La giustizia italiana, mai come in questo periodo, è stata (e si sente tutt’ora) al centro dell’attenzione mediatica mondiale. Effetto boomerang dovuto di sicuro ai media, che hanno acceso i riflettori sulle vicende di cronache nere nostrane e, in particolare, hanno seguito in diretta (da molto vicino, quindi) il dibattimento in aula del processo che ha visto tra gli imputati la statunitense Amanda Knox e Gabriele Sollecito. L’ultimo caso in ordine di tempo, ma molti altri tasselli in precedenza c’erano stati che avevano richiamato l’attenzione del cittadino. Casi in cui avevamo sentito la folla gridare, fuori dai Palazzi, il suo disappunto, la sua rabbia per mancanza di un capro espiatorio su cui addossare le colpe. Tutti innocenti, allora? E chi risarcisce le famiglie delle vittime? Ma non intendo allargare la forbice del ragionamento. La restringerò.
Delitto di Perugia. Allo stato attuale delle cose in prigione c’è solo una persona (per altro condannata in concorso di omicidio, ma a questo punto con chi ha concorso nell’uccisione della studentessa inglese Meredith Kercher?) e i desiderio di sapere e conoscere la verità avvertito dalla gante e dal popolo della strada è stata dunque disatteso. Se erano innocenti i due ragazzi, perché lasciarli in carcere per tutti questi anni e liberarli solo adesso? Ma se sono stati rinchiusi, evidentemente, qualcosa dovevano averci a che fare con l’episodio che è culminato con l’uccisione della ragazzina inglese.
A questo punto si aprono delle inquietanti domane che è bene affrontare per aggiustare il nostro sistema giudiziario. Perché non vengono ritenute valide le prove che sono portate dalla difesa (e questo succede negli ultimi strani episodi di morti che ancora non hanno avuto un conclamato autore e che quindi dovrà essere consegnato alla giustizia)? Perché la difesa si preoccupa a smontare il castello accusatorio ed invece non spende una parola nel dire come mai i protagonisti della vicenda si trovavano nella scena del delitto? Se non vi hanno partecipato, tuttavia hanno visto. Perché non parlano? Perché si trincerano dietro ai vaghi “non ricordo”? Ancora. Siamo troppo abituati a seguire fatti di sangue quando questi vengono raccontati nei film o nei telefilm, ebbene, nella nostra società “americanizzata” abbiamo imparato a porre la massima attenzione nel raccogliere le prove nelle ore immediatamente successive al delitto. Perché, allora, in Italia si fanno in maniera così poco scientifica e in modo arruffone come è successo per Brembate, dove se non era per un modellino di aereo precipitato su un campo ancora eravamo dietro alle ricerche del corpo della povera Yara; oppure anche per il delitto di Chiara Poggi a Garlasco dove erano estremamente importanti i reperti rinvenuti, senza che nessuno “inquinasse” la scena in cui era stata trovata sgozzata la ragazzina. E non voglio parlare del delitto di Melania Rea, dove ogni ora ci scappa un frammento d’indizio che però unito agli altri non porta direttamente all’omicida.
Come si vede la strada è costellata di molti casi in cui il sistema giudiziario, inteso nel suo insieme non è che ci faccia una buona figura. Morti che non hanno un colpevole; omicidi che sono inghiottito nell’anonimato e che rendono ancora i casi attuali senza però concorrere all’individuazione del reo o allo scioglimento della vicenda come i film di Hollywood ci hanno largamente indottrinato. Dunque qualcosa non va ed è opportuno correggerlo, tanto più che la nostra società avanza a passi da giganti nelle ricerche tecnologiche e queste possono essere utilizzate per il bene della giustizia (mi riferisco ai cellulari che possono essere intercettati, come pure alle telefonate che possono essere registrate).
E’ vero che il nostro sistema giudiziario prevede tre stadi di giudizio, ma se il primo condanna, il secondo assolve e il terzo? Perché gli uni affermano una cosa e i secondi cancellano quanto detto precedentemente? Mi riferisco sempre al caso di Amanda Knox: adesso che è (giustamente) la ragazza in America, nella sua famiglia, pensate che quando si aprirà la terza fase processuale sul delitto di Perugia lei ritornerà in Italia? Credo proprio di no, visto e considerato che la parola fine spetta proprio a questo tribunale. Giustizia mutilata, allora.