Una recente sentenza della Cassazione (Cass. sent. n. 111200/2019 del 24.04.2019.) interviene sul tema. La sentenza è molto chiara e lineare: così facendo finisce per essere un vero e proprio vademecum per comprendere quando è possibile ottenere il risarcimento per la morte di un familiare da incidente stradale.
Secondo i giudici, per ottenere il risarcimento del danno da perdita parentale non basta un legame di sangue con la vittima, ma dall’altro lato non è neanche necessario che vi fosse una convivenza. Anche chi non abita con il fratello, quindi, ha diritto ad essere risarcito se quest’ultimo decede a causa di uno scontro automobilistico. Affinché ciò succeda però è necessario provare una «comunione di affetti»: bisogna cioè dimostrare come in concreto si atteggiavano i rapporti e le relazioni con il congiunto deceduto. Il ristoro sarà proporzionale alla durata e all’intensità del vissuto: importa dunque quanto è grande la famiglia e ai fini della compensazione rilevano l’età della vittima e dei congiunti oltre che le abitudini di vita. Quindi la semplice parentela anagrafica non può costituire di per sé la prova della lesione.
La Cassazione è andata oltre riconoscendo il diritto al risarcimento del danno da perdita parentale anche a chi non ha un legame di sangue con la vittima, oltre al fatto di non essere convivente (Cass. sent. n. 7128/13 del 21.03.2013.) È il caso dei fidanzati che magari hanno in serbo di sposarsi a breve. Naturalmente, per essere risarcito, il partner o il fidanzato del danneggiato deve provare non solo l’esistenza di un rapporto affettivo che lo legava alla vittima, ma anche una relazione stabile tra i due, continua nel tempo e non occasionale al momento del sinistro.
Non è necessaria quindi la coabitazione della coppia per avere i danni dall’assicurazione. Il fidanzamento, anche senza convivenza al momento dell’incidente, deve essere tuttavia finalizzato a formare una famiglia. Famiglia non necessariamente basata sul matrimonio, ma comunque indirizzata a una relazione stabile.
Se è vero che non è il semplice legame di sangue a generare automaticamente il diritto al risarcimento del danno parentale, spetterà al familiare superstite dare la prova del legame affettivo forte e stabile con la vittima.
«Stabilità» significa non occasionalità e continuità del rapporto nel tempo. Tale prova può essere data con qualsiasi mezzo: email, lettere, testimoni, ecc.
Per la Cassazione (Cass. sent. n.16018/2010.), la prova del danno morale può essere correttamente desunta dalle indubbie sofferenze patite dai parenti, sulla base dello stretto vincolo familiare, di eventuale coabitazione e, comunque, di frequentazione, che essi avevano avuto, quando ancora la vittima era in vita.