Una lunga attesa per scalare Uluru un’ultima volta. Oggi i turisti potranno salire sulla cima della montagna australiana – chiamata Ayers Rock dai colonizzatori britannici – prima del divieto che scatterà domani. Uno stop che mette fine a una controversia che andava avanti da decenni – la montagna è una delle principali mete turistiche dell’Australia fin dagli anni ’50 – e soddisfa le richieste gli originali abitanti dell’area, gli aborigeni Anangu, che considerano i sentieri verso la cima luoghi rituali sacri, proibiti agli estranei.
Questa mattina centinaia di turisti in coda hanno dovuto aspettare qualche ora a causa del forte vento prima di ottenere dai funzionari del parco il via libera alla scalata, che nasconde diverse insidie. Sono decine infatti i turisti morti nel tentativo di arrivare in cima.
La prima insidia è costituita dalle temperature molto elevate, che durante l’estate possono raggiungere i 47° e sono spesso sopra i 30° (oggi era di 36°). Molti di coloro che hanno tentato l’ascesa sono morti a causa della disidratazione o per malori legati al caldo.
A rendere pericolosa la scalata della montagna, alta 348 metri, si aggiungono pendenza e consistenza del terreno: il rischio di scivoloni e brutte cadute è alto, se non si sta attenti a dove mettere i piedi. L’anno scorso un turista giapponese è morto mentre cercava di scalare una delle parti più ripide della montagna.
Nel 2017 solo il 16% dei visitatori ha scalato Uluru, una percentuale che si è impennata nele ultime settimane, con aerei carichi di turisti – soprattutto giapponesi – arrivati all’aeroporto di Ayers Rock.
“Se io visito un altro paese e c’è un luogo sacro, un’area di accesso ristretto, io non entro o non ci salgo sopra, lo rispetto – ha detto Sammy Wilson, parte del popolo Anangu, nel corso di un’intervista alla radio nazionale Abc -. È lo stesso qui per la nazione Anangu. Noi diamo il benvenuto ai turisti e non ci opponiamo al turismo, ma solo a questa attività, ovvero scalare Uluru”.