Cosa gridano i profughi che scendono dai barconi a Lampedusa? Cosa urlano ai microfoni di qualche cronista che è così temerario e sprezzante del pericolo da avventurarsi nei campi e intervistare qualcuno di questi disperati che non ci pensano su due volte ad affrontare miglia e miglia di mare, pur di lasciare le loro terre infangate dalla guerra civile di un dittatore che è lento a morire (in senso metaforico) e a lasciare il potere? Che parole sbocciano sulle labbra di questa gente?
Libertà. Via dalle coste dell’Africa e verso l’Europa per un sogno, per conoscere la Libertà. Per vivere da persone libere. Credo che questa sia la prima considerazione che debba essere tenuta presente in questo particolar frangente. Attratti dalla Libertà, e non dai soldi, dai facili guadagni (anche se questi potranno piazzarsi al secondo posto, nella graduatoria delle perferenze e delle spinte che hanno motivato l’esilio). Per questo sono assai comprensibili le reazioni cui abbiamo assistito di gruppi di profughi che hanno scavalcato i cancelli e gli sbarramenti di fili spinati della tendopoli di Manduria e a centinaia e centinaia sono usciti dal centro, imboccando la strada che porta ad Oria. Ne ha dato notizia stamane l’Avvenire, il quotidiano cattolico, puntualizzando che i migranti hanno sfondato 50 metri di recinzione della tendopoli, uscendo per strada e unendosi poi ai manifestanti. “Hanno bloccato la strada provinciale Manduria-Oria, continuando a gridare «Libertè».
La polizia, in tenuta antisommossa, ha lasciato passare i migranti per evitare ulteriori disordini. Nel pomeriggio un uomo aveva tentato di darsi fuoco”.
La stessa parola che sentivamo ripetere nei servizi televisivi dai gruppeti di profughi che erano rispediti in Italia dalle polizia di frontiera di Mentone. Da stare pure certi che quelle persone che erano state rinviate in Italia e non accolte in Francia avrebbero ritentato nuovamente di entrare in quel Paese, forse con l’aiuto della notte, se non addiritttura metendosi a camminare lungo i binari del treno con il rischio di essere investiti da qualche convoglio.
In questo desiderio di libertà avvertito dai maghrebini di sicuro l’Europa non ci sta facendo la sua brava figura. Ce lo sentiamo ripetere a più riprese, ma ne constatiamo anche gli effetti seguendo le notizie che ci giungono. Un corpo enorme, l’Europa, che mostra di essere molle di fronte a questo esodo che ha la misura epocale. L’Italia lasciata sola a contrastare il fenomeno e a provvedere nei limiti delle sue responsabilità e possibilità; ma una mano nessuno l’ha data all’Italia. Il governo si trova a agire in estrema difficoltà, dando l’impressione di avere il fiato grosso e di non riuscire a far fronte all’emergenza che nessuno aveva previsto. Ma troppi sono i casi, i vettori che devono esere presi in considerazione, prima di trovare la giusta soluzione del caso che accontenti tutti.
Leggiamo delle reazioni anche violente di taluni tunisini. Leggiamo delle proteste degli abitanti di Lampedusa che adesso non sono più i padroni della loro isola. Siamo informati dei gravi problemi sanitari e igienici che una simile massa di persone comporta; come ci rattristano le notizia di altre imbarcazioni che non sono riuscite ad arrivare sane e salve sull’Isola siciliana e sono state inghiottite dal mare. Le cronache ci parlano di bambini, di mamme e di dispersi. L’effetto umanitario che produce in noi non è di poco conto e già mi viene in mente quanto Padre Ernesto Balducci, in anni non sospetti, ebbe a dire in una delle sue numerose prolusioni, riguardo al nord Africa. “Nel terzo Millennio la guerra che si combatterà –disse- non riguarderà più i pozzi petroliferi, bensì le sorgenti di acqua dolce. Sarà l’acqua il bene di più diffuso consumo che regolerà i rapporti tra Nord e Sud del Pianeta. Sarà lei la mela da contendersi. Il pomo della discordia lanciato sul tavolo della Storia moderna. E non ci dovremo sorprendere, se assisteremo alla presa d’assalto di queste popolazioni che non buseranno più alle nostre porte, ma entreranno nelle nostre case con la violenza”. Pensavo a questo, quando vedevo la massa di profughi che si riversava sulle coste italiane. Adesso è un’orda che non ha né capo né coda e che reagisce solo così a spinte umorali. Pensate un attimo se questa gente si organizzasse; se usasse le armi che il nostro civilissimo paese le vende, cosa mai potrebbe succedere? Se con la forza imponesse la sua legge che non riconosce la proprità di diritto e che si prende solo quello di cui in questo specifico momento ha bisogno? Non è più il tempo di filosofeggiare, ma la situazione impone drastiche misure, che garantiscano la concordia, la pace e la solidarietà nella nostra società, che oramai (ma senza rimpianti) ha imboccato la strada della multi-etnicità.