Un gruppo di ingegneri europei sta studiando come risparmiare energia e recuperare risorse preziose da impianti di lavorazione del metallo come questo. Ma come trasferiscono le loro innovazioni dal laboratorio alla fabbrica?
La zincatura a caldo è un processo complicato e faticoso: si tratta di proteggere il metallo, in genere acciaio, dalla corrosione, immergendolo in acido cloridrico e zinco fuso.
Un processo che i ricercatori europei pensano di poter rendere più ecologico, attraverso tecnologie che vengono testate in stabilimenti come quello gestito dalla ditta siciliana Tecnozinco. L’obiettivo è trovare un modo nuovo di ricondizionare e riciclare l’acido esausto, spiega il responsabile tecnico dell’azienda Alberto di Cristofalo: “Noi siamo in Sicilia. E il problema per noi è che gli impianti di trattamento delle soluzioni esauste sono posizionati nel nord dell’Italia. Quindi c’è un altissimo costo di smaltimento a causa della distanza. Inoltre, questi grandi quantitativi creano un impatto ambientale notevole, sia per i quantitativi di acido che dobbiamo acquistare sia per i quantitativi di esausto che devono essere smaltiti.”
La risposta potrebbe arrivare da un macchinario prodotto nell’ambito del progetto europeo ReWaCEM, in grado di riciclare fra i 20 e i 40 litri all’ora di acido esausto e di estrarne i residui di metallo dispersi all’interno. In questo modo, spiega lo scienziato Daniel Winter, si ottiene “Un materiale riciclato, che può essere venduto, e quindi l’esausto non deve più essere smaltito, ma viene completamente riciclato”.
Nel frattempo gli scienziati dell’Università di Parlermo stanno cercando di migliorare il sistema di trattamento dell’acido, combinando dialisi e tecnologia a membrana, che agiscono come una sorta di setaccio o filtro. “L’obiettivo di questi esperimenti – spiega la ricercatrice Alba Ruiz Aguirre – è studiare l’efficienza delle membrane nel recupero degli acidi”.
In teoria gli ioni positivi di ferro, zinco o rame nell’acido non dovrebbero poter attraversare la membrana. Ma i ricercatori hanno constatato che non è sempre così, dice la dottoressa Aguirre: “In generale hanno un ottimo recupero per quanto riguarda l’acido, ma è vero che a livello sperimentale e nella realtà i sali non vengono sempre respinti totalmente”.
L’obiettivo di ReWaCEM è di passare su scala industriale. Per farlo, bisogna prima risolvere questioni come quelle riguardanti la durata di vita delle membrane, o la necessità o meno di personale appositamente formato. Dopo di che, dice Winter, il procedimento potrà essere esteso ad altri ambiti: “L’aspetto positivo dell’approccio tecnologico è che è universale, non solo può essere usato in questo sito esattamente per queste soluzioni, ma ci sono molti processi industriali con problemi simili che possono essere risolti in questo modo. Ad esempio, nella produzione di acciaio inossidabile, nella produzione di circuiti stampati, o anche nella galvanizzazione, questo processo può essere applicato ovunque”.
Tecnozinco trasmetterà presto le sue conclusioni sul funzionamento del macchinario di ReWaCEM. Nel frattempo due pmi del progetto stanno lavorando sulla commercializzazione del sistema.