La Camera dei Comuni di Londra non chiede altro tempo, prova ad escludere un’uscita no deal dalla UE e cercherà di convincere Bruxelles ad un altro tipo di soluzione per il confine tra le due Irlande. Ma sarà dura. In un colpo solo, praticamente, il Parlamento londinese ha votato contro l’ipotesi di un’uscita senza accordo ma anche contro l’unico accordo fin qui sul tavolo.
Emendamento dopo emendamento, durante una sessione parlamentare meno secca e spettacolare di quella di due settimane fa, ma certamente più concreta, questa sera si è delineato meglio il cosiddetto “piano B” di Theresa May dopo la bocciatura del testo concordato con Bruxelles nel novembre scorso. Piccole ma sostanziali revisioni per aumentare la pressione sulle istituzioni europee e spingere la UE a tornare a sedersi al tavolo delle trattative.
La premier May sarà quindi rispedita nella capitale belga a trattare per rivedere l’accordo. Questa volta le trattative interne saranno bipartisan dato che i laburisti di Corbyn hanno accettato un dialogo.
Il nodo principale resta ancora il backstop alla frontiera tra le due Irlande: le rassicurazioni informali di Bruxelles sulla durata temporanea della misura, ovvero la frontiera morbida, non piacevano ad alcuni conservatori e sono state rimandate al mittente.
Esclusa, infine, la richiesta di estensione dell’Articolo 50, ovvero il meccanismo di uscita che è stato preceduto da un periodo di negoziati di due anni (il Regno Unito ha consegnato i documenti a Bruxelles il 29 marzo 2017).
Prima del 14 febbraio, in ogni modo, il Parlamento inglese si riunirà nuovamente per votare qualsiasi cosa sia riuscita a riportare a casa Theresa May da Bruxelles.
Cos’era il backstop?
Per timore che venga ripristinato un confine rigido tra le due Irlande, una minaccia all’accordo del Venerdì Santo del 1998 che mise fine a decenni di violenza, Theresa May e la UE avevano concordato un meccanismo di salvaguardia o di assicurazione (in inglese ‘backstop’).
L’accordo proponeva la creazione di un “territorio doganale unico” da applicare almeno fino al 1° luglio 2020. Per allora si sarà trovato “un accordo alternativo”, no? Il problema è che le modalità di funzionamento di questo “territorio doganale unico” non erano state precisate e, in pratica, si sarebbe giunti ad una situazione identica a quella attuale: l’Irlanda del Nord formalmente parte del Regno Unito, e quindi fuori dalla UE, ma in grado di commerciare con l’Irlanda come se nulla fosse. Il governo britannico, scrive Il Post, contesta ai negoziatori europei di minacciare l’integrità del Regno Unito e vorrebbe che in caso di mancato accordo tutto il territorio britannico rimanesse nel mercato unico (cosa che invece non piace all’Unione Europea).
I negoziati non saranno semplici, tutt’altro
Theresa May ha detto che cercherà di ottenere cambiamenti al testo “legalmente vincolanti” con l’obiettivo di evitare il ripristino di un “confine duro” tra Eire e Ulster. I negoziatori Ue hanno escluso revisioni di alcun tipo “ma il discorso pubblico britannico segue un suo copione che poco o niente ha a che fare con la controparte da cui si vorrebbe divorziare”, ha ben sintetizzato Il Sole 24 Ore.
“L’accordo raggiunto è e resta il migliore ed unico modo per assicurare una uscita ordinata della Gran Bretagna dall’Ue. Il backstop è parte di quell’accordo, e quell’accordo non è aperto a nuovi negoziati”, sembra chiudere ogni spiraglio il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, commentando l’esito della votazione a Westminster. “Continueremo a prepararci per ogni scenario, incluso quello no deal”
Fonti vicine alla Commissione UE avevano dichiarato all’emittente irlandese RTE che non verrà discusso nuovamente il sistema di backstop né l’accordo di divorzio: “Sarebbe inutile per lei tornare a Bruxelles e riprovarci”.
Il Presidente francese Macron ha escluso che sia possibile riaprire il negoziato, aggiungendo che l’accordo attuale, già rigettato dai Comuni, è il “migliore possibile” . Da Cipro, il capo di stato francese ha comunque avvisato: “Tutti dovremmo prepararci per l’opzione no deal, anche se nessuno la vuole”.
Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz è stato più possibilista. Intervistato dalla tv ORF, il leader austriaco aveva affermato di preferire uno slittamento dell’uscita di Londra dall’Ue ad un no deal, ma l’estensione dell’articolo 50 è stata scartata dal Parlamento inglese.
Nel rimpallo delle dichiarazioni è da mettere a verbale quella del governo irlandese: l’accordo stipulato con Bruxelles non si può rinegoziare.
Almeno Corbyn accetta il confronto con la premier
La premier ha avvertito che “opporsi a un no deal non basta” e ha rilanciato l’invito a Jeremy Corbyn a un confronto diretto. Un invito respinto in passato, ma che il leader laburista ha stasera ha accettato, considerando soddisfatta la precondizione su un impegno della premier Tory a scongiurare l’epilogo di un’uscita dall’Ue senz’accordo
Tutti gli emendamenti presentati e l’esito del voto
Ecco tutti gli emendamenti selezionati dallo speaker Bercow che sono stati messi ai voti.
- A (Jeremy Corbyn): prevedeva un’assicurazione contro un’opzione no-deal, un’unione doganale e la possibilità di tenere un secondo referendum; BOCCIATO ❌ (296 sì, 327 no)
- O (Ian Blackford): Chiedeva al governo di negoziare un’estensione dell’articolo 50, scartare l’opzione no-deale non costringere il popolo scozzese a lasciare l’Unione Europea contro la propria volontà; BOCCIATO ❌ (39 sì, 327 no)
- G (Dominic Grieve): Dava la possibilità ai parlamentari di continuare il dibattito sulle proprie proposte sulla Brexit in sei determinati giorni di febbraio e marzo; BOCCIATO ❌ (301 a 321)
- B (Yvette Cooper, parlamentare laburista): Theresa May avrebbe avuto tempo fino al 26 febbraio per far approvare un accordo; in caso di fallimento, il Parlamento avrebbe potuto votare un’estensione dell’articolo 50 (da definire); BOCCIATO ❌ (298 a 321)
- J (Rachel Reeves): Chiede all’esecutivo di domandare l’estensione dell’articolo 50 alla UE se il Parlamento non dovesse approvare un’intesa entro il 26 febbraio; BOCCIATO ❌ (290 a 322)
- I (Dame Caroline Spelman): No all’uscita dalla UE senza accordo; APPROVATO ✔️ (318 vs 310)
- N (Sir Graham Brady) secondo il deputato conservatore proponente, l’opzione di backstop va sostituita con accordi alternativi con la UE. APPROVATO ✔️ (317 vs 301).
Una buona notizia, infine
Il tempo, intanto, scorre inesorabile. Il 29 marzo il Regno Unito dovrebbe lasciare l’Unione, a meno di sorprese. Mancano 59 giorni.
Chiudiamo con una buona notizia. Tulip Siddiq, la parlamentare laburista che al voto sul “piano A” si era presentata in sedia a rotelle per l’avanzato stato di gravidanza, dopo aver posticipato la data del cesareo, ha partorito lo scorso 20 gennaio un bellissimo bambino, Raphael.
Ha potuto votare per interposta persona, per la sua felicità.