Non smetterò di sbalordirmi per quanto sta succedendo nella Chiesa Cattolica Romana. Dai più si dice che essa sia conservatrice, che sta ferma attorno ai suoi principi secolari e che si schiera (per tradurre l’atteggiamento in chiave politica, anche se sono sicuro di fare una forzatura) con i partiti conservatori, quelli insomma contrari a qualsiasi forma di rinnovamento e di progresso. Eppure, non smetterò mai di stupirmi di fronte a quanto ho potuto vedere, insieme a miliardi di spettatori sparsi sul Pianeta, in occasione della beatificazione dell’ultimo successore di Pietro, quel Papa polacco che fece storcere la bocca a non pochi commentatori e che non era ben visto dall’oligarchia dominante. Giovanni Paolo II l’ha avuta ancora vinta lui, dopo che neppure sei anni fa, dalla piazza San Pietro, in occasione dei suoi funerali si levò l’urlo della folla che lo proclamava Santo subito, senza neppure ci fosse bisogno delle controprove e verifiche che in questa caso gli Uffici Vaticani proclamano e prevedono. Vennero da tutte le parti del mondo, per rendere omaggio alla salma del Papa “venuto da un paese lontano”, dal grande freddo, che entusiasmò i cuori soprattutto dei giovani. Così, con la cerimonia di Piazza San Pietro del Primo Maggio, mi son visto costretto a rivedere e correggere i miei punti di giudizio: aggiustare oltre misura, rapportandole a quanto stavo assistendo le definizioni precostituite sulla Chiesa Cattolica Romana. La quale non è mai uguale a se stessa. Soprattutto in questo periodo, nei primi anni del Terzo Millennio della Cristianità. Ci hanno abituato a considerare Santi le persone distanti da noi, vissute in altre epoche, comunque lontane dalla nostra. Il catechismo che abbiamo imparato sulle panche delle chiese di paese, dinanzi a una zelante suorina, dovrà necessariamente correggersi di fronte a quest’evento che è (senza esagerazione) storico.
E, riflettendo in questo modo, mi accorgo che negli ultimi sessantenni della storia della Chiesa, ben tre sono state le proclamazioni di beatificazione. Mi riferisco a tre pontefici e sono Pio X, Innocenzo XI e, insieme Pio IX e Giovanni XXIII (per cui sarebbe meglio considerarli quattro). Una novità storica, senza precedenti. Adesso si è andati più là con il papa polacco, è lo stesso predecessore di Giovanni Paolo II che l’ha proclamato beato di fronte alla cristianità plaudente. Ci vedo, in questo, una rottura degli schemi abituali, una ventata di estrema novità che mi fa sbandare nelle categorie di pensiero che nel frattempo mi ero costruito e che in base ad esse mi apprestavo a giudicare il mondo cattolico. Un colpo di vento che porta aria fresca, che rivoluziona gli antichi protocolli, come se lo stesso alito di Dio visitasse queste stanze e ne decidesse la forma di rinnovarle, per adattarle alle novità e dico anche alle esigenze del mondo. Pensavo a tutto questo, mentre scorrevano sulle schermo le immagini di Piazza San Pietro, mentre mi convincevo sempre di più della bontà della scelta, e mi rincuoravo nel mio animo ché finalmente avevo visto con i miei occhi chi è santo con la sua vita, l’insegnamento che ha lasciato soprattutto ai giovani, e la strada, piena di ostacoli che ha indicato per arrivare agli altari. Quel santo l’ho visto anch’io. Ne ho sentito la voce, ne ho ascoltato gli umori, quando da diverse parti gli giungevano le critiche; ma ho sentito anche l’amore di milioni di giovani che hanno pernottato con i sacchi a pelo in Piazza, pur di portare l’ultimo saluto all’unico Papa che è venuto dal freddo e che ha cambiato il mondo. Perché è vero: dopo di lui, il mondo non è stato più lo stesso.