La terra dei fuochi: quante volte ho sentito questa definizione nei giorni scorsi. E sempre la solita assurda manfrina pro o contro i termo valorizzatori.
Proviamo a ragionare senza pregiudizio.
Inquinamento equivale all’alterazione dei parametri ambientali esistenti.
Non si può vivere senza inquinare: solo il fatto di respirare o mangiare causa emissione di gas serra come anidride carbonica o metano in atmosfera.
Tutti gli animali presenti al mondo lo fanno, poi ci sono le industrie e il clima che cambia.
Non possiamo vivere senza consumare, anzi siamo spinti a farlo sempre di più e parole come igiene e sicurezza impongono l’uso della plastica in ogni dove a livelli assurdi.
Dal packaging doppio o triplo all’uso di detergenti creme e profumi pieni, come minimo, di sostanze plastificanti e nanoparticelle che in quantità rilevanti non fanno certo bene alla salute.
Consumare vuol dire produrre rifiuti!
Produrre vuol dire avere scarti e parti residue.
La cattiva gestione di questi significa trovarseli nell’aria, nell’acqua e nei terreni e poi mangiarseli, berseli e respirarseli.
I rifiuti, raccolti in modo differenziato sono più facili da destinare alla seconda fase della loro vita.
Il riutilizzo per primo, il riciclo dove possibile di ciò che non è riutilizzabile e infine la distruzione, con recupero energetico, del residuo inutilizzabile sono ciò che è possibile fare.
Non si capisce perché tutti i politici a ogni livello, siano d’accordo con la teoria delle due prime fasi e non con l’ultima. Forse preferisco non capire.
Senza differenziazione non si può parlare di riutilizzo: il policarbonato di molte bottiglie che noi scambiamo per semplice plastica dura, per esempio, può essere lavato e riutilizzato decine di volte come il vetro.
Materiali da costruzione possono essere riutilizzati proprio lì dove sono stati demolite le costruzioni che li contenevano, dopo averli differenziati, senza alterare lo stato dei luoghi.
I materiali monouso dovrebbero semplicemente essere vietati ma ci sono e bisogna disfarsene.
Il riciclo è possibile: solo dopo la differenziazione; per alcuni materiali idonei in condizioni particolari; è trasformazione in altri materiali e prodotti di utilizzo differente rispetto quello di origine.
Vale per il vetro come per alcune plastiche che possono diventare tessuti di paille (i nostri amati pile) o teloni o sacchi per le immondizie o tanti altri oggetti oppure per la gomma etc.
La lista è lunga e la tecnologia avanza.
Il riciclo è’ un processo industriale costoso e dunque deve avere scopo e mercato perché deve produrre anche guadagno. E’ anche inquinante come tutti gli altri.
In un percorso virtuoso, puramente teorico perché noi non abbiamo rispetto né per l’ambiente né per le regole, rimangono comunque una parte di residui che non possono essere riutilizzati né riciclati.
Le soluzioni sono due: seppellirli o bruciarli.
La via preferita pare essere quella dell’interramento controllato: definizione che è altrettanto aleatoria del percorso virtuoso.
Una discarica ben progettata, ben realizzata, ben gestita e ben controllata (non quei buchi per terra, qui riempimenti di cave porose, quelle oscenità a controllo mafioso, camorristico, delinquenziale che ci ritroviamo) ha comunque un tempo di degrado e stabilizzazione di circa duecento anni.
Costa alla comunità per duecento anni; rimane pericolosa e rischiosa per almeno tutto quel tempo.
E’ possibile stimare, con buona approssimazione, il tempo residuo di degradazione dei rifiuti contenuti mediante algoritmi ben noti ma solo a partire dalla precisa conoscenza di cosa sia entrato e di quando sia entrato.
In ogni altra condizione l’unica certezza è che per almeno duecento anni saranno inquinate pesantemente e localmente, in modo irrimediabile, nocivo se non tossico, aria, terreni e naturalmente acque.
I residui ultimi dopo le prime fasi di differenziazione, riutilizzo, riciclo, conservano comunque un valore: hanno una notevole capacità energetica che può essere sfruttata con produzione di energia che per definizione è alternativa.
Alternativa a quella generata dalla combustione di petrolio, carbone o gas naturale, ovviamente.
La combustione dei residui può essere effettuata in impianti industriali, tecnologici, costosi, necessariamente controllati e facilmente controllabili, aggiornabili, adeguabili ed infine se obsoleti e non efficienti, spenti definitivamente.
Il contributo di inquinamento da polveri sottili aerodisperse dai venti in quota è certamente un problema ma si somma a quello delle polveri naturali e dei pollini vegetali su areali vastissimi senza o con minime ricadute locali. Acqua e terreni sono risparmiati.
Mi ha sempre fatto specie sentire definire il sole e il vento fonti di energia alternativa: dovrebbero essere e sono fonti primarie; il petrolio semmai dovrebbe essere alternativo.
Quanto sia stupido bruciare petrolio è dimostrabile semplicemente considerando le infinite potenzialità di trasformazione di quella sostanza in prodotti utili e utilizzabili.
Sento dire che i termo valorizzatori sono terreno d’interesse mafioso e camorristico.
E’ possibile ma sono industrie, autorizzabili e controllabili come tante altre.
Forse l’interesse mafioso e camorristico non c’è nel trasporto, nell’interramento, nella distruzione incontrollata, nell’evasione fiscale e nel lascito inquinante della gestione dei rifiuti in discarica? O forse non c’è nella gestione di un’emergenza continua divenuta sistema?
Perché non si realizzano discariche in prossimità delle zone di produzione? Perfettamente visibili e controllabili anche dai cittadini? Puzzano e sono sporche!
Sento dire che non è necessario produrre energia dai termo valorizzatori perché ci sono già il sole e il vento: è vero ma visto che sono una fonte alternativa non possono essere la sola.
Il giorno che l’energia elettrica prodotta da sole e vento in sicilia, in grande eccedenza per i fabbisogni locali, fosse resa disponibile al resto del paese mediante l’allacciamento delle reti di distribuzione, attualmente inesistenti, bene forse un passo avanti sarebbe fatto.
Il giorno che l’importanza delle fonti solari e ventose fosse ritenuta prioritaria e primaria e allora tutti gli alberghi, le piscine, gli ospedali rivieraschi, con consumi energetici concentrati in periodi ridotti e naturalmente situati in zone soleggiate e ventose, fossero obbligatoriamente dotati di impianti solari ed eolici, così come scuole, ospedali e palazzi di enti pubblici, contribuendo alla riduzione del fabbisogno di energia da petrolio combusto, allora ci crederei e crederei anche nella buona fede dei politici non camorristi, mafiosi o prezzolati.
Sento parlare a sproposito di diossine e IPA (idrocarburi policiclici e aromatici che ne sono i precursori) provenendo questi, nella percezione comune sostenuta e diffusa da costosa propaganda, pare, esclusivamente dai termo valorizzatori, efficienti e controllati che bruciano ad altissime temperature, maggiori di ottocento gradi; come se le diossine (di cui tra l’altro una sola è cancerogena su diciassette della famiglia e la cui presenza attuale e permanente è sostanzialmente dovuta all’utilizzo intensivo del DDT dalla guerra fino agli anni settanta: ricordate il flit?).
Ricordo che i prodotti pericolosi e cancerogeni della combustione sono legati a ogni tipo di combustione, soprattutto a quelle che avvengono a bassa temperatura, appunto inferiore a ottocento gradi: dalla combustione nei motori (i FAP non sono altro che mini inceneritori mobili che fermano le PM10 per bruciarle poi durante la “rigenerazione” trasformandole in PM 2,5: micro polveri con elevati contenuti metallici), per passare agli incendi boschivi, (non solo dolosi) per arrivare ai riscaldamenti domestici. Ah, dimenticavo i roghi dei rifiuti nelle discariche autorizzate, in quelle incontrollate, nei capannoni di stoccaggio provvisorio, ai bordi delle strade, vertice massimo di espressione della sensibilità ambientale del popolo, ad uso e consumo dei camorristi e dei mafiosi e delinquenti di ogni razza ed estrazione.
Credo che per una volta posso concordare con il vicepremier Salvini con il quale ho ben poco d’altro da spartire: forse non proprio uno per provincia ma almeno uno ogni ambito, magari tre o quattro provincie, si.
Ci vogliono, sono necessari e sono utili i termo valorizzatori e la loro progettazione, costruzione, tecnologia d’avanguardia; le autorizzazioni e il loro rispetto, rigidamente controllato durante la gestione.
Il problema vero dei termo valorizzatori è proprio nelle condizioni di autorizzazione e nello scopo: sono in grado di bruciare qualunque cosa ma ovviamente sono costruiti per essere efficienti e produrre guadagni cioè energia elettrica e calore riutilizzabile.
L’autorizzazione va data in funzione del ciclo tecnologico e della sua potenzialità non limitando altrimenti le quantità a loro conferibili ma obbligandoli anzi a prendere e trattare del rifiuto a fine vita, il buono come il meno buono.
Ovvio che se fossero invece costretti dalla politica del falso ambientalismo da bar e da elezioni, a rispettare quantitativi o tonnellaggi di conferimento al grido di “non vogliamo i rifiuti degli altri”, “prima il riciclaggio” (che ovvietà) si avrebbero impianti sempre sovra dimensionati e poi limitati che tenterebbero di scegliere i conferimenti accettabili all’interno delle quantità previste, bruciando solo rifiuti a massimo contenuto energetico cioè plastica carta etc. piuttosto che gli sfalci e ciò per ottenere a parità di tonnellaggio il massimo risultato, per altro mai raggiungibile.
Questa condizione lascerebbe sempre fuori o indietro l’indifferenziato e il suo problema connesso rispondendo di fatto “e allora teneteveli”.
Inceneritori o Discariche?
La terra dei fuochi: quante volte ho sentito questa definizione nei giorni scorsi. E sempre la solita assurda manfrina pro o contro i termo valorizzatori. Proviamo a ragionare senza pregiudizio. Produrre vuol dire avere scarti e parti residue. La cattiva gestione di questi significa trovarseli nell'aria, nell'acqua e nei terreni e poi mangiarseli, berseli e respirarseli. Le soluzioni sono due: seppellirli o bruciarli.