I media europei responsabili della crescita e della tenuta dell’Unione Europea

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Londra – La stampa inglese, scritta, televisiva e radiofonica, ha svolto un ruolo decisivo e fondamentale sul recente referendum Brexit.

Ma non positivo. Negativo. A parer mio molto negativo.

Perchè questa mia considerazione?
Perchè durante tutta la campagna elettorale i media non hanno mai parlato a 360° gradi del vero significato e dei riflessi sulla vita quotidiana delle persone, sull’economia, sul futuro di una nazione e di una città, Londra che è uno stato dentro uno stato.

Hanno parlato solo d’immigrazione e poco altro.

Da venerdì, ovvero da poche ore dall’esito hanno iniziato a fare trasmissioni per dire: ora dobbiamo fare così, succederà e perderemo questo, i riflessi dell’uscita dal single market, dei prezzi, etc.etc.

Questa tipo d’informazione ha fatto un danno colossale perchè non ha permesso agli elettori inglesi di prendere una decisione sulle effettive e totali conseguenze dell’uscita dall’Unione Europea.

Detto questo, oltre ad una revisione dell’attuale funzionamento politico dell’Unione Europea credo sia opportuno un cambio d’indirizzo di chi si occupa di informazione nei paesi dell’Unione Europea.

Io per primo.

Dobbiamo parlare di più dell’Europa.
Di più degli altri popoli, della loro cultura, della loro società.
Così come gli altri popoli dovranno conoscere di più l’Italia.

Sappiamo quante volte Trump ha tossito e quanto volte Hillary Clinton si è soffiata il naso.
Ma non sappiamo nulla dei nostri connazionali europei, dei loro prodotti, della loro industria, della loro sanità, scuola od altro.

Per esempio: Estonia, Lettonia e Lituania, le 3 repubbliche baltiche.
Chi sa chi è il Primo Ministro o il Presidente della Repubblica alzi la mano. Ma è il caso anche di altri paesi.

the-flags-of-the-european-unionChi sa dove sono i centri d’eccellenza di determinate malattie fuori dall’Italia e la cui asssitenza è garantita in qualità di cittadini europei?
Del funzionamento della macchina statale.
Di come si costituisce una impresa.
Chi sa della qualità della vita, del traffico di come hanno gestito la rete ferroviaria oppure autostradale?
Delle loro università, della loro agricoltura o pesca.
Ma anche delle loro sconfitte e dei loro errori.
Come noi dobbiamo far conoscere i nostri.

Niente di tutto questo. Niente di niente.

E’ questa l’integrazione europea. Deve iniziare dalla scambio culturale dell’informazione, dalla condivisione del sapere e della conoscenza fra tutti i cittadini europei.

Solo conoscendoci, solo conoscendo la nostre reciproche società possiamo crescere tutti insieme in pace e prosperità.

Altrimenti ci vedremmo come avversari, come nemici ed uniti solo da una debole cordicella che si chiama interesse economico.

Portare indietro di 200 anni il calendario non ha senso.
Se non quello di pochi che hanno capito che cavalcando la nostalgia dell’imperialismo, della volontà nazionalistica di supremazia di una razza o di un popolo su un’altro, posso raggiungere il potere.

Ma sarà un potere illusorio e breve.
Perchè la forza della pace e della libertà è più forte di qualsiasi altra filosofia di vita e startegia politica.
I popoli vogliono la pace, la libertà e la prosperità per loro stessi, per i loro figli, per i figli dei loro figli.
L’Unione Europea garantisce ciò.
Ma deve comunicarlo ed i media europei lo devono comunicare.

Per crescere è necessario conoscere.
Per essere sconfitti è sufficiente non sapere.

E’ questa la sfida dei prossimi anni: avere la volontà di conoscere gli altri Stati e cittadini dell’Unione Europea.

Io ci provo.
Italynews ci proverà.

Riccardo Cacelli

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