Che cos’è?
Il nome completo è ‘Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration Global Compact’ (‘Global compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare) stabilisce “un’intesa comune, responsabilità condivise e unità di intenti in materia di migrazione”.
Il testo, di 34 pagine, definisce un “quadro di cooperazione” per affrontare la migrazione internazionale. Limitare la pressione sui paesi che hanno molti migranti e promuovere l’autosufficienza dei nuovi arrivati sono due dei punti chiave.
Quali sono i suoi obiettivi?
Il patto si articola in 23 obiettivi che, stando a quanto si legge, mirano a gestire meglio la migrazione a livello locale, nazionale, regionale e globale. L’obiettivo del patto è quello di:
- Mitigare i fattori che impediscono alle persone di costruire e mantenere i mezzi di sussistenza nei loro paesi di origine;
- Ridurre i rischi e le vulnerabilità che i migranti affrontano nelle diverse fasi della migrazione;
- Affrontare le preoccupazioni degli Stati e delle comunità e riconoscere che le società stanno subendo cambiamenti demografici, economici, sociali e ambientali;
- Creare le condizioni che consentano a tutti i migranti di arricchire la società attraverso le loro capacità umane, economiche e sociali e facilitare il loro contributo allo sviluppo a livello locale, nazionale, regionale e globale.
Come è nato?
E’ importante sottolineare che l’accordo non è vincolante. L’idea ha cominciato a farsi largo tre anni, mentre l’Europa si confrontava con la crisi migratoria del 2015. Le Nazioni Unite hanno convocato una riunione per discutere una risposta adeguata.
L’anno successivo 193 paesi membri hanno firmato la Dichiarazione di New York, chiedendo l’adozione di un patto migratorio entro la fine del 2018. Quel patto è diventato il Global Compact.
I membri dell’ONU, esclusi gli Stati Uniti, hanno concordato una bozza del patto nel luglio 2018 e ora si riuniranno a Marrakech per adottarlo formalmente.
Come hanno reagito i paesi?
Inizialmente, solo il governo anti-immigrazione di Viktor Orban in Ungheria ha detto che non avrebbe adottato il Global Compact, ma ora un numero crescente di paesi dell’Ue si oppone all’accordo.
Oltre all’Italia, tra i paesi che hanno fatto marcia indietro ci sono Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca e Austria, che attualmente detiene la presidenza di turno della Ue. Tra i paesi non-Ue si sono opposti all’accordo Stati Uniti, Israele e Australia.
La Danimarca e i Paesi Bassi hanno lottato per dare pieno sostegno all’accordo, che ha scatenato polemiche politiche in Germania, Italia ed Estonia.
In Belgio il primo ministro belga Charles Michel ha chiesto al Parlamento di esprimersi sulla questione. Una decisione maturata dopo le critiche piovute sul premier dal partito di destra Nuova alleanza fiamminga (N-VA), il principale partito che sostiene il governo.
N-VA ha accusato Michel di avere promesso all’Onu di sottoscrivere un accordo che, secondo il partito, danneggerebbe la sovranità del paese. Per evitare una crisi politica Michel ha deciso di assecondare le richieste di N-VA e ha chiesto al Parlamento di votare sul Global Compact. Il voto è previsto per oggi.
Il premier slovacco Peter Pellegrini ha detto che il suo governo “non accetterà mai” il patto. La decisione del Parlamento di Bratislava di respingere il patto ha indotto il ministro degli esteri Miroslav Lajcak a dimettersi lo scorso 29 novembre: Lajcak era presidente dell’Assemblea Generale dell’Onu quando è stato redatto il Global Compact.