In molte regioni del nostro pianeta, in estate gli incendi boschivi rappresentano una concreta e grave minaccia per abitazioni e infrastrutture, causano danni economici ingenti e, purtroppo, anche perdita di vite umane. Seppure la maggior parte degli incendi sia dovuta a cause antropiche, accidentali o volontarie, l’estensione dell’incendio – in particolare dell’area bruciata – dipende in modo significativo dalle condizioni meteo-climatiche e dalle caratteristiche del ʻcombustibileʼ, in particolare dal grado di umidità e dall’abbondanza del materiale che lo alimenta, ad esempio la legna. Poter fornire una stima dell’area a rischio con mesi di anticipo, così da predisporre adeguate misure di controllo e prevenzione, è evidentemente molto importante.
Sulla rivista Nature Communications è appena stato pubblicato uno studio dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igg) di Pisa e dell’Università di Barcellona che affronta questo problema e mostra come utilizzare le previsioni stagionali fornite dai centri meteorologici, combinante con modelli empirici dell’impatto degli incendi, per ottenere stime quantitative dell’area bruciata attesa nei mesi successivi a scala globale. “Gli studi condotti negli scorsi anni ci hanno permesso di sviluppare una serie di modelli empirici che legano l’area bruciata dagli incendi alle caratteristiche della precipitazione e della temperatura nei mesi e negli anni precedenti l’incendio. I modelli sono stati validati sui dati disponibili in Europa mediterranea e in molte altre aree del Pianeta, utili per la stima dell’area bruciata attesa a livello globale”, spiega Antonello Provenzale, direttore del Cnr-Igg. “Il nostro approccio combina ricerca di base, utilizzo dei grandi database internazionali e risultati direttamente applicabili alla sicurezza delle popolazioni e alla pianificazione delle misure di salvaguardia, utilizzando le previsioni stagionali per migliorare la stima dell’importante impatto esercitato su questi eventi dalla variabilità climatica”.
“I modelli empirici, una volta validati, sono stati ʻforzati’ dalle previsioni stagionali”, conclude Marco Turco dell’Università di Barcellona, primo autore dello studio. “Confrontando le stime fornite dei modelli di incendio così forzati, si è visto che per ampie regioni del pianeta si riesce a migliorare significativamente la predicibilità dell’area bruciata a scala stagionale”.