anni del Terzo Millennio. E lavoro lo svolgevano anche le ragazze di via Olgettina a Milano, un quartiere frequentato da ragazze disponibili. Dicono che pagassero l’affitto in natura.. una storia di cui si sta occupando la magistratura e che ha coinvolti il direttore di Rete 4, Emilio Fede, e il presidente del consiglio Berlusconi; se non fosse stato coinvolto il rappresentante dell’esecutivo la storia non sarebbe stata “appetitosa” per i media nazionali e internazionali. E tutto questo avviene all’indomani del verdetto della Corte costituzionale sul lodo Alfano che ha fatto considerare al Quirinale la sentenza essere «equilibrata, ponderata e seria». Una bomba ad orologeria fatto esplodere ad arte? Difficile non vederci una consequenzialità e una “mossa forte” per il giocatore di scacchi.
E infine lavoro è il tema principale che ha fatto esplodere la rivoluzione in Tunisia che ha visto il rais Ben Ali rifugiarsi in Arabia Saudita e di conseguenza la rinuncia del premier Mohamed Ghannouchi ad assumere la carica di presidente. Un clima generale di rivoluzione scoppiata dall’eccessiva impennata dei prezzi sui beni di prima necessità. Questo a dimostrare quanto sia importante creare le condizioni di lavoro (che porta guadagno agli addetti) in ogni paesi del nostro martoriato Mediterraneo e non solo.