Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, è stato condannato dal tribunale di Southwark a 50 settimane di reclusione per violazione delle condizioni della libertà provvisoria.
Non si tratta, questa, della sentenza sulla procedura sull’estradizione che potrebbe trascinarsi per molti mesi fra sentenze di vario grado, ricorsi e parere finale del governo britannico.
Nell’udienza di oggi, conclusasi con una condanna considerata scontata alla vigilia, uno degli avvocati del fondatore di Wikileaks, Mark Summers, ha cercato di giustificare il suo cliente dall’accusa britannica (vecchia di 7 anni) di violazione dei termini della cauzione sottolineandone il timore ragionevole di essere estradato negli Usa e di non essere destinato a ricevere oltre oceano alcun processo equo. Ha inoltre reso nota una lettera inviata alla Corte nella quale Assange si scusa ora “senza riserve” con la Corte per non essersi presentato all’interrogatorio del 2012, seppur trovandosi a “fronteggiare circostanze terrificanti”, e se ne dichiara “pentito”. Scuse che gli sono valse comunque solo una modesta riduzione di poche settimane rispetto al massimo di pena previsto nel Regno Unito (12 mesi) per questo tipo di violazioni procedurali