Quel complicato intreccio fra politica e banche che impensierisce (e impoverisce) il Paese

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Fra tutti i proclami e le affermazioni che sentiamo dire in questa campagna elettorale al fulmicotone, forse quelli che dovranno essere ricordati sono frutto della fantasia del Cavaliere. Perché davvero sono di immediata presa sull’elettorato, quando si dice “abbassare” la pressione fiscale, “non pagare la tassa sulla prima casa”. Però c’è una novità. Non solo Berlusconi dichiara di voler diminuire le tasse a favore delle famiglie più vessate e meno abbienti (che già questo sarebbe una cosa davvero egregia), ma addirittura ha proclamato di essere pronto a restituire agli Italiani quanto loro hanno versato nel 2012 per l’Imu. Non dovremo allora far altro che procurarci il conto corrente bancario e trasmetterlo al Cavaliere per vedersi arrivare in banca quanto (a detta del futuro premier, se la sua formazione vincerà le elezioni) è stato mal tolto. Ma metterei subito a ridosso di questa dichiarazione le battute che si sono scambiate Bersani e Monti: “via i bancari dalla politica” e di rimando “liberiamo la politica dai bancari”. Mai affermazioni sono state così fedeli dell’attuale momento. Mai così lapidarie e sintetiche. E a queste intendo riferirmi, perché esse sono in estrema sintesi, ciò che viviamo della politica. Questo pericolosissimo intreccio di banche e politica e i loro sversamenti nel mondo della corruzione e delle tangenti. Certo che fa rabbia nel constatare che, mentre la maggior parte degli Italiani s’impegna nel tirare avanti dignitosamente, c’è chi specula, chi trae enormi vantaggi, chi si arricchisce sulle disgrazie altrui.  Ma a preoccupare più di tutto sono questo enorme fiume di denaro che è andato a salvare il sistema bancario italiano (ha detto Monti che è stata un’operazione meritoria quella della Stato a favore del Mps, perché altrimenti il Paese stesso sarebbe sprofondato), dirottando il flusso di denaro dalla ripresa alle banche. Però un’osservazione: non ho trovato alcun riferimento a quanto detto nei programmi elettorali. Scrive oggi “La Voce”: “Nella campagna elettorale si evita di parlare di strategie per il rilancio dell’economia, quando tutti i leader dovrebbero sapere che la nebbia sulle scelte future della coalizione vincente diventa un macigno che blocca il Pil. L’incertezza azzera la crescita, come si è visto anche negli Stati Uniti”. In che cosa bisogna sperare, allora?

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