Il primo videogioco dedicato al calcio femminile della storia si chiama Mia Hamm 64 Soccer e ha fatto la sua comparsa addirittura 15 anni prima della più famosa serie di football virtuale al mondo, FIFA di EA Sports.
Non è stato infatti – come vorrebbe la vulgata – lo studio di Electronic Arts ad aver fatto comparire le prime calciatrici in un videogame con FIFA ’16 (uscito nel 2015), sulla cui copertina apparivano Christine Sinclair (Canada), Alex Morgan (USA) e Steph Catley (Aus).
Il gioco è uscito solo per il mercato americano, dove ha venduto quasi 43mila copie, non senza qualche polemica relativa alla non perfetta giocabilità del prodotto e alla motivazione esclusivamente commerciale dietro il lancio. I grandi distributori come Walmart e Blockbuster, inoltre, erano un po’ riluttanti ad esporlo sugli scaffali, come ricorda a Vice Melanie Mroz, una delle responsabili marketing del prodotto all’epoca.
Una curiosità: la squadra di sviluppatori che ha creato il videogioco era composta unicamente da uomini. Vent’anni dopo, l’industria del divertimento virtuale sconta ancora problemi di gender gap a tutti i livelli.
Perchè la EA Sports ci ha messo così tanto ad includere le donne nelle sue versioni di FIFA? In un’intervista a Forbes, Nick Channon, Senior Producer del videogioco, adduce come giustificazione la difficoltà di “mettere in scala” il corpo femminile, incluse le più voluminose capigliature, e ricreare i movimenti delle atlete.
In FIFA ’16, per stessa ammissione di Channon, i numeri erano un’opinione: una calciatrice con valore 90 non “giocava come un calciatore con valore 90”.