L’Unione Europea compie 51 anni. Una festa che coinvolge ventisette paesi, fra cui l’Italia.
“Dobbiamo rinforzare il processo di unificazione” dice Valeria Fragion, professoressa di Politica dell’integrazione europea all’Univesità Cesare Alfieri di Firenze.
Cinquantun anni fa’ con la dichiarazione Schumann nasce la Ceca, oggi Unione Europea. Dopo l’Onu la seconda organizzazione per la pace, sviluppo e democrazia.
Direi che l’Unione Europea in questo momento attraversa una fase davvero buia. Questo non vuol dire che non ci siano possibilità di rilancio. Dal mio punto di vista, occorre rinforzare sicuramente il processo di unione politica ed andare oltre questa visione miope dei governi nazionali che tendono a guardare all’indietro. Vedo che non si pensa alla strategia per la crescita europea non domattina, ma nei prossimi decenni e i paesi europei non sono in grado di affrontare le sfide globali lavorando per conto proprio.
Quali furono i benefici per l’Italia di allora?
La visione che De Gasperi e politici di quegli anni era di voltare pagina. La storia d’Europa è stata di guerre sanguinose. Il processo d’integrazione è qualcosa che va contro questi conflitti fra popoli. Ma l’avvio di quel processo era estremamente lungimirante. Quindi benefici non solo economici.
La moneta unica è stata un’innovazione, anche se con molte critiche. Non solo italiane, Cameron ha detto che la Gran Bretagna non entrerà nell’euro.
Non condivido. L’euro ci ha salvato per esempio, da un terzo choc petrolifero quando il prezzo è schizzato dopo l’11 settembre. Se non l’avessimo avuto sarebbe stato un bagno di sangue. Posso sostenere che non basta solo l’euro ma anche elementi in comuni per le politiche economiche. Abbiamo la moneta unica in sedici nazioni ma ventisette politiche nazionali diverse. Quindi la mia posizione è che occorre ulteriormente ampliare e rafforzare l’unificazione sul piano economico e dare all’Ue gli strumenti per un grande piano di rilancio.
Professoressa, quale dovrebbe essere il ruolo dell’Europa nei confronti dei paesi Bric, i nuovi ricchi?
Ottima domanda. E’ proprio perché non si può avere un ruolo con le dimensione dei vecchi stati nazionali del nostro continente che occorre più Europa. Se ognuno procede per contro proprio siamo inevitabilmente destinati al declino. Nel contesto attuale in cui appunti Cina, India e Russia stanno occupando ruoli e spazio maggiori, se i paesi europei agiscono per conto proprio non si può essere importanti.
L’avanzata delle forze antieuropeiste, come in Finlandia, possono mettere in gioco l’Ue stessa?
Questo è lo scenario attuale. La vera sfida è che si riesca a innescare un dibattito pubblico che vada oltre il proprio naso. Le forze antieuropeiste che dominano la scena in una larghissimo parte dei paese europei riflettono direi anche una popolazione di mezza età e non riescono a rappresentare le esigenze. le problematiche e le speranze dei giovani. Se non si cambia, proprio i giovani ci rimetteranno. Perché le sfide del domani dal cambiamento climatico alla dipendenza energetica non possono essere affrontati in maniera efficace ognuno per conto proprio. Tuttavia all’orizzonte non si vede una leadership con una lungimiranza come quella che avviò il processo di unificazione europea. Spero che fra le nuove generazioni maturi la consapevolezza che occorre prendere in mano il proprio destino e affrontare di petto questa questione, invece di una battaglia quotidiano di sondaggi e ritorno politico immediato.
Quanto dovremmo attendere l’ingresso della Turchia?
Temo ancora molto. Anche se questo è un esempio di scarsa lungimiranza. Abbiamo bisogno che la Turchia a faccia parte di questo progetto, per i rapporti con il Medio Oriete, giocando un ruolo molto importante nelle dinamiche geopolitiche di un mondo multipolare. Purtroppo gli abbiamo dato molti schiaffi incrinando la voglia della Turchia di farne parte.
Sulla scena italiana ed internazionale vede degli Schumann in chiave moderna?
Come ho detto no. Conto e spreto nei giovani perché per il momento di leader con questa lungimiranza non ne vedo. In questa prospettiva di riflessione, quest’anno mi sono impegnata nel realizzazione di un ciclo di tavole rotonde qui alla facoltà Cesare Alfieri dal titolo “I costi della non Europa- The costo of non Europe”, ripreso da un rapporto degli anni ‘80. In questa serie di incontri ho coinvolto oltre 30 professori di varie università e presenteremo i risultati di questa maratona cominciata a novembre e terminata il 19 aprile alla presenza di Giuliano Amato, che terrà una lecture “ L’Unione Europea: è possibile superare l’impasse?”.