Dall’alto dei privilegi di parlamentari non si vedono le sofferenze del popolo

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Nella settimana che ha visto il primo uomo che ha toccato il suolo lunare lasciare per sempre questo azzurro pianeta del sistema solare e sempre nella settimana che sarà ricordata come quella che ha decretato il risarcimento più alto degli ultimi tempi [qualcosa come 1,05 miliardi di dollari che la coreana Samsung dovrà sborsare all’americana Apple ritenuta colpevole da parte dei giudici della corte di San Jose (Usa) per essersi appropriata di brevetti appartenenti al colosso informatico statunitense], in questa settimana, dicevo, è ancora l’informazione a farla da padrona e ad attirare la mia attenzione. Nel senso che –arrivo subito alle conclusioni – il suo uso è particolarmente artificioso, mirato a fuorviare il cittadino che si avvicina e usa i mass media per essere messo a corrente di quanto stia accadendo sul pianeta. Cittadino responsabile che viene disatteso. Dico questo, dopo aver seguito, una mattina che non era bel tempo per scendere in spiaggia a fare un bel bagno ristoratore nelle fresche acque del Tirreno, una trasmissione sulla buona tavola, messa in onda da Rai Uno, che è la televisione ammiraglia di Stato. E sentivo gli ospiti di quella trasmissione e la conduttrice che si pascevano bel belli delle varie soluzioni, per fare un pranzetto succulento in famiglia. Ma a chi? Chi sarebbero stati i fruitori e coloro che avrebbero seguito tali consigli? E non si risparmiavano nell’indicare quali pezzi di carne pregiata dovesse essere acquistata dal proprio fornitore di fiducia, quale tipo di pesce buono da mettere in padella.
Allora mi sono detto: ma qui si è perso il contatto con la realtà. Poco prima, esattamente alle 9,30 il Tg (sempre della stessa rete) non aveva fatto altro che descriverci un quadro abbastanza pessimistico sulla natura del debito pubblico, sui cassa-integrati, sui lavoratori che venivano licenziati e su milioni di famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese. Se quelle immagini facevano bene e riempivano gli stomaci vuoti dal desiderio solo di mettersi a tavola per gustare quel ben di Dio, allora (mi dicevo) faceva bene la Rai a mandarle in onda; ma visto e considerato che con un colpo netto è stata spazzata via la classe media italiana, quella piccolo-borghese che aveva rappresentato l’arma vincente dello Scudo Crociato negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto, facendo così allargare la forbice fra le classi povere e le classi ricche, a chi si rivolgeva il programma? Alle classi più abbienti, presumo. Che saranno sempre più ricche e in quanto tali meno numerose di quelle che invece stanno alla base e che rappresentano tutto il popolo. Perché, allora, esiste questo divario? A quale scopo crearlo, senza lasciarsi andare nel populismo o nelle formule più comode di democrazia, dicendo che è il popolo sovrano delle proprie scelte? Ma chi ci governa ha imparato che un italiano su tre non ha il posto di lavoro fisso? Che i cassintegrati sono all’11 per cento? Che la benzina è a due euro? E che in Toscana è la più cara di tutte le altre regioni? E ricollego così il discorso alla trasmissione e mi chiedevo se quelle persone non avessero l’assillo della spesa quotidiana, se non si sporcavano le mani, andando nei mercati e negli scout per star dietro alle ennesime offerte vantaggiose! Temo proprio di no. Allora perché si devono trasmettere notizie così ferali con i Tg e poi, dopo l’ennesimo spot pubblicitario si comincia con il solito balletto di che cosa si mangerà a tavola? Ma se ne rendono conto che tra poco saremmo alle soglie dell’agricoltura di sussistenza, quella che si è praticata in tempo di guerra, quando ognuno aveva il proprio orticello e allevava polli e animali domestici? Non ci vuole la laurea ad Oxford per capire che il popolo è in netta sofferenza e che non si può andare avanti in questa maniera, senza assistere, prima o poi, a una deflagrazione che potrebbe essere assai pericolosa alla nostra Democrazia. Che strada allora intraprendere? Uscire da questo circolo vizioso rappresentato dai soldi. Non far diventare la moneta il valore assoluto della nostra esistenza, ma semplicemente riporlo e considerarlo nel giusto valore che ha, uno strumento, un mezzo che permette lo scambio di beni e niente più. Non si deve trasformare in valore assoluto, seguendo il consiglio che il profeta di Nazareth ha dato ai suoi discepoli: “Date a Cesare quello che è di Cesare!”, molto semplice. Ne trarrà vantaggio la stessa nostra vita che sarà più serena e meno spasmodica dall’avidità e dal possesso di moneta straccia. E chiudo come avevo iniziato, con Neil Armstrong, anzi con la sua immagine. Nel riguardarla non ho potuto fare a meno di vedere sul suo volto, sul suo viso il passaggio del tempo che ha “trasformato” la sua carne regalandogli rughe e acciacchi fisici, a dimostrazione del fatto di come il nostro corpo attraversi il tempo e la storia, questa entità ancora tutta da scoprire, da analizzare e capire e mentre guardavo mi accorgevo che anch’io avevo subito lo stesso processo, mani più grinzose e meno capelli, ma il mio “Io”, la mia “Coscienza” e il mio modo di sentire era lo stesso di quarant’anni fa. Avrà un significato tutto questo?

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